Collaborare per uscire da questa nuova crisi
Va ritrovato quello spirito unitario che ha consentito di fronteggiare la fase 1
Al punto in cui siamo arrivati non ha più molto senso soffermarsi a recriminare su quel che si sarebbe potuto fare e non è stato fatto, se non nella misura in cui sarebbe utile per evitare di perseverare negli errori. Semmai potrebbe essere benefico, per il messaggio che arriverebbe all’opinione pubblica, se i leader e i personaggi pubblici (scienziati compresi) che fino a poche settimane fa hanno cavalcato un negazionismo plateale o strisciante, avessero il coraggio di una sincera autocritica.
Adesso è il momento di ritrovare quello spirito unitario che, pur con alterne vicende e non senza contraddizioni, ha consentito al nostro Paese di fronteggiare la prima fase acuta della pandemia senza esserne travolto. Rispetto ad allora il compito che il Paese ha di fronte è se possibile ancora più arduo. Come ci ha ricordato anche il recente rapporto Caritas su povertà ed esclusione, le conseguenze sociali dell’impatto del Covid sull’economia sono state estremamente pesanti e oggi la politica non può fare a meno di lavorare su un doppio registro: la lotta contro il virus e le misure di sostegno economico-sociale. Non è un caso che siano stati varati a distanza di poche ore il disegno di legge di bilancio per il 2021 e il nuovo dpcm con più restrittivi provvedimenti anti-contagio.
Certo, stavolta non possiamo dire di essere stati colti di sorpresa e se non ci siamo preparati in modo adeguato – sarebbe ingiusto e falso affermare che non si è fatto nulla – le responsabilità politiche non possono essere imputate ad unico capro espiatorio, fosse anche il Governo a cui pure spetta per ruolo una parte rilevante di esse. Quanto meno bisogna chiamare in causa anche le Regioni, che sull’organizzazione sanitaria hanno competenze ampie e dirette, e quei partiti di maggioranza e di opposizione che fino all’appuntamento settembrino con le urne hanno mostrato di avere interesse solo per la campagna elettorale. E magari sono gli stessi che ora si sono opposti a soluzioni innovative che avrebbero consentito al Parlamento di lavorare con regolarità nonostante le tante assenze causate da un virus che non guarda in faccia a nessuno.
Qualche segnale positivo va segnalato – sperando di non essere smentiti troppo rapidamente – nel rapporto tra il Governo e le Regioni. Sembra che il coordinamento funzioni meglio che in passato, a parte singoli episodi pur importanti. Tenendo conto che la maggior parte dei “governatori” è riferibile alle forze dell’opposizione parlamentare, si tratta di una collaborazione che ha un rilievo non solo istituzionale, ma anche politico. Ed è tanto più preziosa se si pensa all’impasse in cui si trova, invece, il sistema dei partiti. Quello che esprime il gruppo parlamentare più numeroso (in assoluto e nella maggioranza di governo), il M5S, attraversa una fase cruciale della sua esistenza e sta decidendo del suo futuro. Ma anche il più forte dei partiti dell’opposizione, la Lega, è alla prese con un riflessione interna che investe non una questione tra le tante, ma quella oggi più dirimente rispetto alla collocazione di un partito: il rapporto con l’Europa.
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