Domenica 28 luglio, commento di don Renato De Zan

Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede

28.07.2024 17° T.O. – B

 

Gv 6,1-15

In quel tempo, 1 Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3 Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7 Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8 Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10 Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12 E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto ». 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

 

 

Il Testo

 

1. Il Vangelo di Giovanni sostituisce per cinque domeniche (da oggi alla 21a del Tempo Ordinario) il vangelo di Marco. Dopo il Prologo (Gv 1,1-18), il vangelo comprende due grandi unità: il vangelo dei segni (Gv 1,19-12,50) e il vangelo della gloria (Gv 13,1-20,31). Il vangelo dei segni a sua volta si divide in altre due sub-unità: l’annuncio della vita (Gv 1,19-6,71) e il rifiuto con le minacce di morte (Gv 7,1-12,50): La formula evangelica odierna (Gv 6,1-15) costituisce la prima parte dell’ultima pericope dell’annuncio della vita. Il vangelo odierno, dunque, non si propone come un semplice miracolo, ma come un simbolo che illustra il dono della vita eterna che Gesù è venuto a offrire all’uomo. Questo tema verrà illustrato in modo più ampio nella successiva riflessione di Gesù che, per parti, verrà presentata nelle domeniche successive.

 

2. Il testo della formula è strutturata in modo concentrico. Nel segmento /a/ (Gv 6,1-4) si trova l’ambientazione cronologica e geografica del miracolo. Nel segmento centrale, il segmento /b/ si leggono i preliminari del miracolo e il miracolo. Infine, nel segmento /a’/ (Gv 6,12-15) viene descritta la situazione immediatamente successiva al miracolo stesso. Certamente la parte più importante è il segmento /b/, ma non va sottovalutato il segmento /a’/. Nella parte centrale la provocazione di Gesù mette in luce l’impossibilità materiale di sfamare la folla. Inoltre, sempre nella parte centrale, si trova anche il tema della piccola generosità che in mano a Dio si trasforma in miracolo. Su questo miracolo la Liturgia vuole concentrare l’attenzione, isolando il brano da ciò che precede. L’espressione iniziale della pericope originale, “Dopo questi fatti…2, che lega la moltiplicazione dei pani al miracolo della piscina di Betzatà e alla riflessione di Gesù sull’opera del Figlio, viene cancellata e sostituita con il solito incipit “In quel tempo”.

 

L’Esegesi

 

1. Il miracolo avviene sulle rive del lago di Tiberiade che si trova nella direttrice Damasco-via del Mare (o via del Deserto). Gli ebrei che potevano raggiungere Gerusalemme per la Pasqua (festa di pellegrinaggio) la percorrevano. Da qui, si può comprendere la grande folla attorno a Gesù, il quale “salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli” (Gv 6,3). L’annotazione giovannea è molto simile all’annotazione matteana per il discorso della Montagna: “Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli” (Mt 5,1). Il discorso della Montagna e il miracolo della moltiplicazione dei pani, simbolo della futura Eucaristia, sono due pilastri fondamentali della salvezza donata da Gesù alla sua Chiesa. Non c’è Eucarestia senza una vita innervata dalle Beatitudini e viceversa.

 

2. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci avviene dopo la convergenza di due fatti: l’impossibilità umana di sfamare la “grande folla” (prova a cui Gesù sottopone i suoi discepoli) e la disponibilità del ragazzo a mettere in mano a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci. Quest’ultimo dato rappresenta la condivisine del cibo dei poveri. Il miracolo di Gesù è legato dall’evangelista ai gesti dell’ultima cena, narrata dai Sinottici e da Paolo: prese i pani (prese il pane: Mt, Mc, Lc, Paolo), dopo aver reso grazie (recitò la benedizione: Mt, Mc; rese grazie/dopo aver reso grazie: Lc, Paolo) e li diede (mentre lo dava: Mt; lo diede: Mc, Lc). Nell’ultima cena si trova “lo spezzò”, che in Giovanni non c’è perché nell’ultima cena c’è un boccone, nel miracolo si mangia la pagnotta. Come Gesù ha il potere di dare il cibo della vita terrena, ha il potere di dare il cibo della vita eterna.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. Dei pani e dei pesci “nulla” andrà perduto come “chiunque crede in lui non va perduto (Gv 3,16) e “nulla di quanto il Padre ha dato a Gesù andrà perduto (Gv 6,39).

Giovanni, mentre presenta il miracolo e la riflessione, contemporaneamente fa comprendere al lettore che il gesto di Gesù (pane terreno), che preannuncia l’Eucaristia (pane del cielo), si pone in continuità con il gesto profetico di Elia (prima lettura, 2Re 4,42-44). La sintesi tra i due piani di lettura (pane per la vita materiale – pane per la vita eterna) è offerto dalla Colletta propria: “O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello spirito”.