Commento al Vangelo
Domenica 17 ottobre, commento di don Renato De Zan
"Il figlio dell'uomo è venuto per servire": il servizio nella Chiesa non può obbedire a nessuna moda culturale del momento
17.10.2021 – 29 T.O-B
Mc 10,35-45
In quel tempo,
Figlio dell’uomo è venuto per servire
Tematica liturgico-biblica
1. Il brano evangelico di Mc 10,35-45 segue immediatamente il terzo annuncio della passione (Mc 10,32-34). La reazione dei discepoli è, minimo minimo, di cattivo gusto. Quando Gesù sarà nel Regno dovrebbe accontentare la sete di onore di Giacomo e di Giovanni. La malattia dell’onore e del potere si annida nel cuore di ogni uomo. Marco con stile signorile non evidenzia solo il desiderio dei due fratelli, Giacomo e Giovanni, ma dice che gli altri dieci “avendo sentito, cominciarono a indignarsi”. Se fossero stati disinteressati, non avrebbero avuto tale reazione. Tutti e dodici, dunque, nel loro animo ancora molto umano, aspiravano all’onore e al potere.
2. La reazione di Gesù non è l’indignazione, ma la comprensione. Tale comprensione si dimostra nell’assenza di ogni rimprovero e in un atteggiamento di finissima psicologia. Egli parte dalla situazione dei suoi discepoli e li eleva a una finezza spirituale molto più grande, offrendo un modo nuovo di vedere il potere e l’onore. Questa forte spinta interiore va orientata verso il “servizio”.
3. Ci potrebbero essere diverse distorsioni ideologiche sul tema dell’autorità e del servizio. Gesù offre una risposta ermeneutica assolutamente inequivocabile. Prima di tutto sgombera il campo da qualunque ambiguità che possa scaturire dall’esperienza umana (“Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono”). Immediatamente dopo esclude qualunque aggancio con l’esperienza sociale e politica (“Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore [in greco: diàkonos], e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo [in greco: doùlos] di tutti”). Infine, Gesù offre se stesso come modello: “Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire [in greco: diakonethènai], ma per servire [in greco: diakonèsai ] e dare la propria vita in riscatto per molti”:
4. La proposta di Gesù prima di tutto indica il servizio (diakonìa) come un’attenzione umile alle necessità degli altri (cf At 6: il servizio alle vedove e delle mense). Insieme a questo c’è il servizio (doulèia) verso tutti, nessuno escluso. Si tratta dell’atto di culto che il discepolo è chiamato a fare nella testimonianza-annuncio della Parola.
Dimensione letterario
1. Testo biblico e testo biblico-liturgico sono identici, fatto salvo il solito incipit liturgico (“In quel tempo”) che sostituisce il testo originale. Il testo originale aveva come congiunzione iniziale la “e” (greco kài), che legava inscindibilmente il nostro brano a quello precedente. Il contesto biblico leggerebbe Mc 10,35-45 come un episodio che manifesta l’incomprensione dei discepoli nei confronti del mistero pasquale del Maestro. La Liturgia non lo legge così.
2. La scelta liturgica presenta l’episodio come un insegnamento del Maestro sull’identità del discepolo. Il discepolo accoglie ogni sentimento di potere che nasce in lui, indirizzandolo verso il servizio, su imitazione del Maestro.
Riflessione biblico-liturgica
1. I discepoli manifestano, in modo esplicito (due) ed implicito (gli altri dieci), il desiderio di essere alla destra e alla sinistra di Gesù nel giorno in cui il Maestro si manifesterà come giudice degli uomini. La risposta di Gesù non giudica il sentimento, ma lo accoglie come una forza, un’energia da indirizzare. Questo presupposto spiega l’atteggiamento di Gesù. Egli accoglie, non rimprovera moralisticamente, ma aiuta i suoi discepoli a orientare in forma positiva la forza che essi si trovano dentro.
2. Il servizio nella Chiesa non può obbedire a nessuna moda culturale del momento (“Fra voi però non è così”). I modelli del servizio vengono offerti da due elementi: il vocaboli con cui il Maestro illustra il servizio ( servitore [diakonos] e servo [doulos]) e la figura del Maestro stesso. Il discepolo attua il suo servizio con quella generosità che gli è possibile. In alcuni casi tale generosità può portarlo al martirio.