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Presidente della Repubblica: la procedura della elezione

La procedura per eleggere il Presidente della Repubblica è stabilita dalla Costituzione (articoli 83, 84 e 85). La prima votazione si terrà il 24 gennaio, alle ore 15.

Presidente della Repubblica: la procedura della elezione

l Presidente della Camera Roberto Fico, il 4 gennaio 2022, ha inviato la lettera di convocazione del Parlamento in seduta comune per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica perché il mandato di Sergio Mattarella scadrà il 3 febbraio 2022.
La prima votazione si terrà il 24 gennaio, alle ore 15.
Sono trascorsi 76 anni dal 28 giugno 1946, giorno in cui Enrico De Nicola, avvocato campano, venne eletto dall’Assemblea costituente Capo provvisorio dello Stato al primo scrutinio con 396 voti su 501 votanti. Egli assunse poi, con l’entrata in vigore della Carta costituzionale il 1° gennaio 1948, il titolo di Presidente della Repubblica Italiana. Dopo De Nicola sono stati eletti undici Presidenti della Repubblica per un totale di dodici mandati e il Parlamento si accinge ora ad eleggere il tredicesimo.
La procedura per eleggere il Presidente della Repubblica è stabilita dalla Costituzione (articoli 83, 84 e 85). Trenta giorni prima che scada il termine del mandato del capo dello Stato, "il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica".
Saranno 1.008 o 1.009 i Grandi elettori riuniti in seduta comune: 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali, tre per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno, designati in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze.
L’elezione per il successore di Sergio Mattarella sarà l’ultima che vedrà protagonista un numero così ampio di Grandi elettori, visto che dalla prossima legislatura, come effetto della riforma costituzionale, ci saranno 230 deputati e 115 senatori in meno.
A questa elezione partecipano sei senatori a vita: Giorgio Napolitano, Mario Monti, Liliana Segre, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia. Successivamente i senatori a vita potranno essere solo cinque.
La procedura vedrà votare prima tutti i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. La "chiama" dei Grandi elettori sarà ripetuta due volte.
Il voto è segreto e non sono previsti "candidati".
L’art. 84 stabilisce infatti che "può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici".
La Costituzione richiede che nelle prime tre votazioni la maggioranza per l’elezione sia quella dei due terzi dei componenti dell’Assemblea. Dal quarto scrutinio il quorum si abbassa: per essere eletti basterà la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea, pari a 504 voti.
Non c’è una prassi certa sulla cadenza delle votazioni; la seduta comune è considerata un’unica seduta anche se si sviluppa in più giorni.
Lo spoglio viene eseguito dal Presidente della Camera, che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno ad alta voce. Il conto delle schede viene tenuto dai funzionari della Camera e dai componenti dell’ufficio di presidenza di Montecitorio, che si assumono il compito di scrutatori.
Perché il Presidente viene eletto al Parlamento e non dal popolo?
Attraverso i resoconti stenografici della Commissione per la Costituzione e quelli dell’Assemblea plenaria si può ripercorrere come si giunse a definire modalità di elezione, prerogative, funzioni e limiti della figura del Presidente della Repubblica.
Si erano fronteggiate sostanzialmente due proposte: l’elezione a suffragio universale (diretto o indiretto) e l’elezione da parte dell’Assemblea Nazionale (quel che oggi definiamo Parlamento in seduta comune), integrata dai presidenti delle Assemblee regionali, con eventuale aggiunta di altre figure ad allargare la base elettorale. "I sostenitori dell’elezione a suffragio universale vertevano sulla necessità di garantire al Presidente della Repubblica indipendenza e serenità, che sarebbero state minate se, invece, esso fosse stato un’emanazione diretta dell’Assemblea politica. A ciò si obiettava che, pur essendo opportuno che il Capo dello Stato fosse indipendente dagli altri poteri, era pericoloso dargli un’investitura diretta, che potesse comportare una contrapposizione con le Assemblee legislative, vere depositarie della volontà popolare".
Dopo articolato dibattito fu posta in votazione la proposta dell’elezione a suffragio diretto, che venne respinta. Venne invece approvatala la proposta dell’integrazione del collegio con i rappresentanti regionali, e si evidenziò la necessità, come fondamento dell’autorità morale e politica della figura presidenziale, che era opportuno che egli godesse del favore non solo dei partiti di maggioranza ma anche, il più possibile, di quelli di minoranza. In ogni caso, per i Padri Costituenti, la funzione presidenziale non poteva prescindere dal grande prestigio che doveva circondare il Capo dello Stato.
Antonio Lazzàro
già Presidente del
Tribunale di Pordenone

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