Domenica 19 febbraio, commento di don Renato De Zan

Voi sarete perfetti come è perfetto il Padre

19.02.2023 –  7° domenica del Tempo Ordinario – A

 

Mt 5,38-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « 38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39 Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40 e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41 E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42 Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. 43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44 Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45 affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46 Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

 

Il Testo

 

1. La formula biblica di Mt 5,38-48 è la conclusione della formula evangelica letta la scorsa settimana (Mt 5,17-37). La Liturgia ha aggiunto alla pericope biblica l’incipit che chiarisce chi sia il mittente e chi il destinatario: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli”. La struttura del testo della formula è molto semplice. Ci sono due affermazioni su ciò che fu detto (“Avete inteso che fu detto”: Mt 5,38.43) seguite immediatamente in tutte e due le volte dall’espressione: “Ma io vi dico” (Mt 5,38-42.43-47). Il tutto è chiuso dalla conclusione di Mt 5,48 (“Voi, dunque, siate perfetti…”).

 

2. Su quest’ultima conclusione c’è da fare una osservazione. Nel testo greco non c’è un congiuntivo esortativo, ma un futuro (èsesthe). Il testo, perciò, andrebbe tradotto in quest’altro modo: “Voi, dunque, sarete perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Non è un comando, ma è una promessa. L’autore della prima lettera di Giovanni, infatti, dice: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2). Chi ha tradotto con il congiuntivo esortativo ritiene che dietro al testo greco ci sia un “yqtol” ebraico (è la forma con cui vengono espressi  i comandamenti). Si tratta di una ipotesi. Il tempo futuro del greco, invece, non è una ipotesi. È un dato. Il concetto è chiaro: la perfezione del Padre è l’obiettivo al quale il cristiano verrà portato. Ciò sta a dire che il cristiano non è mai “arrivato”, ma è sempre in cammino, è sempre orientato verso questa meta ideale. Si tratta, perciò, di un’imitazione che non ha mai fine. L’essere perfetti in Gesù è una promessa che si avvererà quando saremo con lui (cf 1Gv 3,2).

 

L’Esegesi

 

1. Lamech, aveva detto: “ Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino ma Lamech settantasette” (Gen 4,23b-24). Al Sinai c’è un passo avanti: “Pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido” (Es 21,23b-25). Durante l’esodo, il popolo ebraico fa un ulteriore passo avanti: “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore” (Lev 19,18). Sicuramente c’è un progresso. Il cammino è lungo: dalla vendetta fondata sulla prevaricazione (Lamech) alla restituzione del male subito (occhio per occhio) fino a giungere, almeno tra ebrei, alla rinuncia della vendetta.

 

2. In Es 21,23- 25 la Legge di Mosè prescrive che “Se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido”. Gesù si rifà a questa legge e la supera. Nella esemplificazione che segue il Maestro adopera il genere letterario del paradosso. Questo lo sappiamo perché quando Gesù venne schiaffeggiato non porse l’altra guancia, ma reagì in un modo diverso: “Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»” (Gv 18,22-23). La risposta non è, dunque, “occhio per occhio”. La ricerca del vero è la reazione cristiana alla violenza.

 

3. Il cristiano non fa differenza di persone: è chiamato ad amare tutti, amici e nemici. Certamente questo amore non ha niente a che fare con il sentimento. Non si crea né si impone un sentimento. Non si può obbligare nessuno ad amare. Gesù non si riferisce, dunque, a un sentimento amorevole, ma si riallaccia a un atteggiamento interiore che ha Dio come modello, il quale “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Chi segue questa strada – secondo la promessa del Maestro – riceverà alla fine della vita il dono di essere “simili” a Dio.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. la formula eclogadica (fatta con versetti scelti) della prima lettura (Lv 19,1-2.17-18) è una anticipazione di quanto dirà Gesù. L’orizzonte del Levitico è solo l’amore dell’ebreo per l’ebreo. L’orizzonte di Gesù è universale.