Commento al Vangelo
Domenica 14 luglio, commento di don Renato De Zan
Prese a mandarli a due a due
Mc 6,7-13
In quel tempo, Gesù
Il Testo
1. La pericope evangelica e la formula liturgica non coincidono perfettamente. Il testo biblico, infatti, incomincerebbe in Mc 6,6b: “Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando”. Si tratta di un versetto che presenta Gesù come modello dei dodici in missione. La Liturgia ha scelto di non riportarlo (lo ha collocato come conclusione del testo precedente: Mc 6,1-6) e ha inventato un incipit più chiaro rispetto a quello originale: “Chiamò a sé i Dodici…” // “In quel tempo Gesù chiamò a Sé i Dodici…”. Il brano di Mc 6,7-13 è strettamente legato al brano di Mc 3,13-19. Tutti e due i brani iniziano alla stessa maniera: “chiamò a sé” (3,13: proskalèitai // 6,7: proskalèitai). In Mc 3,13-19 si narra la chiamata e l’istituzione dei Dodici. In Mc 6,7-13 si narra l’invio in missione dei Dodici.
2. La nostra formula liturgica è facilmente suddivisibile in tre parti. La prima parte è narrativa (Mc 6,7-9), la seconda è discorsiva (Mc 6,10-11) e la terza parte è ancora narrativa (Mc 6,12-13). Nella prima parte narrativa viene detto come Gesù mandi i suoi discepoli due a due, in una missione breve all’insegna della povertà, con il potere sugli spiriti impuri (demoni pieni di morte che presiedevano alle malattie). Nella parte discorsiva Gesù insegna che il vangelo è una “proposta”, non una “imposizione”. È contemplato anche il rifiuto da parte dei destinatari. Con essi i discepoli non hanno niente da condividere. Nella seconda parte narrativa vengono illustrate le azioni dei missionari: proclamano la conversione, compiono esorcismi, ungono i malati e li guariscono.
L’Esegesi
1. In un’opera intertestamentaria, precisamente nel “Testamento di Levi” 18,12. il sommo sacerdote trasmetteva i suoi poteri sacerdotali ai figli, suoi successori, dando loro “potere sugli spiriti impuri”. Ciò che Gesù fa con i Dodici è la stessa cosa. Egli trasmette i suoi poteri ai discepoli. Dopo la Risurrezione, il Maestro dirà chiaramente: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (cfr Gv 20,21). La missione dei Dodici è composta da quattro azioni: predicare la conversione, scacciare molti demòni, prendersi cura dei malati, ungendoli con olio, e guarirli. La missione, dunque, non va concepita come una missione “spirituale”, ma come una missione totalizzante. Riguarda la salvezza di tutto l’uomo. L’annuncio del vangelo consiste nel far esperimentare che c’è un modo nuovo di rapportarsi con Dio, con la vita, con il Male, con la morte. Tale esperienza aiuta a toccare con mano che esiste un mondo diverso da quello da noi abitato: si tratta del Regno di Dio.
2. La missione dei dodici è fondamentalmente una missione “povera” (niente pane, sacca, denaro; niente due tuniche), e itinerante (sì ai sandali e al bastone). Ciò significa anche che la missione è “breve” e va compiuta con la consapevolezza che è Dio a rendere fecondo il seme gettato. Nella missione, poi, la predicazione evangelica è di tipo familiare (dovunque entriate in una casa) ed è sempre offerta come una proposta, non come un obbligo, senza nessuna insistenza inopportuna. È vero che in 2 Tm 4,2 l’autore sacro scrive: “Annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”. L’insistenza di Timoteo, però, riguarda i già credenti. Il destinatario della predicazione apostolica può rifiutarla. L’apostolo, però, compie un gesto significativo: scuote la polvere dai propri piedi. Il gesto simbolico indica la rottura avvenuta per opera degli uditori refrattari con i quali gli apostoli non hanno più niente da condividere.
3. La missione è descritta in poche parole. Gli apostoli, con la loro predicazione, devono aiutare la gente a cambiare modo di pensare (conversione). Inoltre, sono chiamati a far retrocedere il Male ovunque si annidi. Infine compivano un gesto, comune ai tempi di Gesù, di ungere i malati. Si tratta di un gesto che prelude quanto dice Giacomo in Gc 5,14-15: “Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati”. La guarigione degli malati da parte dei apostoli era un potere straordinario ricevuto da Gesù.
Il Contesto Liturgico
1. La prima lettura (Am 7,12-15) narra il duro scontro tra Amasia, sacerdote responsabile del santuario di Betel, e il profeta Amos. Amasia riteneva che Amos fosse un profeta cultuale (mantenuto dal santuario). Amos risponde di non essere né un profeta cultuale né un discepolo di un profeta. Amos è un uomo libero, chiamato da Dio a profetizzare.
La Colletta propria riassume lo spirito del brano evangelico. La Chiesa è chiamata a confidare nella forza dello Spirito per testimoniare a tutti il vangelo.