L'Editoriale
Vita e pace marciano abbracciate
E' difficile celebrare serenamente questa 46a Giornata nazionale per la vita: il cuore, la mente, gli occhi sono pregni di immagini, di numeri, di pensieri che camminano su un mappamondo irto di zone di guerra sempre più numerose (foto Sir / Marco Calvarese)
E’ difficile celebrare serenamente questa 46a Giornata nazionale per la vita: il cuore, la mente, gli occhi sono pregni di immagini, di numeri, di pensieri che camminano su un mappamondo irto di zone di guerra sempre più numerose: dalle fosse comuni di Bucha, in Ucraina, dove in quasi due anni di guerra a migliaia giacciono nel grembo della terra, strappati a ogni età dal dono della vita, fino al conflitto che divide il mondo dal 7 ottobre prima con le vittime straziate israeliane e poi con le troppe vittime di Gaza (26mila in quattro mesi), di cui – si legge – la maggior parte sono donne e bambini.C’è quest’anno meno spazio per la naturale commozione che i bambini tutti danno: dai fagottini neonati profumati di talco agli occhi vispi dei piccoli delle materne fino alle domande curiose di quelli delle elementari. Non perché ci si sia inaridito il cuore, ma piuttosto per una pudica forma di rispetto verso tutte quelle vite strappate alla vita: anzitempo, in malo modo, senza pietà e senza umanità.Anche i vescovi italiani, nel messaggio di quest’anno dal titolo “La forza della vita ci sorprende”, sembrano recepire questa ombra, scura e scoraggiata, che incombe su una giornata nata per essere festosa. Nel loro argomentare i vescovi elencano le vite sprecate e negate dei nostri giorni: quelle dei nemici da uccidere perché ostacolo ai propri obiettivi; quelle dei migranti di così poco valore da non meritare lacrime sopra il mare che li inghiotte; quelle dei lavoratori che, ancora troppe volte, sono vittima di incidenti nel posto in cui operano, essi stessi merce pagata a buon mercato; quelle delle donne prese da uomini senza grazia quando coglie la fantasia e lasciate senza remore quando la fantasia vola altrove o donne stroncate per smania di possesso; quelle dei bambini, strumenti di ambizione per alcuni genitori e oscenamente funzionali ai desideri di adulti per i quali – parafrasando Matteo (18,6) – sarebbe stato meglio una macina al collo e un tuffo negli abissi del mare. Al triste elenco potrebbero aggiungersi, nell’inverno demografico che abbiamo costruito, le vite mai nate: soppresse prima di schiudersi o negate nella possibilità di provare ad esistere.Per questo, in questa giornata colma di lutti, è doveroso insistere ancora di più nell’impellente e incessante richiesta di pace. Ricordare a chi sta attuando azioni di guerra: “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita” – che è il sottotitolo del messaggio della Giornata della vita di quest’anno che nella sua parte finale scrive: “Per i credenti, che guardano la mistero della vita riconoscendo in essa il mistero del creatore, la sua difesa e la sua promozione, in ogni circostanza, sono un innegabile impegno di fede e di amore”. E allora abbracciamolo questo impegno, accettiamola questa sfida che dovrebbe essere cosa naturale e invece, in un mondo che bombarda e uccide, è impresa da titani, in bilico tra ideologie, convenienze, tatticismi.Vita e pace marcino insieme e si sostengano vicendevolmente contro l’inumano e opposto binomio: guerra e morte. La convenienza è palese pertanto, anche se l’attuazione rasenta l’impossibile, le intelligenze del mondo si muovano: per la pace e per la vita.