Cultura e Spettacoli
9-11 aprile: 700 anni dal martirio dei primi farti francescani a Tana
Accadde il 9 e 11 aprile 1321: il martirio di quattro francescani a Tana, protomartiri d’India tra i figli del Poverello, è sette volte centenario.
Accadde il 9 e 11 aprile 1321: il martirio di quattro francescani a Tana, protomartiri d’India tra i figli del Poverello, è sette volte centenario.Quella passio, descritta al dettaglio, è tramandata dal nostro Odorico da Pordenone e occupa uno spazio considerevole del dettato della Relatio, nel quale l’autore pur si dispiace spesso di non poter soffermarsi su ciò che ai lettori narra con il dubbio di non essere creduto, tanto meravigliose erano state le cose da lui viste.L’ammirazione verso i confratelli martiri Tommaso da Tolentino, Giacomo da Padova, Demetrio da Tiflis e Pietro da Siena non si ferma al racconto della gloriosa offerta della loro vita (i primi tre erano morti decapitati dopo una coraggiosa professione pasquale su Cristo figlio di Dio, e non solo uomo come sostenevano i mussulmani che li avevano catturati e messi alla prova della verità della loro fede, peraltro da essi vinta uscendo indenni dal fuoco; l’ultimo era stato torturato e ucciso in un secondo momento per impiccagione e i suoi resti non più trovati).L’aspirazione alla missione, fosse via pure al martirio, muove costantemente il cuore dei frati della prima ora: di qui la spinta forte in frate Odorico a fermarsi a Tana lungo il suo viaggio. Questo appare persino un calcare le orme dei martiri di Tana, i quali stavano veleggiando – come lui farà l’anno stesso o al massimo l’anno dopo discendendo la costa occidentale d’India – lungo la stessa direzione del Cathay. E qui egli ne salva i resti mortali e, portandoseli poi sempre appresso (possiamo definirlo il “beato delle reliquie”), viene “ricambiato” di tanta devozione.Si salva infatti dalle fiamme appiccate “dai saraceni che volevano farmi morire” nell’incendio della casa ove si trova, e mentre sta dormendo posato il capo su quelle ossa.Si salva quindi ancora dall’essere buttato nell’oceano prospettatogli dall’equipaggio della nave in difficoltà estrema per la totale mancanza di vento nel prosieguo del suo periglioso itinerarium che fu di qui in avanti sempre per via marittima: dopo che neanche le preghiere sue e del suo compagno e la promessa di celebrare molte messe erano bastate (e nemmeno – confessa il nostro frate – il pregare prima di lui degli idolatri e dei saraceni che pure stavano a bordo), il vento risoffia “buono e prospero” nel momento in cui egli dà ordine al servo di lanciare nelle acque un osso dei martiri.Si salvano infine le ossa stesse, piuttosto voluminose, perché non vengono trovate nell’ispezione meticolosa compiuta dai doganieri all’atto dell’entrata della nave di Odorico nel porto cinese di approdo: che altrimenti sarebbero esse finite tutte in mare.
UN NUOVO VOLUMEUna devozione dunque che Odorico preserva con commozione e che giustifica il nostro indugiare su questa data centenaria, anche perché viene celebrata con una pubblicazione che racconta pure lo sviluppo del culto ai quattro martiri di Tana ed è bella e voluminosa opera (400 pagine) di questi giorni di due insegnanti di Pordenone, già docenti l’uno al “Mattiussi” e l’altro al Liceo Classico cittadino: Paolo Cicconofri, di origini marchigiane come il beato da Tolentino, capo di questi martiri, e Carlo Vurachi. Essi già si erano cimentati, unitamente a G.C. Testa, nel volume Odorico delle meraviglie. Il viaggio in Asia di Odorico da Pordenone nel manoscritto BNF 2810 (Associazione Cultuale Cintamani, Pordenone 2015).Ce ne rallegriamo, nell’attesa di momenti di diffusione e celebrazione impediti dal prolungarsi della situazione pandemica.E intanto leggiamo, anche nel clima della vittoria pasquale di Cristo sulla morte, quanto ha scritto per noi su “Odorico e i frati martiri di Tana” il prof. padre Luciano Bertazzo, minore conventuale, ordinario di Storia della Chiesa alla Facoltà Teologica del Triveneto e direttore del Centro Studi Antoniani di Padova.W.Arzaretti