Domenica 27 novembre, commento di don Renato De Zan

Comincia l'Avvento, il tempo che porta al Natale. E il Signore dice: "Vegliate: non sapete quando il Figlio dell'uomo verrà"

27.11.2022 1° di Avvento

 

Mt 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37 Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40 Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. 42 Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

 

Vegliate: non sapete quando il Figlio dell’uomo verrà

 

Il Testo

 

1. La formula evangelica (Mt 24,37-44) è stata presa dal discorso escatologico di Gesù (Mt 24,4-51; alcuni studiosi lo delimitano in Mt 24,4-25,45). Il discorso può essere così riassunto: la fine di Gerusalemme è un piccolo anticipo nella storia di ciò che succederà alla fine. Ritornerà Gesù come giudice (Parusia). Il giudizio avrà determinate caratteristiche. La formula liturgica tocca il tema della Parusia (ritorno di Gesù alla fine della storia) ed è aperto da un incipit liturgico robusto: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli”.

 

2. Il testo di Mt 24,37-44, che è incluso dal titolo cristologico “Figlio dell’uomo” (vv. 37.44) è scandito in tre momenti. Il primo (Mt 24,37-39) è incluso dall’espressione “la venuta del Figlio dell’uomo” (vv. 37-39) e paragona la venuta di Gesù al diluvio: tutti e due gli avvenimenti hanno in comune l’immediatezza, senza preavviso. Il secondo momento (Mt 24,40-41) è caratterizzato dalla duplice ripetizione dei verbi “potar via-lasciare”). È ciò che avverrà alla fine. Il terzo momento (Mt 24,42-44), infine, contiene tre imperativi che costituiscono una raccomandazione di Gesù ai suoi: “Vegliate – cercate di capire – tenetevi pronti”.

 

L’Esegesi

 

1. Il titolo cristologico “Figlio dell’uomo” è nato in ambito biblico (cfr Dan 7), ma venne teologicamente elaborato dagli ambienti rabbinici. All’epoca di Gesù il titolo assunse un valore messianico (origine biblica), ma con la caratteristica di essere “giudice degli uomini” (origine rabbinica). Gesù, dunque, parla di sé come Messia e Giudice degli uomini.

 

2. Nella prima parte (Mt 24,37-39) troviamo per due volte il paragone (come – così: v. 37; come – così: vv. 38.39) tra il diluvio e la venuta del Figlio dell’uomo. Il diluvio arrivò all’improvviso. Solo Noè era stato preavvisato. Anche la Parusia arriverà all’improvviso e, come Noè, i cristiani sono stati preavvisati (non sul “quando”, ma sul “come prepararsi”).

 

3. Come il diluvio inghiottì tutti, così nella parusia tutti saranno sottoposti al giudizio del Signore. Allora capiterà che alcuni saranno presi-salvati (il verbo greco “paralambàno” indica il gesto di Gesù che “prende con sé” i suoi perché siano lì dov’è Lui: Gv 14,3: “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”) e altri “lasciati”.

 

4. L’ultima parte della formula contiene i tre imperativi. Gesù dice di vegliare (in greco: “gregorèite”), di cercar di capire (in greco, “ghignoskete”)  e di stare pronti (in greco: “ghìnesthe ètoimoi”). Sono tre atteggiamenti che richiamano la preghiera per non entrare in tentazione e non perdere la fede (vegliare), richiamano la capacità rispondere a chiunque ci chieda ragione della speranza che c’è in noi come dice l’apostolo in 1Pt 3,15 (cercate di capire) e richiamano, infine, disponibilità per ogni opera buona come dice il discepolo di Paolo in Tt 3,1 (tenetevi pronti). Questo è il modo per accogliere il Signore che viene.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. L’avvento è il tempo dell’attesa per la venuta del Signore. L’embolismo del prefazio illustra in modo preciso e breve lo spirito del tempo liturgico: “Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa”.

 

2. La Chiesa nascente invocava il ritorno ultimo di Gesù. “Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!»” (Ap 22,17) e ripeteva spesso: “Maranà tha: vieni, o Signore!” (1 Cor 16,22). Per togliere concetti erronei sull’imminenza del ritorno ultimo di Gesù, lo scrittore sacro avverte di non lasciarsi “troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno  del Signore sia già presente” (2Ts 2,2).

 

3. Mentre la prima lettura (Is 2,1-5) presenta una visione universalistica in cui Dio sarà giudice fra le genti (v. 4), la seconda lettura (Rm 13,11-14a) avverte i credenti che “il giorno è vicino” e quindi è necessario che abbandonino comportamenti disonesti e si rivestano del Signore Gesù Cristo (vv. 13-14).

 

4. La Colletta generale si è ispirata alla parabola delle vergini stolte e le vergini prudenti: per partecipare alle nozze è bene andare incontro alla sposo con le lampade acese, cioè con le “buone opere”.  La Coletta propria, invece, ispirandosi al concetto lucano di cristianesimo come strada da percorrere, invita i credenti a camminare sulle vie di pace di Dio per andare incontro al Signore.