Venerdì 27 ottobre tutte le chiese del mondo in preghiera e digiuno per la pace

Dalla storica intuizione di Giovanni Paolo II da cui ebbe inizio lo Spirito di Assisi, alla preghiera per la pace in risposta agli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Passando per papa Benedetto XVI all’impegno costante di papa Francesco. Dalla Siria, al Sud Sudan, fino alla “martoriata Ucraina”. I momenti storici che hanno messo alla prova l’umanità e la voce dei Papi e dei leader mondiali delle religioni per la pace. Perché malgrado la guerra in Ucraina non sia finita e un accordo di pace sembra sempre più lontano, il mondo deve fare i conti con un nuovo conflitto, quello in Medio Oriente, tanto cruento quanto sanguinoso

Venerdì 27 ottobre Papa Francesco ha indetto una giornata di digiuno, penitenza e preghiera per la pace nel mondo. Una data per nulla casuale. Il 27 ottobre del 1986, 37 anni fa, papa Giovanni Paolo II si ritrovava ad Assisi con i leader delle grandi religioni mondiali per dialogare e pregare per la pace. La prima giornata per la Preghiera per la Pace per un mondo a quel tempo schierato su due fronti contrapposti a causa di una pericolosa e terribile “guerra fredda”. C’era bisogno, allora come oggi, di una chiamata all’unità, a riunirsi, nonostante le differenze, per un fine comune. Non c’era mai stato, fino ad allora, un incontro interreligioso di questa portata, per invocare, insieme, la Pace. Un’iniziativa che Papa Giovanni Paolo II volle ripetere nel gennaio del 2002, in risposta agli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. “Nei momenti di più intensa apprensione per le sorti del mondo – diceva il Papa – si avverte con maggiore vivezza il dovere di impegnarsi personalmente nella difesa e nella promozione del fondamentale bene della pace”.

Ma il papa polacco non è stato l’unico Pontefice a promuovere, nella Chiesa, giornate di preghiera e digiunoBenedetto XVI, a 25 anni dallo storico incontro di Assisi, con i leader di diverse confessioni cristiane e i fedeli di diverse religioni, si fece con loro pellegrino nella terra del santo assisiate per “rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio alla causa della pace”. Quel 27 ottobre del 2011 erano presenti ad Assisi il patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo I, il primate anglicano Rowan Williams, il rabbino David Rosen.

Fin dall’inizio del suo Pontificato, Papa Francesco ha sempre avuto un’attenzione particolare per le difficoltà e i problemi vissuti dal popolo in alcune parti del mondo. Più volte ha utilizzato Giornata della Preghiera per la Pace come momento di richiamo. Il 7 settembre del 2013 (era papa da neanche sei mesi) convoca in San Pietro i fedeli ad una veglia di preghiera per “invocare da Dio il grande dono della pace per l’amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di conflitto e di violenza nel mondo”.“L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace! Chiedo a tutte le Chiese particolari che, oltre a vivere questo giorno di digiuno, organizzino qualche atto liturgico secondo questa intenzione”.

Per celebrare poi il trentesimo anniversario della prima Giornata per la Preghiera per la Pace di Assisi, Francesco ritorna nella piccola cittadina umbra per invocare ancora una volta “PACE” per il mondo. Con lui in piazza pregano Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli; Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia; Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e Primate della Chiesa di Inghilterra; Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma; Abbas Shuman, vice presidente dell’Università Al-Azhar. Era il 27 ottobre del 2016.

Per Papa Francesco, l’invocazione della pace passa anche attraverso gesti unici e impensabili. Come quello che compie a casa Santa Marta l’11 aprile del 2019, a conclusione di un ritiro spirituale di due giorni per la pace in Sud Sudan. Dopo aver chiesto “come fratello” ai leader del Sud Sudan di “rimanere nella pace”, Francesco con visibile sofferenza si inchina e bacia i piedi del presidente della Repubblica del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, e dei suoi due vice presidenti designati presenti, tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabio.

“Andate avanti – dice poi con voce affaticata ma ferma –, ci saranno problemi, ma occorre andare avanti. Voi avete avviato un processo: che finisca bene. Ci saranno lotte fra voi, ma anche queste siano dentro l’ufficio: davanti al popolo le mani unite”.

Infine, forse il gesto più significativo ed eloquente. Siamo nel 2020. Il mondo è in ginocchio a causa della pandemia causata dal virus Covid-19. I numeri dei morti aumenta ogni giorno, e la curva dei contagi continua a salire. È il 27 marzo. In una piazza San Pietro spettrale, solo, papa Francesco accompagnato soltanto dal rumore della pioggia, davanti a un antico crocifisso miracoloso – quello che fece fermare la pestilenza a Roma nel XVI secolo – invoca da Dio la fine del nuovo flagello. Nel suo discorso, citando il Vangelo di Marco ricorda al mondo che “come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa.

Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.”(Foto Vatican Media/SIR)

Il resto è roba dei nostri giorni. Un nuovo conflitto nasce in Europa: la Russia attacca l’Ucraina il 14 Febbraio del 2022. La tensione sale e per rispondere all’ondata di paura e sconcerto che attanaglia il mondo, il 25 marzo dello stesso anno, papa Francesco convoca di nuovo la chiesa in Piazza San Pietro per consacrare la Russia e l’Ucraina al cuore immacolato di Maria. La stessa cerimonia si celebra contemporaneamente a Fatima dal Cardinale Konrad Krajewski. Nelle sue parole un monito da non dimenticare. “Abbiamo dimenticato – dice sofferente – la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di morti nelle guerre mondiali”.

Ed eccoci ad oggi: 27 Ottobre 2023. Malgrado la guerra in Ucraina non sia finita e un accordo di pace sembra sempre più lontano, il mondo deve fare i conti con un nuovo conflitto, quello in Medio Oriente, tanto cruento quanto sanguinoso. Ancora una volta c’è bisogno di rispondere presente ad una nuova richiesta di pace, di ascolto, di preghiera. Papa Francesco torna al significato originale della Giornata della Preghiera per la Pace: ricordare agli uomini che nonostante le differenze culturali, ideologiche dobbiamo sempre tendere alla Pace e alla risoluzione del conflitto: “Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace”.

(*) in collaborazione con Martina Anile