Pordenonelegge: la medicina narrativa
L'appuntamento oggi alle 15 in Auditorium della Regione, per capire come rendere comprensibile il linguaggio medico
"La lingua medica è distante. Ho bisogno di tradurre quello che accade al mio corpo in parole che identifichino i miei timori oltre le mie lesioni. La lingua della scienza non coincide con l’esperienza del mio corpo", scrive Francesca Mannocchi, in "Bianco è il colore del danno", in cui racconta la sua vicenda di essere umano che scopre di avere una patologia cronica con cui convivere e su cui reimpostare la sua vita. Quando andiamo da un medico, ci sediamo davanti a lui con tutto il nostro corpo, tutta la nostra storia. "Non ho paura della mia disabilità, ho paura che mio figlio abbia una madre disabile", ammette Francesca. E quindi, in un momento in cui la nostra totalità si sente compromessa o minacciata, non abbiamo bisogno solo di farmaci e di terapie, di una scienza che si ferma al pezzo da aggiustare, che ci riduce a un oggetto da indagare dall’alto, a una serie di termini scientifici e incomprensibili. Ci serve una cura che ci riporti al centro e continui a considerarci esseri umani,con la nostra dignità. Seguendo la lezione di Rita Charon, medico internista e studiosa di letteratura, artefice del Programma di medicina narrativa alla Columbia University, la medicina narrativa elabora un approccio che introduce la narrazione nel processo terapeutico, convinta che il racconto del paziente, unito a quello dei medici e degli operatori coinvolti, abbia una funzione pari a quella dei farmaci e di tutti gli altri interventi necessari. Avere competenza narrativa significa saper ascoltare, comprendere e rispondere
alle storie di malattia, riconoscerne l’autore come persona e costruire una cura, ritagliata su quella persona, integrata con le evidenze scientifiche del caso. Tutti questi concetti, insieme alle metodologie e alle pratiche che costituiscono l’ossatura della medicina narrativa come strumento terapeutico, sono illustrati e spiegati da un insieme di voci, raccolte, per la prima volta, in questo Dizionario, curato dal professor Massimiliano Marinelli, e coadiuvato dai maggiori esperti del settore. È un grande onore, per Pordenone, luogo che si distingue per esperienze che, in questo senso, hanno un grande valore, poter presentare un’opera di tale rilevanza, e sottolineare, così, la sensibilità del nostro territorio a tematiche tanto delicate. Da anni, l’Azienda Sanitaria
Friuli Occidentale, promotrice dell’evento, costruisce relazioni e percorsi con le associazioni di volontariato a supporto dei pazienti e delle loro famiglie, e, insieme al Cro di Aviano, Centro di riferimento oncologico, dedica un grande impegno per la formazione degli operatori alla relazione e alla narrazione. Allo stesso Cro, 25 anni fa, la biblioteca scientifica destinata allo staff, nata con l’Istituto nel 1984, apriva ai pazienti e diventava servizio di informazione per loro e i propri familiari, promozione della lettura, della scrittura e di attività volte al rafforzamento della partecipazione attiva dei pazienti stessi al proprio percorso di cura. Prima in Italia, la biblioteca è ancor oggi un modello a livello nazionale. E infine, ma non per importanza, esiste a Pordenone, un laboratorio permanente di scrittura tra i ragazzi degli istituti superiori e delle scuole in ospedale, frutto della collaborazione tra l’Istituto Flora e l’Area giovani del Cro, che si concretizza nell’incontro con l’autore, proprio qui, in ogni edizione del festival: in quest’ultima, ospite dell’evento, Marco Balzano, con il suo "Cosa c’entra la felicità".
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Alessandra Merighi modererà l’incontro di venerdì 15 settembre alle 15 nell’Auditorium della Regione con con Massimiliano Marinelli e Alessandra Sarchi dal titolo "Dizionario di Medicina Narrativa. Parole e pratiche". Massimiliano Marinelli è docente di Medicina Narrativa presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Univ. Politecnica delle Marche. Alessandra Sarchi è scrittrice, traduttrice, storica dell’arte.
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