Giovedì 24 novembre: incontro con Michele Rumiz e la "sua" Turchia in Biblioteca alle 18
È il racconto in prima persona di un viaggio nel cuore della Turchia più autentica, alla scoperta di antiche tradizioni gastronomiche che rischiano di scomparire e al tempo stesso è una riflessione sul tramonto di una cultura rurale, schiacciata dai cambiamenti che stanno stravolgendo la Turchia contemporanea il libro “La grotta al centro del mondo”
È il racconto in prima persona di un viaggio nel cuore della Turchia più autentica, alla scoperta di antiche tradizioni gastronomiche che rischiano di scomparire e al tempo stesso è una riflessione sul tramonto di una cultura rurale, schiacciata dai cambiamenti che stanno stravolgendo la Turchia contemporanea il libro “La grotta al centro del mondo” (uscito quest’anno per Allacarta di Edt, la collana in cui scrittori contemporanei raccontano il mondo attraverso il cibo), primo libro di Michele Rumiz, scrittore e direttore di Slow Food Travel, triestino, che sarà presentato giovedì alle 18, in biblioteca, a Pordenone, per Dedica Incontra, nel corso di una conversazione condotta da Claudio Cattaruzza, curatore del festival Dedica. L’appuntamento chiude per il 2022 la serie di incontri con gli autori che l’associazione Thesis di Pordenone affianca nel corso dell’anno alla rassegna monografica Dedica, evento di punta della sua programmazione.
Michele Rumiz, triestino, classe 1981, dopo aver studiato alla London School of Economics, ha lavorato per anni a Slow Food occupandosi di Balcani, Medio Oriente e di modelli sostenibili di turismo gastronomico. Oggi vive e lavora in Piemonte dove si occupa di cambiamento climatico ed economia sostenibile.
Lo scenario del libro si apre su Istanbul, 2014. La città è un cantiere silenzioso, dove ancora riecheggia il rumore dei bulldozer che un anno prima hanno sgomberato Gezi Park, mettendo fine ai sogni di una “meglio gioventù”.
“Al caffè Pierre Loti – ai margini del Corno d’Oro - Michele Rumiz ritrova il suo amico Fatih, giovane ricercatore ora in attesa del visto per gli Stati Uniti, e incontra Gül, una giornalista che fatica a orientarsi in un Paese che non riconosce più. Incomincia così un cammino sulle orme di un’antica tradizione casearia – i formaggi stagionati nella pelle di pecora – attraverso il cuore dell’Anatolia, le sue ricchezze e le sue contraddizioni. Qui l’autore incontra Ilhan Koçulu, personaggio leggendario, oggetto di mille racconti ed eminenza dei formaggi turchi. È lui a condurre Rumiz nella seconda parte del viaggio, fino alla sua tana, a Kars. Tra gli altopiani che segnano il confine con il Caucaso l’autore scoprirà una Turchia senza tempo, vitale e radiosa.
ll racconto si conclude con il ritorno in Anatolia, cinque anni dopo la prima avventura. Un ultimo viaggio per raggiungere la grotta che si rivelerà “il centro del mondo” pastorale, e che offrirà lo spunto per tracciare la traiettoria di questo Paese-continente sempre più in bilico verso il Medio Oriente.
“C’è una simmetria tra il ritmo con cui l’Anatolia sta perdendo i suoi patrimoni rurali e la velocità con cui la Turchia diventa un’autocrazia – spiega l’autore. Il formaggio tipico Tulum – di cui ricerco le origini nel mio viaggio – è come un arcipelago che sprofonda, a simboleggiare la fragilità delle tradizioni e l’incertezza sul futuro. Un viaggio non facile ma che rivela molte cose belle, e buone: il vino, copioso, che qui si produce, la grande quantità e varietà di formaggi, la biodiversità di climi, culture, persone. Un Paese-continente dalle molteplici sfaccettature che ha voglia di raccontarsi e di essere ascoltato”.
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