Domenica 22 dicembre, commento di don Renato De Zan

Lc 1,39-45
39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44 Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto»

Il Testo

  1. La pericope di Lc 1,39-48 è incompleta perché il testo evangelico originale sarebbe Lc 1,39-56. La Liturgia ha soppresso tutto il canto del Magnificat (Lc 1,46-55) e il versetto conclusivo (Lc 1,56: “Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua”). L’intenzione della Liturgia è concentrare l’interesse sulle due donne, ponendo ovviamente Maria in primo piano. Per Maria, Elisabetta è il segno rivelatore che comprova la sua maternità messianica. Per Elisabetta, Maria è una presenza rivelatrice: il bambino nel grembo di Elisabetta danza (“sussulta” e “esulta di gioia”) di fronte a Maria come Davide danzò davanti all’arca dell’alleanza.
  2. Tra testo evangelico e formula liturgica non c’è nessuna differenza. Il testo di Lc 1,39 costituisce la premessa della scena successiva (Maria in viaggio verso una città di Giuda). Lc 1,40-41ab narra la scena del saluto fra le due donne. C’è, però, un particolare emozionante: “il bambino sussultò nel suo grembo”. Infine, nei vv. 41c-45 troviamo la parole di Elisabetta a Maria. Elisabetta parla come un profeta (“colmata di Spirito Santo”) ed esprime dei concetti di alto profilo teologico.

L’Esegesi

  1. Certamente la fede è legata alle cose che non si vedono. E’ altrettanto vero che la Parola di Dio ci dice che la fede è spesso veicolata, sostenuta e guidata (non creata) dal “segno”. Un segno è stato dato a Mosè nell’esperienza del roveto ardente ( Es 3,12: “Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte”). Un segno è stato dato a Gedeone: la pelle di capra e il cortile bagnati alternativamente in notti successive (Gdc 6,36-40). Anche ai pastori di Betlemme viene dato un segno (Lc 2,12: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”). A Maria l’angelo indica un segno: “Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,36-37). Maria va da Elisabetta per verificare il segno.
  2. L’incontro tra Maria ed Elisabetta viene descritto come una duplice rivelazione. Maria ha in Elisabetta la rivelazione della sua reale maternità messianica: Elisabetta è incinta come aveva detto l’angelo. Anche Elisabetta, però, ha una rivelazione nella presenza di Maria: il bambino che porta nel grembo danza (“sussulta” e “esulta di gioia”) di fronte a Maria come Davide ha danzato davanti all’arca dell’alleanza (cf 2 Sam 6, 16). Se Maria, nuova arca dell’alleanza, porta in sé la presenza di Dio tra gli uomini, il Messia, Elisabetta porta in sé il profeta che annuncia la venuta del Messia stesso.
  3. Maria è madre del Messia e anche madre di Dio. Elisabetta, infatti, saluta Maria come “….la madre del mio Signore (in greco,“Kyrios”)”. Questo “Kyrios” è Gesù. Lo stesso nome, “Kyrios”, viene adoperato da Elisabetta per indicare il Dio di Abramo (Lc 1,45): “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore (in greco,“Kyrios”) le ha detto”. Il Dio di Abramo e Gesù vengono, dunque, chiamati con lo stesso nome da Elisabetta, “piena di Spirito Santo”.
  4. Il ruolo dello Spirito in questo racconto è fondamentale. Lo Spirito, infatti, è il creatore della maternità messianica della Vergine. Solo, dunque, lo Spirito, attore primo di tale maternità, può far comprendere il mistero a Elisabetta. Ancora oggi la maternità verginale di Maria non può essere capita nella sua verità e nella sua valenza salvifica se non per opera dello stesso Spirito che l’ha posta in essere. La ragione umana, infatti, può aprirsi alla verità dello Spirito, ma non può mai raggiungerla da sola. La verità della fede ha la sua base nella ragione umana, ma il suo contenuto primo è dono della rivelazione.

Il Contesto Liturgico

  1. I credenti sono stati inviati a prepararsi al ritorno ultimo di Gesù (Parusia) attraverso la conversione, la lettura della Parola e la preghiera che vivifica la fede (prima domenica di Avvento). Nella seconda domenica, con la figura del Battista, i credenti sono stati invitati a preparare la via del Signore. Nella terza domenica, la Liturgia ha messo in secondo piano la Parusia e ha collocato in primo piano la memoria dell’Incarnazione, invitando i credenti ad assumere uno stile di vita consono attraverso la pratica della condivisione, della giustizia e della non-violenza. In modo molto delicato, la Liturgia prosegue il cammino trasformando l’attesa escatologica in attesa celebrativa della memoria.
  2. Il Messia, dunque, sta per venire al mondo e Maria ne è la Madre. Ciò significa che le profezie messianiche veterotestamentarie si adempiono (cf la prima lettura. Mi 5,1-4a) e inizia per l’umanità un nuovo modo di rapportarsi a Dio. Il Verbo fattosi carne, infatti, riceve da Dio un corpo per iniziare il nuovo culto dell’obbedienza a Dio (cf la seconda lettura Eb 10,5-10): “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…..Allora ho detto: Ecco, io vengo…… per fare, o Dio, la tua volontà”.