Serve condividere le emozioni per non cedere alla rabbia
La paura dopo la delusione dell’illusione. Il parere dello psicologo
Stiamo vivendo un periodo delle nostre vite intriso di emozioni e sentimenti di vario genere e di notevoli intensità.
La più presente è senz’altro la paura ma si sente il bisogno di allargare lo spettro e di comprendere anche un’ansia diffusa, quella pervasiva, la minaccia invisibile, l’agguato. Più che la paura, uno stato di disagio diffuso, di un pericolo non immediato ma incombente, collocabile ora, domani, nel futuro, una minaccia da cui difendersi senza ben sapere quando, come e se ci si riuscirà. Tutto si è fermato in attesa, e in situazione di incertezza. Ci siamo sentiti in larga misura impotenti, abbiamo scoperto d’emblèe il senso del limite, il crollo della nostra onnipotenza, la nostra poca possibilità di controllare l’andamento delle cose. Poi si è affacciata la speranza, la necessità di uscire (fuga) dalla paura e di pensare ad una realtà esterna amica e non minacciosa. Non ce la si è fatta più. L’angoscia delle separazioni vissute, i lutti, hanno avuto modo di sedarsi e di generare un illusorio senso di benessere, di ritorno alla "normalità". Abbiamo avuto bisogno di crederci e per farlo probabilmente abbiamo dovuto negarci che i contagi continuavano e che quanto vissuto pochi mesi prima si sarebbe ripresentato. Ora la sensazione è quella di rientrare nel dramma e la paura di non farcela è uno dei sentimenti che si affaccia. La paura o meglio le paure si ripropongono accompagnate dalla delusione per la caduta dell’illusione del superamento della tempesta. Emerge allora con aumentato vigore il sentimento della rabbia. E’ una rabbia impregnata di insofferenza, di indisponibilità a soffrire di nuovo. E’ una rabbia esplosiva, incontenibile, legata ad una profonda angoscia di disgregazione. E’ l’urlo contro la fatica della resilienza di cui tanto si è parlato e di cui ognuno di noi ha fatto e sta facendo esperienza. Stiamo incontrando e vivendo spazi e tempi della vita, anche psichica, sconosciuti che ci rimandano ancora una volta un profondo senso di impotenza e rischiamo di ricercare risposte semplici per questioni complesse, di affidarci a persone e cose che cavalcando più o meno consapevolmente queste angosce finiscono per fomentarle. In questi momenti più che in altri vale la pena conservare la propria capacità riflessiva, preservare dal pericolo del deterioramento il pensiero critico. Potersi fermare sulle cose cogliendone gli aspetti intensamente emotivi, dirseli e condividerli in uno scambio ancora possibile con l’altro è ora più che mai elemento vitale e di solidarietà.
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