Commento al Vangelo
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Domenica 8 settembre, commento di don Renato De Zan

Subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua

Domenica 8 settembre, commento di don Renato De Zan

Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, 31 uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

Il Testo

 

1. Il ciclo letterario di Mc 6,30-8,26 prepara la confessione messianica di Pietro in Mc 8,27-30. Il lettore viene accompagnato dall’evangelista attraverso miracoli e discussione che facilitano l’accoglienza e la comprensione dell’atto di fede di Pietro nella dignità messianica di Gesù. La formula odierna, Mc 7,31-37, è parte del ciclo letterario ed è anche l’unico testo che la Liturgia fa leggere prima della formula della

confessione messianica di Pietro che verrà proclamata domenica prossima. Alla pericope originale la Liturgia ha aggiunto solo “In quel tempo, Gesù,…”, evidenziando il protagonista primo, e togliendo l’espressione “Di nuovo” che legava geograficamente l’episodio del sordomuto a quello della guarigione della figlia della sirofenicia (Mc 7,24-30)

 

2. La formula del vangelo è di facile struttura. In Mc 7,31 leggiamo una introduzione “geografica”: Tiro e Sidone sono due città fenice sulla sponda del Mediterraneo, la Galilea e il suo mare (=lago) si colloca al nord della terra d’Israele, la Decapoli è la zona transgiordanica a sud-est della Galilea. In Mc 7,32-35 viene narrato il miracolo della guarigione del sordo-muto, mentre in Mc 7, 36-37 leggiamo la conclusione in cui Gesù comanda il silenzio e la folla, disobbedendo, proclama il miracolo citando il tema presente in Gen 1,1-2,4a.

 

L’Esegesi

 

1. Diversi studiosi sostengono che Mc 7,31-37 potrebbe essere un testo preesistente la stesura del Vangelo di Marco (che scrive per una comunità di lingua greco-latina, la comunità di Roma). Ne è testimone la parola aramaica (effathà) e la sottile polemica soggiacente alla parola “segreta” (sempre, effathà). Nella “magia” ellenistica non va mai svelata la parola segreta di guarigione. In Marco invece, non c’è assolutamente questo riserbo. Nel cristianesimo non c’è niente di segreto.

 

2. L’itinerario del viaggio di Gesù (Tiro, Sidone, Galilea, Decapoli) è strano. Indica i vari luoghi, non in ordine, toccati da Gesù fuori dalla terra d’Israele, ma non indica esattamente dove avvenne il miracolo. Sembra che l’intenzione dell’evangelista sia quella di richiamare alla lontana la profezia messianica di Is 8,23-9,1: “In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. La Galilea veniva definita come terra delle genti, cioè dei pagani. Lì sarebbe rifulsa la luce del Messia.

 

3. Anche il miracolo della guarigione del sordo-muto era stato profetizzato come gesto messianico da Isaia. In Is 35,5-6 il profeta annunciava i segni dei tempi messianici: “Allora si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi ai sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”. Il miracolo della guarigione del sordomuto della Decàpoli, dunque, non è solo un atto straordinario di guarigione, ma è molto di più. È un segno della messianicità di Gesù. Il miracolo, inoltre, manifesta la capacità di Gesù di dare la salvezza all’uomo, restituendo la persona al suo stadio originale. Infine, il miracolo di Gesù manifesta la presenza di Dio nella storia e la sua volontà di guidare la storia secondo la sua volontà, pur nel rispetto della libertà umana.

 

4. Gesù vuole che la sua messianicità venga colta secondo la logica della Parola di Dio e non secondo gli interessi politici del momento: regalità salvifica che dona la vita e la remissione dei peccati, aprendo l’uomo alla vita eterna. Questo, insieme a tanto altro, spiega l’ordine del silenzio dato da Gesù. La folla disobbediente commenta: “Ha fatto bene ogni cosa”. Questa reazione della gente lega il miracolo di Gesù alla creazione, il cui racconto contiene un frequente commento: “E Dio vide che ciò era buono” (Gen 1,4.12.18.21.25.31). Il gesto di Gesù porta il sordomuto guarito dentro alla nuova creazione. L'uomo non è più chiuso (sordo-muto), ma è “aperto” (ascolta e parla). Parola e ascolto indicano reciprocità: indicano dono e accoglienza.

 

Il Contesto teologico

 

1. La prima lettura (Is 35,4-7a) riporta la profezia dei miracoli che il Messia compirà. Il Salmo responsoriale (Sal 146,6c7.8-9a.9b-10) riprende le stesse tematiche della prima lettura. Le due Collette, quella generale e quella propria, sono molto generiche. Quella propria non centra il tema delle letture: manifestare Gesù come Messia (che verrà confessato come tale da Pietro nel brano evangelico di domenica prossima).

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