Domenica 19 settembre, commento di don Renato De Zan

Continua l’insegnamento di Gesù sul discepolato cristiano

19.09.2021. 25 Domenica TO-B

 

Mc 9,30-37

In quel tempo, Gesù e i discepoli 30 Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

 

Se uno vuol essere il primo…

 

Tematica liturgico-biblica

 

1. Continua l’insegnamento di Gesù sul discepolato cristiano. Dopo il primo annuncio della passione-resurrezione (Mc 8,27-3, vangelo di domenica scora), il Maestro pone in chiaro il fondamento del discepolato: pensare secondo Dio e non secondo gli uomini. Ne deriva che il discepolo è chiamato a rinnegare se stesso (deve realizzarsi non secondo i propri criteri, ma secondo i criteri di Dio), ad aver il coraggio di restare solo per le proprie scelte e a imitare il Maestro.

 

2. Oggi, dopo la seconda profezia della passione-resurrezione, Gesù continua il suo insegnamento sul discepolato (vangelo odierno, Mc 9,30-37). Il Lezionario, contro ogni regola di critica letteraria, alla profezia ha associato due “logia”: uno riguardante il servizio, l’altro l’accoglienza del bambino. In questo modo ha generato un tema articolato.

 

3. Essere discepoli di Cristo significa accogliere in Gesù il Messia sofferente e glorioso (= condivisione con Lui di ogni nostra sofferenza, materiale e spirituale, sapendo che alla fine ci sarà la risurrezione). Significa anche accogliere il “bambino”, che nel mondo ebraico era il simbolo di chi non valeva niente (se uccidevi un bambino, pagavi solo un’ammenda!). Ciò significa accogliere il povero, l’umiliato, il perseguitato, il rassegnato, ecc. E di fronte a tutti gli altri l’accoglienza si traduce in servizio. Solo così il discepolo sa di essere il primo secondo la logica di Dio e non secondo la logica degli uomini.

 

4. La prima lettura (Sap 2,17-20) presenta la figura del giusto sofferente. Il testo rispecchia la sorte del pio ebreo perseguitato in Egitto, in epoca tolemaica (verso il 30 a.C.). Il brano, però, sapienzialmente anticipa la sorte di Gesù e del discepolo di Gesù. I malvagi pensano di avere l’ultima parola con il potere e la forza, ma si sbagliano. Il sapiente, infatti, aggiunge: “Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile” (Sap 2,21-22).

 

Dimensione letteraria

 

1. Il testo evangelico di Mc 9,30-32 è una pericope autonoma (seconda profezia della Passione-Morte-Resurrezione) rispetto a Mc 9,33-35 che sviluppa il tema del primato come servizio. Infine, Mc 9,36-37 è una terza pericope, indipendente dalle altre due, che tocca il tema dell’accoglienza dei “bambini”.

 

2. La Liturgia ha voluto in qualche modo unificare questi tre brani. Il tema che ne risulta, è un tema articolato: il discepolo cristiano accoglie il Maestro, che muore e risorge, come accoglie anche i più piccoli, coloro che il mondo non stima e sa apprezzare il servizio rivolto a chiunque come realtà che primeggia davanti agli occhi di Dio.

 

3. Il secondo annuncio della passione-risurrezione (Mc 9,30-31) appartiene alla tradizione premarciana. Il verbo “paradidotai-viene consegnato” è un passivo teologico, dove il protagonista è Dio (è Dio che consegna il proprio Figlio). Il titolo Figlio dell’uomo va letto nell’ottica del libro di Enoc (Figlio dell’uomo come “giusto” che, nel tempo escatologico, viene prima abbandonato da Dio è successivamente verrà da Dio risorto: cf Enoc etiopico 38,2; 53,6; 71,14.16).

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. I discepoli hanno capito che il Maestro sarebbe morto e discutono su chi deve prendere in mano la leadership del gruppo. La reazione di Gesù è sapienziale. Riprende con pazienza l’istruzione dei discepoli (Mc 9,35-37). Qualunque sia il significato che si vuol attribuire alla discussione dei discepoli, la risposta di Gesù (‘‘Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”) si articola su due concetti di fondo.

 

2. Ciò che fa grande il cristiano non è l’umiltà in sé, ma l’umiltà tradotta in servizio. Il servizio è destinato a “tutti” (“servo di tutti”). Ciò toglie il servizio umile da qualunque tentazione di ideologia.

 

3. Gesù afferma che nel bambino (piccolo, indifeso, ricco di lacune e manchevolezze, pieno di aspetti immaturi, ecc.) è misteriosamente presente Gesù stesso e, addirittura, Dio Padre. Dio, dunque, è presente lì dove i discepoli potrebbero pensare di incontrare solo incompletezza, limite e inutilità (come nel bambino, così anche nella sofferenza e nella morte del Messia sofferente).