Domenica 16 giugno, commento di don Renato De Zan
Il Regno di Dio è come un granello di senape
Mc 4,26-34
In quel tempo, Gesù 26 diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29 e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». 30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». 33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Il Testo
1. Il discorso parabolico di Marco (Mc 4,1-34) è in piccola parte dedicato alla folla (parabola del buon seminatore: Mc 4,1-9). Per il resto è dedicato ai Dodici (Mc 4,10.13.21.26.30). Il brano evangelico odierno (Mc 4,26-34) costituisce la parte finale del discorso ed è, quindi, dedicato ai Dodici. La Liturgia, costruendo l’incipit, ha reso anche questa parte come una parte del discorso dedicato alla folla. Il testo originale della pericope dice semplicemente: “Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme…»”. La Liturgia, invece, scrive: “In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio….»”. La formula evangelica del Lezionario non è più indirizzata ai Dodici, ma alla folla. L’insegnamento vale, dunque, per tutti.
2. La struttura della formula evangelica è fondamentalmente composta da tre piccoli segmenti letterari. Il primo segmento (Mc 4,26-29) è costituito da un primo paragone (vedere al v. 26 la particella “come”) dove il Regno è associato alla crescita del seme. Nel secondo (Mc 4,30-32), invece, c’è un secondo paragone (vedere al v. 31 la particella “come”) che presenta il Regno associato al piccolo granello di senape. Infine, si trova una conclusione (Mc 4,33-34) dove il narratore fa una considerazione interessante sullo stile pedagogico di Gesù: alla folla parlava per immagini (e ciò spiega l’incipit creato dalla Liturgia), mentre ai discepoli offriva spiegazioni più impegnative. Il verbo greco “epilùo” è usato pochissimo nel N.T. (solo in Mc 4,34 e At 19,39) e indica la spiegazione di qualche cosa di non immediatamente chiaro. Si veda, per esempio, 2 Pt 1,20: “Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione (in greco: idìas epilùseos).
L’Esegesi
1. Il Regno di Dio è la persona di Gesù. Il Maestro così risponde ai farisei: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17,20-21). Se il Regno di Dio è già in mezzo a noi, perché Gesù nella preghiera del “Padre nostro” ci insegna a chiedere: “Venga il tuo Regno”? Poiché il Regno di Dio è la “signoria di Dio”, in Gesù tale signoria è totale, mentre in noi non ancora. Il nostro essere discepoli ci pone in cammino verso l’identificazione con il Maestro. Lo saremo pienamente, quando il Padre ci donerà la risurrezione. Il Regno, dunque, c’è già in divenire, ma per ogni credente si completerà nell’ultimo giorno.
2. Il paragone del seme che cresce da solo (Mc 4,26-29) va compreso alla luce della parabola del buon seminatore: quel grano seminato è la Parola. Dalla Parola ascoltata nasce la fede (Rm 10,17) e dalla fede e dalla Parola scaturisce l’imitazione del Maestro. Da questa imitazione del Maestro cresce il Regno e si avvia al suo compimento. Lungo la storia, però, il Regno patisce violenza (Mt 11,12) perché il Male pone ostacoli alla Parola e al suo diffondersi. La Parola, infatti, e la grazia sono le realtà che incarnano il Regno nell’uomo. Accogliere la Parola equivale ad accogliere il Regno che, in questo modo, incomincia la sua marcia nella storia in modo discreto. È piccolo, ma diventa progressivamente grande (secondo paragone: Mc 4,30-32).
3. I due paragoni - il seme che una volta posto a terra cresce da solo e il seme di senapa, piccolissimo ai suoi esordi e albero nella sua maturità - mostrano l’opera misteriosa di Dio. Dio si serve sempre di ciò che è piccolo per iniziare la sua opera di salvezza, che prosegue misteriosamente: prima sceglie un pastore (Abramo), poi un piccolo popolo (Israele), poi una giovane donna (Maria). Gesù continua lo stile di Dio: sceglie dodici persone “qualunque” e fonda la Chiesa, poi sceglie la Parola per salvare il mondo. Si tratta, però, di una logica operativa vincente. Dimenticarlo significa non capire il cristianesimo e, quindi, nemmeno il Regno.
4. Il metodo pedagogico di Gesù custodisce due principi. Il primo riguarda la semplicità: la fede si può spiegare in modo lineare Come fa Gesù adoperando le parabole. Da questo punto di partenza nascono poi gli approfondimenti e le articolate elaborazioni teologiche. Il secondo principio riguarda la ripetitività variegata. Gesù più volte ritornerà sul tema del Regno (solo tre esempi): è meglio restare senza un occhio, ma poter entrare nel Regno (Mc 9,47); il Regno va accolto come lo accoglie un bambino (Mc 10,14.15); amare Dio, il prossimo e se stessi significa non essere lontani dal Regno (Mc 12,34). Con i discepoli le riflessioni di Gesù erano molto più elaborate. È sufficiente leggere in Giovanni il discorso di Gesù ai discepoli nell’ultima cena (Gv 13, 31-17,26).
Il Contesto Liturgico
La prima lettura (Ez 17,22-24) illustra l’onnipotenza di Dio attraverso l’immagine del ramoscello che diventa albero grande. Il Salmo responsoriale suggerisce che l’albero di Ezechiele è immagine del credente. Il vangelo, invece, paragona i due semi al Regno. La Colletta propria, prende dal vangelo l’immagine del seme che il credente accoglie e coltiva con pazienza per portare frutti di giustizia.
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