Commento al Vangelo
Domenica 14 agosto, commento di don Renato De Zan
“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?”: parole forti, ma anche ben argomentate. Gesù, infatti, non è venuto a portare sulla terra quella pace che livella tutti gli uomini su un piano minimale di valori condivisi. Lo “shalom” che Gesù risorto offre ai suoi discepoli è la realizzazione dell’uomo secondo il pensiero di Dio. Chi accetta questo, sceglie di andare oltre Adamo e di ricomporre il dialogo con Dio.
14.08.2022 – 30a T.O.-C
Lc 12,49-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra
Tematica liturgica
1. Sicuramente le parole di Gesù non hanno nessuna caratteristica tipica degli zeloti del suo tempo. Il fuoco di cui parla Gesù è un fuco particolare che riguarda il giudizio di Dio e non la rivoluzione politca. A una prima lettura il testo evangelico di Lc 12,49-53 appare strano e anche un po’ scoordinato. Andando per ordine le cose diventano più chiare. Nel mondo ebraico, il fuoco indica spesso la presenza di Dio nella storia dell’uomo (cf Gen 15,17; Nm 9,15; ecc.), altre volte manifesta il giudizio di Dio (cf Sal 106,18), altre volte ancora simboleggia la purificazione nel credente (cf Is 48,10). Questa mentalità passa nel Nuovo Testamento per indicare in modo particolare il giudizio di Dio (cf Lc 17,29) e, di conseguenza, il castigo eterno (cfr Ap 16,8: 18,18; ecc.). Indica anche la salvezza (vangelo di oggi): vediamo come.
2. Se teniamo presente che nella morte di Cristo Dio ha espresso il suo giudizio sugli uomini, facendo sì che i loro peccati venissero assunti ed espiati dal Servo di Yhwh, possiamo comprendere che la morte di croce, dove Gesù sarebbe stato “totalmente immerso” (battezzato), è il momento più alto dove il giudizio di Dio si è espresso a favore degli uomini: “Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!”. Nella croce di Gesù, il fuoco del giudizio si è abbattuto sul peccato, non sugli uomini.
3. Il credente, dunque, è un salvato perché è completamente immerso nell’opera di Dio (battesimo). È diventato una cosa sola con Cristo, è liberato dal debito con Dio, assume la stessa mentalità di Gesù. Di conseguenza, il credente non ragiona più come colui che non crede. Diventa uno non “inglobabile” a causa della sua adesione a Gesù Cristo. E questo può creare divisione. Ed è ciò che Gesù profetizza: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre…”.
Dimensione letteraria
1. Al testo evangelico la Liturgia antepone un incipit consistente: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli”. Il brano di Lc 12,49-53 ha alle spalle una lunga storia. Si tratta, infatti, di due “lòghia” detti da Gesù in circostanze diverse. Il primo “lòghion” (Lc 12,49-50) tocca il tema dell’atteggiamento di Gesù davanti alla sua passione. Il secondo (Lc 12,52-53) presenta il tema dell’incompatibilità tra la mentalità cristiana e qualunque altra mentalità. è quasi impossibile risalire al momento esatto in cui Gesù, storicamente, ha detto questi due “lòghia”. È più facile capire il motivo per cui la comunità di Luca ha ricordato questi “loghia” appaiati.
2. Nel sec. I d.C. c’erano intere famiglie che erano cristiane, ma c’era anche il caso di famiglie pagane in cui c’era uno o due componenti cristiani. È ovvio che il cristiano, avendo come riferimento dei valori che i pagani non avevano, operava scelte che i pagani non potevano capire. Di qui la divisione nella famiglia: “D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”.
Riflessione esegetico-liturgica
1. “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?”: parole forti, ma anche ben argomentate. Gesù, infatti, non è venuto a portare sulla terra quella pace che livella tutti gli uomini su un piano minimale di valori condivisi. Lo “shalom” che Gesù risorto offre ai suoi discepoli è la realizzazione dell’uomo secondo il pensiero di Dio. Chi accetta questo, sceglie di andare oltre Adamo e di ricomporre il dialogo con Dio.
2. Chi testimonia i valori di Dio o chi parla in nome di Dio sa che non può essere sempre pacificamente accettato. La figura del profeta Geremia ne è un esempio significativo. Nella prima lettura (Ger 38,4-6.8-19). Il profeta non solo non viene ascoltato, ma viene fatto tacere a forza, respinto e imprigionato (calato in una cisterna). Geremia anticipa la sorte di Gesù e di ogni credente.
3. “O Dio, che nella croce del tuo Figlio riveli i segreti del cuori”: queste parole dell’amplificazione dell’invocazione della Colletta propria evidenziano un concetto forte. Davanti alla croce l’umanità si divide. Chi accetta la persona di Gesù sa scorgervi un segno fortissimo di dedizione e di amore, un segno di salvezza e di bontà di Dio per gli uomini. Chi non accetta la persona di Gesù vi vedrà la fine di un sognatore, la crudeltà di Dio, l’insensatezza della fedeltà alla propria missione e quant’altro. La croce di Cristo resterà sempre un segno di contraddizione per ogni uomo.