L’Europa al bivio

 Le decisioni dei prossimi giorni sono tanto importanti per l'Unione Europea: ne va della salute economica di ogni singolo Stato membro. Ma ne va anche del futuro dell'Unione che è a un bivio: i cartelli dicono aiuti o non aiuti, ma significano anche futuro solido o futuro incerto, futuro con o futuro senza l’Ue.

Ideata, voluta, fondata e oggi, da una parte non trascurabile di italiani, volentieri affondata. Questa è la parabola discendente dell’Europa che il Covid 19 mette alla prova come molte delle nostre certezze previrus. A metà luglio, tra il 16 e il 17, si riunirà il Consiglio europeo per la stretta finale sul Recovery Found e sul bilancio 2021-2027. Sarà la prova delle prove.

Si era partiti a marzo, in piena pandemia per l’Italia, con i toni poco concilianti della prima dichiarazione di Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (Bce), riguardo la non disponibilità all’acquisto dei debiti degli Stati in difficoltà.

Si è poi passati alle posizioni ostili dei paesi frugali (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia) favorevoli alla solidarietà con i paesi più colpiti (Italia e Spagna, le nazioni che hanno il debito pubblico più alto, rispettivamente al 135% e 95% del proprio Pil) ma al contempo, contrari alle sovvenzioni a fondo perduto (alle quali preferirebbero elargizioni garantite dai paesi riceventi tramite impegni di riforme).

L’ultimo incontro, il 19 giugno, si è chiuso con una Germania ancora scettica circa i prestiti, un’Italia speranzosa (Conte e Gentiloni) riguardo un favore crescente al piano di sostegno e un presidente di Consiglio europeo impegnato ad elaborare la grande mediazione tra le diverse posizioni. Fino al 30 giugno questo ruolo era del belga Charles Michel, dal 1° luglio è passato ad Angela Merkel, nuovo presidente di turno.

Sul piatto c’è lo strumento per la ripresa, quel Recovery Found ribattezzato New Generation Ue, presentato dalla Commissione europea il 27 maggio: un piano pesante 750 miliardi di euro, di cui 500 in trasferimenti e 250 in prestiti, che premierebbe Roma con 70 miliardi di euro (per la metà come prestiti a fondo perduto).

Ora siamo al momento cruciale: l’Italia spinge per una approvazione entro l’estate (ha bisogno di dare a risposte concrete e tangibili risorse alle categorie economiche in maggiore difficoltà), mentre la Germania ipotizza il via libera agli aiuti dal 2021, salvo un piccolo anticipo entro il 2020. L’attesa per il prossimo appuntamento è quindi grande, dato che come ha scritto l’ex premier Mario Monti: “L’Europa decide la più grande operazione di solidarietà della sua storia (Corriere della sera, 1° luglio 2020).

Anche se è onesto ammettere le facili amnesie riguardo quanto fa l’Unione, in questo frangente non si può dire che sia stata a guardare. Di fronte a una crisi simmetrica (che colpisce tutti i paesi) e non causata da comportamenti finanziari azzardati, per la ripresa economica sono state assunte tre iniziative: crediti, prestiti e linee di credito finalizzate dal valore complessivo di 540 miliardi di euro.

I crediti, fino a 240 miliardi di euro, vengono dal Meccanismo europeo di solidarietà (il tanto discusso Mes sul quale l’Italia si è divisa) e, in via straordinaria, non saranno sottoposti a vincoli di riforme strutturali a garanzia di restituzione.

I prestiti, fino a 200 miliardi di euro, vengono dalla Banca centrale europea per gli investimenti e sono per le Piccole e medie imprese.

Le linee di credito, fino a 100 miliardi di euro, vengono dalla Commissione europea e riguardano misure di sostegno per lavoratori (riduzione di ore lavorate e disoccupazione).

Aiuti indispensabili in piena crisi ma al contempo – trattandosi di prestiti rimborsabili – aiuti che producono come contropartita l’aumento del debito pubblico. Ecco perché sono i paesi con il debito più alto, come Italia e Spagna, ad aver chiesto anche l’emissione di eurobond o coronabond in modo che a sostenere i paesi in difficoltà siano tutte le nazioni aderenti all’Unione: cosa che ridurrebbe il rischio crac di un singolo stato, ma – certo – esporrebbe l’Unione a rischi maggiori.

Per questo le decisioni dei prossimi giorni sono tanto importanti: ne va della salute economica di ogni singolo Stato membro. Ma ne va anche del futuro dell’Unione che è a un bivio: i cartelli dicono aiuti o non aiuti, ma significano anche futuro solido o futuro incerto. Soprattutto, rischiano di voler dire: futuro con o futuro senza l’Ue. E’ sulla solidarietà tra stati che si va decidendo la sua credibilità interna e mondiale.