L'Editoriale
La vista lunga di Francesco
“Occorre ri-animare l’economia”: parole di papa Francesco e non di statisti preoccupati dagli effetti disastrosi del Covid sul Pil. Parole scritte molto prima di questi angosciati giorni - in cui il virus funesta vite e imprese - in una lettera del maggio 2019 indirizzata “ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici ditutto il mondo” con la quale li invitava all’evento: The Economy of Francesco.
“Occorre ri-animare l’economia”: parole di papa Francesco e non di statisti preoccupati dagli effetti disastrosi del Covid sul Pil. Parole scritte molto prima di questi angosciati giorni – in cui il virus funesta vite e imprese – in una lettera del maggio 2019 indirizzata “ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici ditutto il mondo” con la quale li invitava all’evento: The Economy of Francesco.
La dottrina sociale è figlia della Chiesa, ma un evento come quello che si è tenuto ad Assisi tra il 19 e il 21 novembre è di portata quasi rivoluzionaria quanto a modus operandi: ha infatti messo al centro l’ascolto di studi e proposte di economisti under 35 provenienti da 115 paesi del mondo, ai cui interventi si sono alternati quelli dei guru dell’economia come Vandana Shiva, Muhammed Yunus, Mauro Magatti, Juan Camilo Cardenas, Sr. Cécile Renouard (e tanti altri ancora). Il tutto inseguendo, in streaming, il filo rosso del tema: “I giovani, un patto, il futuro”.
L’obiettivo non poteva essere che ambizioso: cambiare il mondo in meglio, ri-animando l’economia. Ovvero, immettendo in essa un’anima. Il papa sogna, spera e spinge per un’economia che, oltre ai numeri e ai tornaconti, sia attenta e ponga al centro l’uomo. Lo ha ben sottolineato nel suo messaggio finale, sabato 21: “Da una crisi non si esce mai uguali: usciamo meglio o peggio”. E saremo sulla strada del meglio nella misura in cui sapremo costruire un futuro condiviso, attento all’altro, alla casa e al bene comune. Non c’è meglio che non sia inclusivo, che sappia abbracciare – non solo con la carità occasionale – i poveri, i fragili e quegli scartati che tanto stanno a cuore a Francesco proprio perché messi da parte e resi invisibili dal sistema delle economie forti che domina il mondo.
Per avviare questo sogno il papa ha sentito la necessità di rivolgersi a coloro che disegneranno il mondo di domani e che già si sono dimostrati sensibili ai temi ambientali. Ad essi ha affidato una missione precisa: “Voglia il Cielo che alla fine della pandemia non ci siano più ‘gli altri’ ma che impariamo a dire ‘noi’. Un noi grande, non un noi piccolino”. Ciascuno dovrà fare la sua parte: “Non temete di coinvolgervi… di abitare coraggiosamente i conflitti e i crocevia della storia”.
The Economy of Francesco è stato davvero un sorprendente e innovativo evento, nel quale i giovani hanno ascoltato ma hanno anche manifestato i loro desideri per un mondo in cui ambiente, acqua, risorse energetiche e risposte sanitarie siano equamente divise; giovani consapevoli di fragilità e disuguaglianze ma desiderosi di svoltare e disegnare un futuro prossimo in cui uomo e ambiente si relazionano, rispettandosi.
Utopie? Ai nostri occhi sì. Rispetto agli odierni panorami di ciminiere, ai dati sullo smog, a un mondo di sfruttatori e di sfruttati sì. Ma non si vive di passato, tanto più quando questo presenta il conto di un pianeta malato, di siccità e carestie figlie di azioni di rapina e non di inappellabili fatalità, di povertà e diseguaglianze dilaganti (l’1% della popolazione è due volte più ricco di 6,9 miliardi di persone).
“Tutto è intimamente connesso” aveva scritto nel 2015 Francesco nella Laudato Sì: un concetto compreso nel tempo, che il Covid ha ulteriormente palesato.
Oggi, per portare avanti il suo grande obiettivo, il papa ha cercato alleati fidati nei giovani, capaci dei sogni più nobili e non lontani dalla visione della The Economy of Francesco: “Un’economia diversa, che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda” (dalla lettera d’invito, maggio 2019).
Cantava Guccini: “Un vecchio e un bambino si presero per mano…”. E così è ancora: c’è una sintonia tra Francesco e una parte giovane del mondo, una sintonia green che Francesco ha mutato in ecologia integrale, fondandola sulla radice solida ed escatologica del Vangelo.
Sì, può sembrare davvero solo un grandissimo sogno e il papa lo sa. Ribadendo che la tre giorni è stata non un punto d’arrivo ma la spinta iniziale, ha voluto infatti concluderla con queste parole: “Lo sviluppo umano integrale non è un sogno: è la strada… Nessuno si salva da solo: abbiamo bisogno gli uni degli altri per dar vita a questa cultura economica, capace di far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani e ispiri ai giovani – tutti i giovani nessuno escluso – la visione di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo”.