Commento al Vangelo
Domenica 10 luglio, commento di don Renato De Zan
Noi siamo soliti parlare di “parabola del buon samaritano”, perpetuando un uso che viene dalla lingua semitica, dove il termine “mashàl” (= parabola) serviva per indicare la parabola, il racconto esemplare, il proverbio, il detto sapienziale, ecc. A livello letterario le cose stanno diversamente. La parabola provoca nel destinatario un giudizio con il quale, inconsapevolmente, giudica se stesso. Il racconto esemplare, invece, propone solo un esempio da imitare (“Va' e anche tu fa' così”).
2022.07.10. 15° TO-C
Lc10,25-37
In quel tempo,
Va’ e anche tu fa’ così
Tematica liturgica
1. Nel vangelo di Luca due sono i personaggi che pongono a Gesù la stessa domanda: “Maestro (buono), che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Si tratta di un dottore della legge in Lc 10,25 (vangelo di oggi) e di un giovane ricco in Lc 18,18. Al primo Gesù propone la strada dell’amore verso Dio, il prossimo e se stessi. Al secondo Gesù propone prima l’osservanza dei comandamenti e successivamente il discepolato.
2. Purtroppo il dottore della legge pone la domanda con malizia (“per metterlo alla prova”) e il secondo da una posizione inconciliabile con il possibile discepolato (“era molto ricco”): Le risposte di Gesù furono infruttuose per allora, ma non per oggi. Oggi sappiamo che cosa fare per avere la vita eterna: amare ed essere discepoli, staccati dalle ricchezze.
3. Nella risposta di Gesù al dottore della legge c’è l’acutezza del rabbino. Gesù non dà la risposta, ma a sua volta pone una domanda in modo che sia il dottore della legge a darsi una risposta. Si tratta di una risposta che ogni buon ebreo poteva darsi, senza essere dottore della legge. Per questo motivo il dottore della legge non vuol fare la figura dell’ingenuo e chiede a Gesù chi sia il suo prossimo.
4. La parabola proposta da Gesù costringe il dottore della legge a cambiar la formulazione della sua domanda. Non bisogna chiedersi “chi è il mio prossimo?”, ma “io prossimo di chi sono?”. Non è importante la carta d’identità dell’altro (è italiano o non è italiano, è veritiero o è falso, è… oppure è…?). è importante la mia carta d’identità: se Dio mi ha messo sulla strada di questo (vero) bisognoso, io per questo (vero) bisognoso cosa posso fare?
Dimensione letteraria
1. Il testo evangelico di Lc 10,25-37 inizia con l’espressione “Ed ecco…”. Si tratta di un modo narrativo per separare il brano da ciò che lo precede. Luca, dunque, vuole iniziare un nuovo episodio. La Liturgia sopprime l’espressione originale e la sostituisce con il classico incipit: “In quel tempo”. Per il resto, la pericope biblica e la formula evangelica liturgica sono uguali.
2. La formula evangelica è scandita i tre momenti letterari. Il primo (Lc 10,25-29) presenta il dialogo tra il dottore della legge (che vuole mettere alla prova il Maestro) e Gesù. Qui si trova la domanda che muove l’azione: “E chi è mio prossimo?”. Segue (Lc 10,30-35) il racconto esemplare del Buon Samaritano. Il terzo momento (Lc 10,36-37) presenta ancora un dialogo tra Gesù e il dottore della legge dove la domanda iniziale viene rovesciata: “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”.
Riflessione esegetico-liturgica
1. Noi siamo soliti parlare di “parabola del buon samaritano”, perpetuando un uso che viene dalla lingua semitica, dove il termine “mashàl” (= parabola) serviva per indicare la parabola, il racconto esemplare, il proverbio, il detto sapienziale, ecc. A livello letterario le cose stanno diversamente. La parabola provoca nel destinatario un giudizio con il quale, inconsapevolmente, giudica se stesso. Il racconto esemplare, invece, propone solo un esempio da imitare (“Va’ e anche tu fa’ così”).
2. Nelle parole di Gesù ci sono diverse sfumature da cogliere, ma due sono le più importanti. La prima riguarda la relatività della legge di fronte ai bisogni essenziali della persona. Il sacerdote e il levita osservano la legge (non toccano l’impuro), ma non i bisogni essenziali della persona. Il samaritano, che aveva una legge simile a quella ebraica, sa valutare: prima la persona, poi la legge.
3. La seconda sfumatura importante è la figura del samaritano. Egli è “nemico” degli ebrei e gli ebrei gli sono nemici. Eppure è il samaritano ad accudire al mercante “mezzo morto”. L’ironia sottile di Gesù non ha limiti. Egli propone al dottore della legge il samaritano come esempio: nel cristianesimo ogni realtà buona, da qualunque origine provenga, ha diritto pieno di ospitalità perché per il cristianesimo non ci sono nemici. L’unico nemico del cristianesimo è il male.