Giovani, incombe la minaccia verso la condizione di neet: né studio né lavoro
Ne hanno parlato i professori Rosina e Bignardi nell’ambito del mese dell’educazione organizzato dal Marconi
Nel contesto degli incontri del Mese dell’Educazione sono intervenuti sul tema del rapporto tra giovani e pandemia il prof. Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, su "Giovani e pandemia: quale futuro?" e la prof. Paola Bignardi, pure coordinatore della stessa Istituzione, su "Giovani, Covid e senso della vita".
Il primo relatore ha preso avvio da una constatazione molto allarmante: per la prima volta nella storia, i nostri giovani sono numericamente inferiori agli anziani. Tuttavia, nonostante la denatalità molto accentuata, a questi nostri giovani sono offerte scarse opportunità di lavoro, per cui sono spesso costretti a cercarlo altrove, in altri Paesi. Per alcuni di loro è sempre incombente la minaccia di uno scivolamento verso la condizione marginale di neet: né studio né lavoro. Un fenomeno diffuso peraltro anche in tutto il territorio europeo, ma con valori più allarmanti nella nostra Penisola. Si tratta di una fragilità in continuo peggioramento, particolarmente in termini di adeguati percorsi formativi e professionali. I dati del rapporto sui nostri giovani rivelano come dal loro sguardo sul futuro emerga la preoccupazione di non trovare un lavoro adeguato con il rischio di non poter formare una famiglia.
Questi giovani perdono progressivamente i sogni e il desiderio di imparare. E’ evidente che qualche cosa non sta funzionando, che mancano sistemi di riferimento che li aiuti a individuare il loro posto nel mondo.
Ci sono giovani bene orientati, inseriti in un circuito virtuoso per cui vanno bene a scuola ed entrano successivamente in un progetto attivo e stimolante.
Quando non riescono ad essere positivi e protagonisti cadono in difficoltà: una condizione che diventa anche più grave nel futuro.
Quale impatto assume la pandemia in questo quadro dai contorni allarmanti?
Nonostante il grande sforzo della didattica a distanza, c’è il rischio di un impoverimento educativo, di una difficoltà di incontro con la tecnologia e la nuova visione del futuro. La pandemia sta aggravando le diseguaglianze. Spesso si determinano nei giovani stati di confusione e di depressione con difficoltà a capire la nuova realtà in vista di un protagonismo futuro. E tuttavia essi custodiscono anche un grande desiderio di guardare oltre i limiti della contingenza presente, di ritrovare la possibilità di mettersi a confronto con i coetanei traendone gli stimoli migliori. Questi giovani possono diventare i protagonisti del futuro se la società cessa di essere giudicante e li riconosce con le loro specificità. E’ necessario guadagnare la loro attenzione, toccare le loro corde più profonde per costruire insieme lo spartito della loro vita.
La prof. Paola Bignardi, attingendo ai materiali raccolti dall’Osservatorio, ritiene che a volte l’impatto del Covid sulle giovani generazioni abbia creato una frattura con le generazioni precedenti. L’isolamento imposto dalla pandemia è un’esperienza destabilizzante che qualcuno ha definito disumanizzante. Non tutti hanno vissuto la pandemia allo stesso modo: si registrano esperienze di limite e di sofferenza mai vissute prima, per cui molti giovani sentono il bisogno di rivedere le loro priorità come pure il senso e il valore della vita che è sempre un dono e non può essere sprecata.
In ogni caso i giovani affermano che il senso della vita è racchiuso nelle relazioni: è necessario uscire da se stessi per incontrare l’altro.
E comunque niente sarà più come prima.
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