Veneto Orientale
Lunedì 31 agosto, ore 16.30: don Andrea Vena saluta Bibione
Lunedì 31 agosto alle 16.30 dopo oltre 17 anni don Andrea Vena lascia la parrocchia di Bibione. Riportiamo il suo saluto alla comunità (come dal suo testo per il bollettino di Domenica 30 agosto): "Carissimi, penso che questo sia il più difficile editoriale da scrivere. 17 anni non sono una passeggiata, ancor più se vissuti tra i 35 e i 51 anni, cuore della giovinezza matura, dell’entusiasmo, della passione, della forza, dei sogni! E so, sento, di non essermi risparmiato per voi e con voi"
Carissimi,
penso che questo sia il più difficile editoriale da scrivere. 17 anni non sono una passeggiata, ancor più se vissuti tra i 35 e i 51 anni, cuore della giovinezza matura, dell’entusiasmo, della passione, della forza, dei sogni! E so, sento, di non essermi risparmiato per voi e con voi. Ho avuto modo di fare questa esperienza con voi, grazie alla fiducia che il Vescovo mons. Ovidio ha posto su di me quando scelse di mandarmi qui, e del Vescovo Giuseppe che mi ha confermato, ampliando ancor più il mio raggio d’azione: a loro il mio profondo sentimento di filiale gratitudine.
Non ha senso fare un bilancio: quello che sono stato e ho fatto è sotto i vostri occhi, nei vostri cuori e impresso nella vostra memoria. Così come quanto non sono riuscito a essere e a compiere! Una cosa posso dirvi: tutto ho fatto animato dall’amore del Signore e per amore vostro: a volte ci sono riuscito – ringraziate con me il Signore -, altre volte meno – e di questo vi chiedo scusa. Ma questo non toglie che ho cercato sempre verità e amore, amore e verità. Ho cercato di educarvi alla Scuola di Gesù, a Lui ho cercato di accompagnarvi, fin dalla prima omelia che vi rivolsi in quel 12 ottobre 2003, quando – alla luce del vangelo di quella domenica – feci mie le parole del giovane ricco: “Cosa devo fare per avere la vita eterna?”, e Gesù rispose: “Una cosa sola ti manca, va’, vendi tutto quello che hai, poi vieni e seguimi”. Questa è stata la mia bussola durante questi anni, perché quel vangelo non era giunto a caso, ma ce lo donava la Provvidenza come guida per il cammino. La vera felicità, dicevo in quell’omelia, non sta nella quantità di quanto accumulo, ma nella qualità di come vivo. Non sta nell’apparenza, ma in cuori che si lasciano affascinare dal Suo amore. Non sta nella nostra perfezione, ma nella certezza che il Signore è sempre pronto a rialzarci dopo ogni caduta. La vera felicità, concludevo, non sta nel seguire i falsi maestri che attraggono con ogni lusinga, ma nell’abbandonare ogni logica umana per stare con Gesù, Amico e Signore, sempre pronti nel dare ragione della nostra fede, sapendo guardare ai Santi, i quali sono stati capaci di attrarre le folle non per i loro discorsi, ma per la bellezza dei loro gesti d’amore. Una bellezza – dicevo ancora in quell’omelia – che attinge dalla Cattedra dell’Eucaristia, per immergersi con fiducia dentro le faccende della vita quotidiana (cfr. omelia del 12 ottobre 2003). Questa è stata la mia stella polare in questi anni, questa è stata la mia bussola. Su questo si è basato il mio esame di coscienza come cristiano e come pastore: “Sto educando la mia Comunità a fissare lo sguardo su Gesù? La sto educando a comprendere il valore dell’Eucaristia? La sto educando a tradurre la fede in cultura, in impegno sociale e civile nel rispetto dei valori del vangelo?”. Oggi tutto questo lo sa Dio e lo sapete voi.
Una cosa è certa, e la colgo nella Parola di Dio che la liturgia ci donerà – quale ulteriore segno – nella Messa di domani: “Non mi presentai a voi ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola e della sapienza…Mi presentai a voi nella debolezza e con molta trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito…perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Come Gesù nella sinagoga, in questi anni ho cercato di aprire il rotolo della Parola di Dio e di annunciarvi che la Parola di Gesù non è una Parola passata, fuori moda…ma ancora oggi, qui ed ora, la Parola è viva ed efficace, come disse Gesù: “Oggi si è compiuta la Scrittura che voi avete ascoltato” (cfr. liturgia della Parola 31 agosto 2020). È in forza di questa verità e attualità, che ho predicato in ogni momento, opportuno e non opportuno, senza vergognarmi del vangelo e invitandovi a non vergognarvi: pregando, studiando e agendo tra le braccia della Chiesa, Madre e Maestra.
I bollettini di questi 17 anni racchiudono – in una sorta di diario di viaggio – gioie e fatiche, sogni e speranze della Comunità cristiana, che non è fatta solo di stagione turistica, ma è caratterizzata da un intreccio di relazioni umane belle, positive e propositive. Per questo vi auguro di non spegnervi, di non ridurre la vita a “stagione estiva”, di non perdervi nei meandri dei tanti pettegolezzi, ma di coltivare quella misura alta della vita che aiuta a “volare alto”, a non appiattirvi al pensiero debole e dominante di oggi: Comunità cristiana di Bibione, non avere paura e non vergognarti del vangelo e dei suoi valori! Con Gesù, nella Chiesa, siate fieri e siate felici! Un pensiero grato lo rivolgo ai miei anziani e malati, per il tanto che mi hanno insegnato; alle famiglie, ai ragazzi e giovani; alla cuoca Maria e ai tanti volontari che si sono spesi in ogni modo per la vitalità della Comunità animati da un’unica certezza: “Con le nostre mani ma con la Tua forza!” (S. Benedetto). Ai giovani stranieri che in questi anni abbiamo accolto e sostenuto come Comunità cristiana, a conferma che l’impegno del gruppo di solidarietà missionaria portato avanti nei riguardi della Comunità e dei turisti, non è e non era solo un raccogliere fondi, ma si traduce in “adottare” comunità missionarie e accogliere qui chi è nel bisogno, non rendendo le persone dipendenti dai nostri aiuti, ma stimolandoli a dare il meglio di loro per costruirsi un proprio futuro: penso solo ad Ahmed Giovanni – che considero un figlio -, agli amici Kester e Domenic…e tanti altri. È l’impegno nella carità che diventa la “cifra”, la “chiave” che bene aiuta a leggere ogni altro impegno della Comunità. Questa testimonianza di servizio, ha reso più vero e credibile l’impegno nella catechesi, perché non basta dire “amore” se poi non si ama. Così come ha reso più vero il nostro ritrovarci uniti attorno all’altare, figli di uno stesso Padre radunati dall’amore, convinti che a Dio non interessa tanto quanti entrano in chiesa, ma come escono coloro che vi sono entrati! Sì, perché l’Eucaristia non solo è Mensa, ma anche Scuola di Comunità, dove il condividere responsabilità e ruoli non è primato di vano protagonismo, ma servizio; non è competere, ma gareggiare pur di valorizzarsi a vicenda. Come nella liturgia ciascuno ha un compito (già se uno fa due cose c’è qualcosa che non va!), così poi dovrebbe essere nella vita quotidiana, dove ciascuno svolge il proprio compito e assume la propria responsabilità. …perché non spetta al parroco fare tutto, ma spetta a lui far sì che tutto sia fatto con l’apporto di tutti. E tutto si traduce in sinfonia d’amore! Ed è questa coerenza – o almeno tentativo di coerenza – che ha affascinato e spronato i nostri ragazzi e giovani a occupare il “loro posto” e a partecipare alla gioia del servizio in oratorio e al Gr.Est.! Che ha consolato i nostri malati non sentendosi mai soli e abbandonati; che ha educato i nostri imprenditori a interessarsi anche delle povertà del mondo. È questo stile che aiuta a capire il valore della vita consacrata nella Comunità, quale “segno” di dono totale a Dio e ai fratelli. A tutti e a ciascuno dico: continuate così! La Comunità ha bisogno dell’apporto di tutti, e anche don Enrico avrà bisogno di voi tutti. È giovane, ma è in gamba! Aiutatelo e vi aiuterà; stategli vicino, e vedrete che lui vi starà vicino; offritegli ogni suggerimento, e vedrete che saprà, con voi e per voi, tradurre in pratica i tanti sogni su/di questa Comunità; pregate per lui, certo che lui già prega per voi! Un grazie ai sacerdoti dell’Unità pastorale e ai collaboratori dell’Unità pastorale: un progetto carico di sogni, ma che ancora stenta a decollare come dovrebbe. Ai laici dico: spronate i vostri sacerdoti a lavorare insieme e a far lavorare insieme le Comunità, perché l’esperienza di questi anni mi suggerisce che troppo spesso siamo proprio noi preti a ostacolare il lavoro comune.
Non rinchiudetevi, perché solo il lavoro insieme saprà aiutarci a valorizzare le qualità di ciascuno e di ogni comunità, arricchendoci vicendevolmente. In questi 17 anni non mi sono mai sottratto dal rivolgermi anche alla Città di Bibione, perché, come ho avuto modo di scrivere in più occasioni, dove c’è l’uomo c’è la Chiesa, Maestra di umanità. Non si tratta di ingerenza, ma di presenza. E questo nasce dal fatto che Gesù stesso è “uscito dalla sacrestia del Paradiso” per immischiarsi nelle faccende degli uomini, per mostrare loro un modo diverso di vivere la vita. Sul Suo esempio mi sono sempre interessato senza risparmio alla mia gente, affinché i valori del vangelo proclamati di domenica diventassero “pane quotidiano”, convinto che il vangelo non è il sonnifero per restare addormentati durante la settimana, ma è reale e concreta proposta per quella nuova civiltà dell’amore inaugurata da Gesù! Il vangelo non è una favola, ma un seme che se accolto, porta frutti di amore, di giustizia, di solidarietà, di pace, di corresponsabilità… Da questa prospettiva e con questi strumenti, in questi anni ho valutato, pur con i miei limiti, la vita della mia gente e l’azione di quanti la governavano. Certo, a volte le mie parole si sono rivelate “fastidiose” ma non tanto perché “intromissione”, ma perché versavano “sale” su ferite aperte, perché gettavano “luce” su scelte d’ombra. E se un cristiano, ancor più un pastore, non sa essere “sale” e “luce”, a cosa serve? Ce lo ricorda proprio Gesù. Ecco perché a volte ho apprezzato dove c’era da stimare, ma senza mai rinunciare a richiamare dove coglievo l’incapacità di coltivare un progetto di futuro, perché appiattiti sul presente o su scelte senza respiro, superflue seppur dispendiose. Da questa responsabilità non mi sono mai sottratto in questi 17 anni, aiutato da una domanda di fondo: “Bibione, cosa vuoi diventare da grande?”. Ad oggi manca ancora questa risposta, forse perché mancano cuori e intelligenze capaci di guardare alla Bibione del futuro, liberi da vincoli elettorali, e liberi da inutili gelosie imprenditoriali.
È un appello il mio: questo è il tempo di unire le forze, guardando al bene di tutti che Bibione può offrire. La concorrenza nazionale e internazionale è tale che non ci si può permettere di difendere unicamente o esclusivamente il proprio orticello. Le potenzialità ci sono, e lo si vede dalla qualità di proposta imprenditoriale che viene offerta. Urge però un dialogo franco e sincero, senza doppi fini e senza infantili caparbietà. C’è bisogno del contributo di tutti, di decisioni assunte insieme per il bene di tutti, con genio creativo e spirito di corresponsabilità, con scelte che siano mirate, efficaci, credibili e sostenibili nel tempo. In una parola, scelte capaci di guardare al futuro o, richiamando espressioni di antica memoria, “guardando più alle prossime generazioni che alle prossime elezioni”, siano esse politiche o di categoria! Una cosa è certa, e l’abbiamo sperimentato durante il tempo del lockdown e per l’organizzazione del Gr.Est.: quando si lavora insieme per il vero bene della gente, si vedono i frutti, si gioisce dei risultati e la gente riconosce e apprezza il lavoro compiuto insieme. Basterebbe così poco…basterebbe crederci fino in fondo. E quanto fatto in questi mesi può essere di buon auspicio! Alle categorie imprenditoriali e a quanti rappresentano, il mio grazie più sincero per questi anni di collaborazione e ancor più di amicizia: grazie! Un’ultima parola, alla mia Comunità estiva: cari turisti, in questi anni si è creato tra noi un rapporto di fiducia e di amicizia incredibilmente bello. Siete stati la mia carica! Più eravate e più mi sentivo spronato nel rivolgermi a voi. Da quanto ho letto nei commenti su facebook e nelle lettere da voi inviatemi, così nei saluti che mi state rivolgendo, è nelle omelie e in confessionale che si è maggiormente instaurato un legame tra me e voi.
Legame che si è andato rafforzando durante il tempo del lockdown, quando mi avete seguito quotidianamente nelle catechesi, nelle celebrazioni e nei “segni di speranza” che ho compiuto e che, mi avete scritto, tanto bene vi hanno fatto: dall’Ape Car con la Madonna, alle processioni in solitaria, alle rogazioni…
Senza poi contare la risposta da voi data negli anni alla proposta culturale-spirituale “Bibione guarda all’Avvenire”, attraverso la quale abbiamo mostrato e sperimentato quanto la fede si traduce in amicizia, cultura, arte. In questo contesto, ringrazio di cuore tutti i sacerdoti che si sono alternati a Bibione per motivi di studio: si è trattato certamente di un’esperienza impegnativa che, se accolta, ha saputo dare tanto: don Marius (Lituania), don Simone (Kenya) don Thomas (India), don Bismark (Bolivia), don Piotr (Polonia)…e tanti altri venuti a dare una mano durante le estati: a tutti, grazie!
Carissimi, cosa dirvi ancora? Il mio cuore è già in subbuglio così. Ringraziamo insieme il Signore che ci ha donato la gioia d’incontrarci, di volerci bene, di lavorare insieme. Ringraziamo il Signore per averci offerto l’opportunità di aiutarci a vicenda nel crescere alla scuola del Suo vangelo e divenire così un po’ migliori. Ringraziamo il Signore per le sorprese che ci ha fatto incontrare e per le quali ci ha fatto stupire. Ringraziamo il Signore perché non ci ha mai lasciati soli lungo il cammino e, dove sembrava tutto finito, Lui ci ha aperto strade nuove. Ringraziamo il Signore per il dono di don Enrico che raccoglierà il testimone che don Arduino ha lasciato a me e che adesso io passo a lui: preparatevi nella gioia e nella preghiera ad accogliere il vostro nuovo pastore, vogliategli bene e lavorate con lui.
Cari Bibionesi, grazie di tutto. Grazie di cuore. Non vi dimenticherò perché, come si dice, il primo amore non si dimentica mai. Vi abbraccio e per voi tutti prego, affidandomi alle vostre preghiere. Facciamolo insieme, volgendo lo sguardo a Colei che è nostra Madre e patrona, a Colei che meglio di tutti può insegnarci la via che conduce a Gesù. Buon cammino…Arrivederci Bibione, vi voglio bene!
Il Vostro parroco 2003-2020 d. Andrea Vena