Domenica 4 agosto, commento di don Renato De Zan

Lontani da ogni cupidigia, ricchi davanti a Dio: così dovremmo essere. E invece raccogliamo tesori per sentirci "tranquilli" dei giorni a venire. Che non sapremo se avremo da vivere.

Lontani da ogni cupidigiaricchi davanti a Dio

Lc 12,13-21In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.

Tematica liturgicaNella prima lettura (Qo 1,2; 2,21-23) il sapiente, vissuto probabilmente verso la fine del sec. IV e inizi del III a.C. – con un ritornello disarmante, “Vanità delle vanità…Anche questo è vanità” – fa vedere come la fatica e l’affanno, volti unicamente a accumulare ricchezze, sono una scelta poco avveduta: quando si muore si lasciano tutti i beni ad altri. Questa fatica e questo affanno nascono dalla cupidigia (in greco, pleonexìa) di cui Gesù parlò ai discepoli dicendo: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Detto in termini più semplici, la cupidigia è “accumulare tesori per sé” (Lc 12,21), dimenticandosi degli altri o, addirittura, calpestandoli. Il termine pleonexìa (cupidigia, avarizia, avidità) indica quell’atteggiamento interiore che desidera qualche cosa, ad ogni costo, oltre la misura comune, solo per sé senza nessuna condivisione con alcuno. La cupidigia non è un episodio. È una mentalità che opera, seguendo una successione: dall’egoismo nasce la cupidigia, che genera scontentezza per ciò che si è e si ha; nasce il desiderio compulsivo che, attraverso la prepotenza, la prevaricazione e l’arroganza, arriva al possesso, che non soddisfa e che spinge ad avere ancora. Paolo, all’inizio della lettera ai Romani fa un elenco di vizi e colloca la cupidigia tra la “malvagità” e la “malizia” Questi ultimi due vizi si manifestano nelle relazioni con il prossimo. Esistono vari tipi di cupidigia (carriera, potere, ideologia, cultura, dominio spirituale, ecc.) che sono altrettanto devianti della cupidigia del possedere beni e denaro. Una delle cupidigie più sottili è quella “intellettuale”: lo dicevano già il greco Filostrato e il latino Cicerone. Nella cupidigia delle idee non c’è ricerca sincera della verità, ma viene chiamata verità tutto ciò che dà ragione ai propri punti di vista. Chi si oppone a quei punti di vista viene disprezzato, ridicolizzato, schiacciato. E’ la morte del dialogo e del rispetto, ma è anche la morte della ricerca, della maturazione, della crescita. Giustamente Gesù dirà a chiare lettere in Lc 16,13: “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza (mammona)”. Il pensiero di Gesù diventa più chiaro alla luce di quanto dice il pensiero paolino: “Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; (Col 3,5). Se la cupidigia è idolatria, certamente non può accordarsi con la fede in Dio.

Dimensione letterariaAl testo evangelico originale è stato aggiunto l’incipit liturgico (“In quel tempo..”). Per il resto testo biblico e testo biblico-liturgico sono uguali. Il testo sembra scandito da tre momenti: nella prima parte si colloca la domanda di aiuto di un orfano che chiede la divisione dell’eredità con il fratello (Lc 12,13-15); nella terza si trova una parabola (Lc 12,16b-21). Le due unità sembrano ruotare attorno ad un perno centrale: la parola di Gesù (“Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”: Lc 12,15).

Riflessione biblico-liturgicaa. Nella prima parte (richiesta di aiuto per spartire l’eredità), c’è un tema molto importante. Gesù è capace di dire di “no”. Essere buoni non è dire sempre “si”. Anche il “rifiuto” fa parte della bontà quando tale rifiuto significa respingere qualunque coinvolgimento nell’approvare un vizio altrui. Gesù. intende toccare il modo di pensare degli ascoltatori. Anche il diritto più giusto – come la spartizione di una eredità o il legittimo diritto di gioire del frutto del lavoro di una vita – può essere vissuto con l’atteggiamento di cupidigia.b. Gesù aveva detto: “Beati i poveri…”. Allora non è lecito al cristiano essere produttore di ricchezza? Per non cadere in falsi pauperismi, è bene affermare subito che le ricchezze giustamente acquisite sono realtà positive. Non vanno, però, tenute solo per sé, ma condivise: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” (Lc 3,11).