Domenica 5 maggio, commento di don Renato De Zan
Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri
05.05.2024. 6° di Pasqua
Gv 15,9-17
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 9 Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11 Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. 12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.
Il Testo
1. Il testo di Gv 15,9-17 è una pericope composta da due brani distinti. Il primo è Gv 15,9-11: si tratta della parte finale della pericope della vite e i tralci (Gv 15,1-11). Il secondo brano, Gv 15,12-17, è ben delimitato dall’inclusione “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri….” // “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”. Il testo composito di Gv 15,9-17 viene trasformato dalla Liturgia in una formula evangelica unitaria alla quale antepone un incipit che presenta il locutore (Gesù) e i destinatari (i discepoli): “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:”.
2. Il testo della formula evangelica si manifesta suddiviso in tre parti e forma una specie di struttura concentrica. Nella prima parte (/a/), Gv 15,9-10, il testo è caratterizzato da due paragoni (“come”: v. 9. 10). Il breve brano è dominato dal tema dell’amore (Padre-Gesù; Gesù-discepoli) e dall’osservanza dei comandamenti di Gesù. La terza parte (/a’/), Gv 15,12-17, è caratterizzata dall’inclusione già vista (“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri….” // “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”) e ricompare il tema dell’amore con il criterio del modello: “come io ho amato voi” (v. 12). Inoltre in questa terza parte compare il tema della scelta: “Voi siete miei amici” (v. 14) / “Io ho scelto voi” (v. 16). Al centro dell’inclusione, Gv 15,15, si trova l’obiettivo dell’amore e della scelta dell’amicizia: “Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”. Tra la prima (Gv 15,9-10) e la terza parte (Gv 15,12-17), si trova il cuore (/b/) della formula (non della pericope!): “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).
L’Esegesi
1. Tutti abbiamo l’esperienza dell’amore. Per questo motivo pensiamo di essere informati in materia. Per andare oltre questa presunzione è bene ricordare due cose. La prima è che il verbo adoperato per esprimere il tema dell’amore è il verbo “agapào” che indica l’amore che dona senza aspettarsi niente in contraccambio. “Agapào”, inoltre, esprime l’amore che Dio ha per sé (Padre, Figlio e Spirito) e per il credente. Costui, per mezzo dello Spirito, lo traduce e lo dissemina tra chi gli sta attorno. Diversamente, l’evangelista - per esprimere il pensiero di Gesù - poteva adoperare il verbo “fileo” (amore con reciprocità). Non lo ha fatto perché Gesù intendeva proprio chiedere l’amore donativo. Non avrebbe, altrimenti, potuto chiedere di amare anche i nemici (“Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”: Mt 5,44 // Lc 6,27.35)
2. Gesù pone se stesso come modello di questo amore donativo (v.12): “Come io ho amato voi”. Perché Dio deve essere il modello dell’amore? Perché “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” e Gesù sta per dare la sua vita per gli uomini. Il Padre stesso ha amato per primo e in modo gratuito (cf 1Gv 4,19), offrendo agli uomini il proprio Figlio in sacrificio di salvezza (cf Gv 3,16) mentre essi erano ancora peccatori e, quindi, nemici di Dio (cf Rm 5,6-8).
3. Gesù esprime un comando: “Rimanete nel mio amore”. Poi, spiega come rimanere nel suo amore: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore”. Due sono fondamentalmente i comandamenti di Gesù, da comprendersi come due facce di una sola medaglia: “Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato” (1Gv 3,23). I comandamenti di Gesù, dunque, sono due: credere e amare. Per il presbitero Giovanni sono un comandamento solo. Poiché credere significa compiere un progressivo cammino di imitazione di Cristo e amare significa amare come lui, i due comandamenti confluiscono in unità.
Il Contesto Liturgico
1. Nel testo eclogadico della prima lettura (At 8,5-8.14-17), Pietro e Giovanni donano lo Spirito (confermazione) a coloro che erano stati solo battezzati nel nome di Gesù (vv. 15-17). Solo attraverso lo Spirito, il credente può amare come Gesù (“L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”: Rm 5,5). Nella seconda lettura (1Pt 3,15-18), l’autore della lettera di Pietro esorta i credenti ad essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (v. 15). Mentre la Colletta generale è legata al tema della gioia per la risurrezione di Gesù, nella Colletta particolare si ritrova il tema del dono dello Spirito, del ricordo delle parole di Gesù e della capacità di giustificare la propria fede.
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