Domenica 5 marzo, commento di don Renato De Zan

Non conosciamo l’alto monte dove Gesù condusse i suoi discepoli. La consuetudine dice il Tabor, ma non siamo sicuri. Segue il momento della Trasfigurazione dove Gesù appare con le caratteristiche del Risorto, circondato di luce

Mt 17,1-9

In quel tempo, 1 Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3 Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. 5 Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. 6 All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7 Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. 8 Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. 9 Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.

Il Testo

1. C’è una certa differenza tra la pericope evangelica e la formula liturgica del vangelo. L’incipit della pericope evangelica dice: “Sei giorni dopo…”, alludendo all’esperienza di Mosé in Es 24,16: “La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube”. E poi avvenne la Teofania. Probabilmente l’espressione dell’evangelista (“Dopo sei giorni”) manifesta l’intenzione di collocare in parallelo equivalente Teofania (di Yhwh a Mosé) con la Trasfigurazione (di Gesù ai tre discepoli). La Liturgia taglia tale espressione e, quindi, fa cadere l’equivalenza Teofania-Trasfigurazione. Al suo posto pone l’incipit solito “In quel tempo..”, senza alcun valore teologico.

2. Il testo della formula liturgica è suddivisibile, sotto il profilo narrativo, in quattro parti. La prima (Mt 17,1) e la quarta (Mt 17,9) formano una inclusione (“v. 1: “li condusse su un alto monte” // v. 9: “Mentre scendevano dal monte..”. All’interno c’è la scena dalla Trasfigurazione (Mt 17,2), seguita dalla scena dell’apparizione di Mosè ed Elia (Mt 17,3-4). Troviamo infine, la scena della nube e della voce celeste (Mt 17,5-7), che costituisce l’apice della Trasfigurazione.

L’Esegesi

1. e(“il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”). C’è un esplicito richiamo alla divinità di Gesù. I discepoli sono chiamati a ricordare questa esperienza di gloria, quando vedranno il maestro sfigurato dalla sofferenza della croce. La croce – necessaria nei piani di Dio – non è però l’ultima parola su Gesù e neppure su di noi. Il dialogo successivo tra Mosé, Elia e Gesù ha diversi significati. Due sono i più importanti. L’AT dialoga con il Nuovo. Le profezie messianiche dell’AT si adempiono nella persona di Gesù. L’intervento di Pietro non viene giudicato da Matteo, ma Luca dice che Pietro “non sapeva quello che diceva” (Lc 9,33).

2. Il momento dedicato alla nube e alla voce celeste è il più importante. La nube indica nell’esperienza biblica una presenza particolare di Yhwh, il Padre, quando Dio vuole dialogare con gli uomini. La voce del Padre offre la chiave interpretativa della formula evangelica (non della pericope): “Ascoltatelo”. In greco il verbo “akùo” traduce l’ebraico “šama’”. Il significato non è solo “ascoltare”, ma anche “udire, comprendere, memorizzare, fare proprio e obbedire”. Per un lettore occidentale tutto ciò potrebbe indicare l’ascolto del messaggio di Gesù attraverso la sua predicazione. Non è esattamente così. Il Padre sta chiedendo di ascoltare la persona del Figlio

3. Cosa significa ascoltare la persona del Figlio? Già in Dt 6,4 era stato detto al popolo ebraico: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,4-5). Nella prima frase c’è la sintesi della fede biblica, mentre nella seconda c’è il fondamento della morale. Il Padre, dicendo: “Ascoltatelo”, fa di Gesù la fede dei discepoli e la morale dei discepoli. Il discepolo, perciò, si rapporta a Dio, alla vita, alla morte come Gesù e come Lui sceglie di comportarsi.Il Contesto Liturgico

1. La Colletta generale offre il criterio interpretativo della formula vangelica: “O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio…”: Il tema viene ripreso sia dal versetto prima del vangelo sia dall’antifona di comunione. Anche la Colletta propria, nella petizione, riprende lo stesso tema: “Aprici all’ascolto del tuo Figlio” per essere con lui trasfigurati.

2. La prima lettura (Gen 12,1-4a) presenta la vocazione di Abramo, il quale ascolta la voce di Dio e parte verso quella terra che il Signore gli indicherà: “Allora Abramo partì come gli aveva ordinato il Signore” (Gen 12,4a). Inizia così la storia della salvezza. Nella seconda lettura (2Tm 1,8b-10) lo scrittore sacro fa cenno alla “vocazione santa” che il Vangelo traduce nell’ascolto della persona del Signore.