L'Editoriale
Lo Spirito via web
Nella confusa settimana che ha chiuso febbraio, la politica ha scricchiolato, i virologi si sono affrontati a colpi di teorie, gli economisti hanno disegnato scenari apocalittici. Chi, nel marasma di opinioni, non si è persa d’animo ha tenuto salda la barra della compostezza è stata la Chiesa. Antica e digitale, come se avesse già pronto da tempo un "piano B" per raggiungere i suoi fedeli
hi ci ha sorpreso di più è stata la Chiesa: per le precauzioni prese del governo ha visto chiudere le chiese e bloccare le celebrazioni proprio in uno di quelli che, nel suo gergo, sono i tempi forti. Anzi, nel tempo forte per eccellenza: la quaresima. Niente ceneri nel 2020; niente Via crucis nel suo primo venerdì, niente sante messe nel primo fine settimana quaresimale. E nulla vale se – logica fugit – molti laici hanno onorato quel mercoledì con renga e baccalà in apertissimi ristoranti e trattorie.Nella confusa settimana che ha chiuso febbraio, la politica ha scricchiolato sotto la tensione di giornate tese a circoscrivere il contagio; i virologi si sono affrontati a colpi di teorie a percentuali variabili di rischio; gli economisti hanno illustrato apocalittici grafici evocando la crisi del 2008 (due giorni dopo l’inizio della quarantena) e anche i più scettici no vax hanno tifato affinché la ricerca bruciasse le tappe per giungere ad una punturina che li proteggesse dal virus.Chi, nel marasma di opinioni riversate h24 su frastornati italiani, non si è persa d’animo e – ancor prima dell’appello alla razionalità del presidente della Repubblica Mattarella – ha tenuto salda la barra della compostezza è stata la Chiesa. Quella Chiesa che si crede antica se non arcaica, con la sua larga fetta di anziani sacerdoti, si è manifestata invece capace d’affrontare la chiusura delle chiese con pronte alternative, ancor prima di scuole e università.Come se avesse già pronto da tempo un “piano B” ha cominciato a lanciare la sua proposta: se i fedeli non potevano andare alla chiesa, sarebbe stata la Chiesa ad andare ai fedeli. E così è stato.Se anche è vero che questo avviene ogni domenica con le messe dalle emittenti nazionali, è altrettanto vero che mai si era vista una tanto capillare mobilitazione. La novità è stata corale: non una ma cento e mille messe sono state recitate per essere seguite via web o attraverso le tv locali. Chiese chiuse, telecamere accese sugli altari: le giornate senza chiese non sono diventate giornate senza celebrazioni. La Chiesa non ha abdicato al suo compito di portare agli uomini il suo messaggio di salvezza. Nessuna deroga al santificare le feste.Bibione ha celebrato le Ceneri a porte chiuse ma in diretta streaming; la Cattedrale lo ha fatto attraverso un’emittente locale e anche il nostro Vescovo, domenica primo marzo, ha celebrato e trasmesso dal Santuario delle Grazie di Pordenone. Nelle parrocchie sono sbocciate le catechesi via streaming. L’Azione cattolica diocesana ha suggerito ai suoi iscritti – ma anche ai lettori di questo settimanale – come vivere in casa il mercoledì delle ceneri.Episodi locali che sono specchio di quanto è accaduto un po’ dappertutto: dal patriarcato di Venezia alla comunità di Sant’Egidio. Storie che mostrano come lo Spirito non abbia smesso di soffiare e, a dire il vero, ci avevano già insegnato che nulla può una porta chiusa.Così, l’annuncio non si è fermato anche in tempi difficili e seri come quelli di un virus che ha sorpreso un mondo tanto tecnologico da ritenersi esente dalle epidemie che si credevano capitoli di storia passata. La Chiesa ha pregato: dalle case, dagli smartphone, dalla tv ha portato la Parola che consola, guarisce e libera. Mai come in questi giorni ne sentiamo il bisogno.Simonetta Venturin