L'Editoriale
Dal Bambino al Risorto
Le immagini delle esequie di Joseph Ratzinger hanno avuto il pregio di riassumere in un unico colpo d’occhio tutta la sua parabola di vita. I confini sono stati gli stessi di piazza san Pietro che, nei giorni ancora immersi nelle festività natalizie, si apriva con il presepe di Sutrio coronato dal Bambino deposto nella mangiatoia e si chiudeva sul lato opposto con la grandiosa facciata della Basilica adornata, per il rito funebre, dal grande drappo con l’immagine del Risorto. E proprio lì, tra il Bambino e il Risorto, ma ad un passo da quest’ultimo, il feretro con le spoglie mortali del papa emerito Benedetto XVI, all’ultimo atto della sua presenza in questa vita tra noi.
Le immagini delle esequie di Joseph Ratzinger hanno avuto il pregio di riassumere in un unico colpo d’occhio tutta la sua parabola di vita. I confini sono stati gli stessi di piazza san Pietro che, nei giorni ancora immersi nelle festività natalizie, si apriva con il presepe di Sutrio coronato dal Bambino deposto nell’umile mangiatoia e si chiudeva sul lato opposto con la grandiosa facciata della Basilica adornata, per il rito funebre, dal grande drappo con l’immagine del Risorto. E proprio lì, tra il Bambino e il Risorto, ma ad un passo da quest’ultimo, il feretro con le spoglie mortali del papa emerito Benedetto XVI, all’ultimo atto della sua presenza in questa vita tra noi.
Come la piazza anche i suoi giorni si sono snodati dal Bambino all’incontro ultimo, impegnati e consumati nello studio, nel sacerdozio, nella preghiera, nella scrittura per molta parte centrata su quel Gesù Cristo a cui ha donato mente, cuore, libri, vita intera. Lo scorso cinque gennaio, giorno delle esequie, i confini della piazza hanno davvero racchiuso e rappresentato quelli della sua stessa anima non meno di quelli dei suoi giorni: lui, bambino in una cittadina agricola e uomo assurto a capo della cristianità.
Papa Francesco, maestro di attenzioni, dopo un’omelia dal registro elevato – lui che di solito arriva con immediatezza di linguaggio ai fedeli – non poteva trovare parole più belle per l’addio al mondo del papa emerito, grondanti affetto fraterno e condivisa fede: “Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la Sua voce!”.
Una voce di pace, quella del Signore, dopo quella confusa e troppe volte accusatrice del mondo, che lo ha elogiato da morto come contestato da pontefice. Dal Bambino al Risorto anche lui è passato attraverso l’esperienza della croce. Lungo i quasi sette anni di papato scandali di varia natura hanno turbato i suoi giorni: interni al Vaticano (Vatileaks) o al clero (pedofilia); scandali non sono mancati anche dopo la rinuncia al pontificato.
Troppe volte la sua mitezza ha fatto di lui un agnello da sacrificare: dal discorso mal compreso di Ratisbona a quello mai pronunciato alla Sapienza -rifiutato dagli studenti-, dalle accuse più roboanti al pettegolezzo volto a gettare ombre, quel bieco chiacchiericcio contro il quale anche Francesco si è espresso duramente.
La stessa presenza di due papi ha nutrito la bocca mai sazia di calunniatori in vigile attesa di crepe e malumori in quella che si è invece dimostrata un’affettuosa convivenza di cui cuori intelligenti, testimoniata dal fermo immagine di un Francesco affaticato e incerto nel passo ma con la mano posata sul legno della bara avviata alla sepoltura, ultima carezza a chi, in modo del tutto nuovo, ha vissuto con lui i giorni da pontefice. Entrambi anomali, entrambi assenti dalle stanze vaticane, entrambi guide di una chiesa che nel corso delle esequie – coperto il cupolone da un’insolita nebbia – è stata quella dei cuori palpitanti nella piazza, gremita di concelebranti, sacerdoti e fedeli.
Il cardinale Ratzinger, poi papa Benedetto, ha conosciuto la durezza del mondo: lui che parlò di lupi e di sporcizia nella Chiesa, lui che invocò la forza di agire nel nome di quel Dio a cui aveva votato tutto se stesso. Consapevole, come dichiarò l’11 febbraio di dieci anni fa, che per l’età avanzata le sue forze non erano più adatte “per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”, scelse il ritiro e il silenzio di fronte a un mondo bramoso di beni e complotti. Anello di congiunzione tra un amatissimo Giovanni Paolo II e un empatico Francesco, venuto dalla sua rinuncia: un fatto inedito nella storia moderna, dettato da una vita spesa all’insegna della Verità.
Dopo allora Benedetto ha vissuto ritirato dal mondo, mettendo al centro di tutto – come si fa in ogni monastero – la Fede e il suo esercizio. Una fedeltà a Dio ben compresa dalla gente e premiata dall’omaggio alle sue spoglie di duecentomila fedeli in tre giorni.
Dopo l’addio al papato, l’indimenticabile volo in elicottero sopra la città eterna e l’immagine carismatica del portone che si chiuse segnarono un confine rimasto non valicato: non scappò dal mondo, piuttosto escluse il mondo dal suo rapporto fedelissimo e intimo con Colui al quale ha dedicato anche le sue ultime parole: “Signore, ti amo”. Alla fine dei suoi giorni di fede e di sofferenza, tra silenzio, preghiera e studio, Benedetto deve aver trovato la sua pace. Quella pace adesso può dirsi perfetta come la sua gioia: ora che vive al cospetto di Colui che più di ogni cosa al mondo ha amato.