Commento al Vangelo
Domenica 29 maggio, commento di don Renato De Zan
Ascensione: nuovo modo che Gesù ha di essere presente
29.05.2022 – Ascensione – C
Lc 24,46-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
Tematica liturgica
1. è molto impegnativo voler definire la salita al cielo di Gesù. Una volta si diceva che Gesù “ascende” al cielo, mentre Maria “viene assunta” in cielo. E la cosa sembrava chiara e pedagogicamente corretta. Se sotto il profilo pedagogico si può accettare (Gesù ascende al cielo per virtù propria, mentre Maria è assunta in cielo per virtù divina), sotto il profilo della chiarezza un po’ meno. Gesù sale al cielo per ritornare da Risorto dove preesisteva all’Incarnazione e per sedere alla destra del Padre. Maria sale al cielo come primizia di ciò che sarà eredità di tutti i cristiani: essere in cielo con il corpo. Che Gesù sia “assunto” in cielo non c’è dubbio. Il passivo teologico indica un’azione di Dio. Lo dice la Scrittura.
2. Se leggiamo attentamente gli Atti degli Apostoli, Luca inizia il libro con queste parole: “Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo….”.(At 1,1-2). All’evento dell’Ascensione gli angeli si rivolgono ai discepoli dicendo: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Infine, quando Pietro coinvolge la comunità per scegliere il successore di Giuda dice: “Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo…” (At 1,21-22).
3. Se, dunque, nell’Ascensione e nell’Assunzione c’è sempre un’azione divina, la salita al cielo di Gesù ha una valenza teologica molto diversa dalla salita al cielo di Maria. Oltre a quanto già detto poco sopra, c’è ancora un aspetto che caratterizza l’Ascensione di Gesù. Sul monte, in Galilea, Gesù aveva promesso ai suoi: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). L’Ascensione, dunque, non è un allontanamento, ma un modo diverso di essere presente da parte di Gesù. Per Maria la cosa è diversa.
Dimensione letteraria
1. La pericope biblica del vangelo (Lc 24,46-53) inizia in modo conciso: «E disse loro: “Così sta scritto…”». La formula liturgica sopprime l’espressione “e disse loro”, amplificando l’incipit in questo modo: «In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Così sta scritto…”». Forse la formula liturgica del vangelo poteva incominciare con Lc 24,45 (“Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture…”). Ciò avrebbe facilitato l’ascoltatore nella comprensione di quello che Gesù sta dicendo. Il Maestro sta presentando in sintesi quanto dice la Scrittura su di Lui. I discepoli erano stati preparati (ma non lo sono gli uditori attuali) da quanto viene esplicitato al v. 45 (mancante).
2. La formula evangelica si può scandire in tre momenti: le parole di Gesù sull’adempimento dell’Antico Testamento nei confronti della sua persona e del suo Mistero Pasquale (Lc 24,46-47); la testimonianza e la missione dei Dodici (Gv 24,48-49); l’Ascensione e le sue conseguenze (Lc 24,50-52). Il fatto dell’Ascensione è scandito dall’uscita da Gerusalemme, dalla benedizione sacerdotale di Gesù, dall’Ascensione stessa e dall’adorazione dei discepoli (“si prostrarono davanti a lui”), gioiosi e accomunati dalla vita “nel tempio”.
Riflessione biblico-liturgica
1. Nei primi versetti della formula evangelica (Lc 24,46-47) Gesù riassume le profezie veterotestamentarie. Egli poco prima aveva detto ai suoi discepoli: “Bisogna che si compiano le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (Lc 24,44). L’Antico Testamento aveva fondamentalmente profetizzato il Mistero Pasquale e il perdono dei peccati. Un testo veterotestamentario riassuntivo è il quarto carme del Servo di Yhwh, Is 52,13-53,12, dove il profeta annuncia le sofferenze salvifiche del Servo, il suo ritorno alla vita e il dono dei popoli a lui fatto da Dio.
2. I discepoli non sono solo testimoni della morte e della risurrezione del Signore, ma anche dell’adempimento in Gesù di tutte le Scritture. La loro testimonianza, dunque, non può circoscriversi all’evento prodigioso della risurrezione, ma si estende anche alla “rilettura” della Scrittura (Antico Testamento) secondo quanto insegnato da Gesù sull’adempimento di tutto ciò che era scritto nel Pentateuco, nei libri storico-profetici e nei Sapienziali nei confronti della sua persona. Nella Chiesa nascente, perciò, c’è stato uno studio esegetico portentoso della Scrittura per parlare in modo appropriato di Gesù; studio di cui si ha ampia traccia nel Nuovo Testamento.