Domenica 14 febbraio: commento di don Renato De Zan
I rabbini del tempo di Gesù consideravano il lebbroso un "morto che respirava". Per questo motivo il lebbroso che avvicinò Gesù disse: "Se vuoi, puoi purificarmi
Mc 1,40-45
In quel tempo, venne da Gesù 40 un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Tematica liturgica
La prima lettura del Lezionario (Lv 13,1-2.45-46), pur essendo un testo eclogadico (=composto con versetti scelti), presenta chiaramente l’identità del lebbroso nel mondo biblico. Il lebbroso, dichiarato tale dai sacerdoti, doveva essere chiaramente riconoscibile: doveva avere le vesti strappate, il capo coperto, la bocca velata fin sotto il naso, doveva stare solo e fuori dall’accampamento. Ciò significava che era privato della vita sociale e anche da quella cultica. Era ovviamente considerato un peccatore, castigato da Dio. Quando si avvicinava a qualcuno doveva gridare: "Impuro!" (= pieno di morte). I rabbini del tempo di Gesù consideravano il lebbroso un "morto che respirava". Per questo motivo il lebbroso che avvicinò Gesù disse: "Se vuoi, puoi purificarmi" (= togliermi la morte che ho addosso e ridarmi la vita). Il testo evangelico è commovente (Mc 1,40-45) In tre versetti viene narrato l’incontro tra il lebbroso e Gesù, la supplica del malato, la compassione di Gesù, il contatto fisico del taumaturgo con il malato ("lo toccò") e la guarigione immediata ("subito" la lebbra scomparve!).
Gesù compie un miracolo? Molto di più. Oltre alla guarigione dalla malattia, Gesù donò la "risocializzazione". Il guarito poté tornare insieme agli altri e poté partecipare al culto. La guarigione, inoltre, indicò che i suoi peccati furono perdonati. Se spostiamo l’attenzione dal lebbroso guarito a Gesù, restiamo sopresi. Un "impuro", se toccato, rendeva impuro l’altro. Solo Dio, a contatto con l’impuro, non diventava (e non diventa) impuro, ma all’opposto Dio, che è la vita, rendeva ( e rende) "puro" colui che è impuro. Gesù, dice il testo evangelico "lo toccò". Gesù non diventò impuro, ma il lebbroso guarì. Il miracolo è, dunque, anche una teofania, una manifestazione della natura divina di Gesù. Infine, il miracolo è un "segno" di risurrezione, un "segno" della capacità che Gesù aveva ed ha di ridare la vita, di far risorgere. Non a caso Gesù disse a Marta: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno" (Gv 11,25-26). Marco, in modo sobrio e asciutto, dice che Gesù è colui che dona la vera vita all’uomo, sottraendolo dal potere della morte.
Dimensione letteraria
Il brano di Mc 1,40-45 è stato custodito dalla trazione e Marco lo trascrive così come lo ha ricevuto, inserendovi dei piccoli ritocchi come la compassione (Mc 1,42) e l’ordine di tacere (Mc 1,44a). Si tratta di elementi che a livello esegetico contrastano con il comando di Gesù di dirlo ai sacerdoti e con il gesto duro con cui Gesù allontana il guarito. C’è, inoltre, nei manoscritti una variante. In alcuni si dice che Gesù ebbe compassione (splanchnisthèis = commosso fino alle viscere) verso il lebbroso, mentre altri scrivono che ebbe un sentimento d’irritazione (orghisthèis = irritato) nei confronti della legge ebraica che trasforma un bisognoso di misericordia in uno "scomunicato".
Il testo evangelico originale incomincia così: "Venne da lui un lebbroso". Questo inizio così immediato mostra l’intenzione dell’evangelista: egli vuole illustrare quanto detto in Mc 1,39: "E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni" (si ricordi che per la mentalità medio-orientale antica ogni malattia è presieduta da un demonio). La Liturgia, taglia tale incipit e ne inserisce uno nuovo: "In quel tempo, venne da Gesù". Questo intervento della Liturgia toglie qualunque aggancio con Mc 1,39. Nel testo si possono riscontrare degli elementi che suggeriscono la suddivisione in due parti: la guarigione del lebbroso (Mac 1,40-44) e la proclamazione del fatto (Mc 1,45).
Riflessione biblico-liturgica
a. Gesù andò contro la Legge, si avvicinò al lebbroso e lo guarì. Per l’evangelista la salvezza portata dal Maestro raggiunge tutti, sia coloro che sono sotto la legge sia coloro che in forza della stessa legge mosaica sono fuori d’Israele. Ciò che fece Gesù si può comprendere anche come gesto di compassione simile ai molti compiuti da Yhwh per il suo popolo sofferente (cf Dt 32,36; 2 Re 13,23; Is 63,9).
b. Il miracolato incominciò a "proclamare e a divulgare il fatto", sebbene Gesù gli avesse ordinato di tacere. L’uomo guarito pregusta nella storia (nella finitudine) un frammento di eternità (realtà senza finitudine). Il lebbroso, dunque, diventa profeta non del "miracolo", ma del "segno" di eternità che si è incarnato in lui per mezzo del Maestro di Nazaret. Nel fine della petizione della Colletta, la comunità celebrante chiede di poter compiere un gesto simile a quello del lebbroso: "narrare ai fratelli la tua misericordia".
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