Commento al Vangelo
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Domenica 4 agosto, commento di don Renato De Zan

Il pane di Dio è colui che discende dal cielo

Parole chiave: Eucarestia (4), Vangelo (131)
Domenica 4 agosto, commento di don Renato De Zan

04.08.2024. 18° domenica del T.O. - B

 

Gv 6,24-35

In quel tempo, 24 Quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25 Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». 26 Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28 Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29 Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». 30 Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

 

 

Il Testo

 

1. Dopo il testo che narra il miracolo della moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci, il Lezionario tralascia Gv 6,16-23 (Gesù cammina sul lago; le folle incontrano Gesù) e propone come formula evangelica odierna il testo di Gv 6,24-35. La formula liturgica, dunque, riporta l’inizio del dialogo avvenuto tra Gesù e i Giudei, nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6,22-66). La Liturgia ha leggermente ritoccato l’incipit. Quello originale dice: “Quando dunque la folla vide che Gesù…”. La Liturgia ha così modificato: “In quel tempo, quando la folla vide che Gesù…”. Si tratta di una piccola operazione con la quale la formula viene staccata dall’episodio precedente (anche se nella formula vi si fa cenno al v. 26).

 

2. Il testo della formula evangelica è ritmato da quattro interventi della folla. Si tratta di tre domande (vv. 25.28.30) e di una supplica (v. 34). Le risposte di Gesù svelano progressivamente il mistero della sua persona come pane disceso dal cielo: :“Procuratevi il cibo che non perisce” (Gv 6,24-27). “Credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6,28-29). “Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (Gv 6,30-33). “Io sono il pane della vita” (Gv 6,34-35). Contemporaneamente il Maestro propone una fede sempre più matura. La folla non deve cercare Gesù per sfamarsi, ma deve saper cogliere il valore del segno, deve imparare a credere in Gesù come il mandato da Dio. Egli è il pane del cielo di cui l’uomo ha bisogno.

 

L’Esegesi

 

1. Dalle risposte di Gesù alle prime due domande, si capisce quanto le prime due domande nascano sotto il segno dell’equivoco. La folla segue Gesù perché si è saziata e non perché ha capito, attraverso il segno, il valore della persona di Gesù, datore di vita. La prima risposta di Gesù riguarda il valore di ciò che la folla ha visto e di cui si è cibata: il cibo storico contiene in sé il messaggio del dono della vita eterna. Per procurarsi tale vita, che solo Gesù possiede, ogni uomo deve accostarsi a Lui, accogliendolo come “colui che è disceso dal cielo”. Per fare questo, l’unica “opera” che l’uomo possa fare è “credere”. Credere è opera di Dio, perché dono suo, che l’uomo accoglie, custodisce, matura con Dio e in Dio attraverso l’azione più profonda, libera e personale che l’uomo stesso possa compiere: scegliere di imitare Gesù Cristo.

 

2. Gli altri due interventi della folla hanno una logica più seria dei due precedenti. La richiesta del segno (Mosè, per essere riconosciuto capo, ha dato il segno della manna) offre a Gesù la possibilità di far riflettere sul Sal 78,24. Leggendo in modo non appropriato il testo ebraico del Salmo, i contemporanei di Gesù pensavano che fosse stato Mosè a dare la manna. Un’attenta analisi filologica fa dire al Salmo esattamente ciò che dice Gesù: Dio e non Mosè è il donatore. La variante del tempo del verbo (ha dato // dà), poi, non ha nessuna difficoltà perché la forma verbale ebraica (un “qatàl”) ha tutti e due i valori. Quel gesto di bontà che Dio ha manifestato nel dono della manna oggi lo ripresenta attraverso il dono del Figlio agli uomini. In questo Figlio, Dio dona la sapienza e la vita eterna.

 

3. L’espressione conclusiva del Maestro (“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”) contiene alcune cose che meritano essere chiarite. La prima riguarda l’interpretazione del Salmo appena presentata: il pane disceso dal cielo è Gesù stesso. La seconda interessa il significato della parola “vita”: si tratta di una parola che in bocca a Gesù significa sempre la “vita eterna”. La terza interessa l’espressione “chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”. Gesù si rifà a un testo del Siracide, ma rovesciando il contenuto (Sir 24,21 “Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete”). La sapienza dell’uomo ha bisogno di essere continuamente visitata per ricavarne giovamento. La Sapienza che viene da Dio, la stessa persona di Gesù (cf 1Cor 1,24: “Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio”) riempie e soddisfa il mondo interiore dell’uomo per sempre.

 

Il Contesto Liturgico

 

Nella prima lettura (Es 16,2-4.12-15), di fronte alla manna, gli Ebrei si interrogano: “Che cos’è?” (“ Man hu?”). Dalla domanda (in ebraico) nasce il nome “manna”. La manna è la risposta di Dio alla fame disperata degli Ebrei nel deserto ed è anche un rimprovero alla loro poca fede in Dio che li aveva appena sottratti alla mano del faraone, mentre attraversavano il Mar Rosso. La manna è definita da Mosé “il pane che il Signore vi ha dato in cibo”. Oggi il Signore dà in cibo la persona di Gesù.

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