Domenica 29 novembre, prima di Avvento, commento di don Renato De Zan
E' la prima domenica di Avvento: Marco ci ricorda "Vegliate, perché non sapete quando è il momento... voi non sapete quando il padrone di casa tornerà"
Mc 13,33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33 Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!".
Con il pomeriggio di sabato 28 Novembre 2020 inizia l’Avvento, che costituisce la prima parte dell’anno liturgico. L’Avvento proseguirà per un periodo di quattro domeniche fino al pomeriggio del 24 Dicembre, quando inizia il tempo di Natale. La Liturgia Ispanica instaurò l’Avvento nel sec IV come preparazione al Battesimo (che avveniva in Epifania). Nella Liturgia Romana, invece, l’Avvento venne instaurato nel sec. VII. Inizialmente, secondo il "Sacramentarium Gelasianum Vetus", comprendeva cinque domeniche. Successivamente prevalsero le quattro domeniche, secondo il "Sacramentarium Gregorianum" (messale del papa e dei vescovi). Teologicamente l’Avvento è riassunto dall’embolismo del prefazio della prima domenica: "Al suo primo avvento nell’umiltà della condizione umana egli portò a compimento la promessa antica e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Quando verrà di nuovo nello splendore della gloria, ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa" (testo della nuova traduzione). L’Avvento è, dunque, sia attesa e preparazione alla sua seconda venuta (la Parusia alla fine del tempo) sia memoria della sua prima venuta (l’Incarnazione).
Nella prima domenica il tema dominante è l’attesa della Parusia. Nel vangelo (Mc 13,33-37) Gesù ripete più volte il verbo "gregoréo", vegliare (v. 34.35.37), affinché i discepoli non si trovino addormentati come le vergini stolte o Pietro, al Getsemani. La prima lettura (Is 63,16b-17.19b; 64,1-2) traduce il "vegliare" evangelico nella pratica della giustizia e nella memoria di quanto Dio ha fatto per l’uomo. La seconda lettura (1Cor 1,3-9) traduce il "vegliare" evangelico in un altro modo: praticare i carismi ricevuti. Vegliare, dunque, non è un atto dominato dalla paura, ma un atteggiamento operante in attesa dell’incontro con Gesù che è "nostro redentore" (Is 63,16). Così si esprime la Colletta generale, sintetizzando la teologia biblica: "O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene…". In questa attesa e in questa "veglia" operosa il cristiano non è solo: "O Dio, nostro Padre, nella tua fedeltà che mai vien meno ricordati di noi, opera delle tue ani, e donaci l’aiuto della tua grazia, perché attendiamo vigilanti con amore irreprensibile la gloriosa venuta del nostro redentore, Gesù cristo, tuo Figlio" (Colletta propria).
2. Dimensione letteraria
a. Il testo evangelico di Mc 13,33-37 costituisce l’ultima parte del discorso escatologico di Mc 13,7-37. Il testo è suddiviso in due parti dall’espressione "non sapete quando" (vv. 33.35). Nella prima parte (Mc 13,33-34) c’è l’invito pressante espresso con la coppia dei verbi "blepo" (= guardare; stare attenti) e "agrypneo" (= vegliare). In Marco questa costruzione ("blepo" + un secondo verbo) esprime un’azione per la salvaguardia di se stessi (cf. Mc 4,24; 8,15). L’immagine è di facile comprensione: quando il padrone va via, i servi devono vegliare fino al suo ritorno. La seconda parte (Mc 13,35-37) è inclusa dall’imperativo "vegliate" ("gregorèite": inizio del v. 35, conclusione del v. 37). All’interno c’è una scansione temporale (sera, mezzanotte, canto del gallo, mattino) per indicare i momenti in cui il padrone può tornare. Sono ore che evocano altrettante situazioni vissute da Gesù nella sua passione (tradimento di Giuda, alla sera: Mc 14,17; processo e condanna del Sinedrio, nel cuore della notte: Mc 14,64; rinnegamento di Pietro, al canto del gallo: Mc 14,72; consegna a Pilato, al mattino: Mc 15,1). Il discepolo è chiamato alla fede e alla fortezza perché durante la sua vita può essere provato, come il Maestro, dal tradimento, dall’ingiustizia e dall’abbandono. Nonostante questo, l’invito a vegliare resta inalterato. In Mc 14,38 l’evangelista esplicita meglio questo invito pressante di Gesù: "Vegliate ("gregoréite") e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole". Il vegliare è legato alla preghiera per mantenere salda e viva la fede (si ricordi che nella mentalità semitica la "tentazione" non è anticamera del peccato, ma della perdita di fede). Paolo, che aveva capito benissimo il messaggio di Gesù, scrive ai Corinzi: "Vigilate ("gregoréite"), state saldi nella fede, comportatevi in modo virile, siate forti. Tutto si faccia tra voi nella carità" (1Cor 16,13-14).
3. Riflessione biblico liturgica
a. Con questa prima domenica l’Avvento mostra il suo vero volto. Si tratta di un tempo impegnato e austero, in perfetto contrasto con il clima dispersivo che spesso investe ampie zone del tessuto sociale, come se il Natale fosse solo regali, cenoni, pranzi, veglioni e luccichii vari. Il Covid ha insegnato poco e niente, e c’è il pericolo che il cristianesimo si accodi.
b. Il credente, in attesa del "momento preciso" dell’incontro con Gesù, non può essere addormentato come i servi (v. 36) o come le vergini stolte all’arrivo dello sposo (Mt 25,1-13) o Pietro al Getsemani (Mc 14,40).
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