Viaggio nei libri /3 La peste a Milano ne i Promessi Sposi di Manzoni

"In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo... Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome" (A. Manzoni, I Promessi Sposi"

A chi in questi giorni di pandemia non sono riaffiorate alla mente le celebri pagine dei Promessi sposi scritte con maestria, e umanità al contempo, da uno dei più grandi letterati italiani, Alessandro Manzoni?Alla peste il Manzoni dedica due capitoli di carattere prettamente storico. Seguono quelli che vedono i protagonisti dell’opera a contatto con la peste. Sono pagine da riprendere in mano. Le abbiamo studiate nel nostro percorso scolastico. Le hanno studiate i nostri nonni e genitori. Quattro edizioni ne ho scoperte in casa, a partire da quella del nonno, datata 1895, con illustrazioni di Giacomo Campi (Milano 1846/1921).

LA PESTEA MILANORileggiamole e ricorderemo. Due capitoli Manzoni li dedica alla descrizione di come a Milano sia stato vissuto “l’arrivo della peste”. Capitoli densi di riferimenti storici, in cui si affronta l’atteggiamento tenuto dalle autorità nei confronti di quella peste “che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese… c’era entrata davvero come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia”.A Milano non si voleva credere alla peste, circolavano voci sulle febbri maligne, sull’esasperata ricerca del soldato italiano al servizio di Spagna che era entrato a Milano portando il contagio, quelle sugli untori.Intanto si continuava a morire e il lazzaretto si affollava sempre più. “In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo… Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente peste senza dubbio, e senza contrasto”. Poi la grande processione per la città portando il corpo di San Carlo.Ma il contagio continua per il grande assembramento di popolo.

LA PESTE E I PROTAGONISTISeguono i capitoli più belli “se così possiamo definirli”, quelli che descrivono la peste vissuta tra la gente e i protagonisti dei Promessi sposi. Difficile fare una scelta.Ricordiamo Don Rodrigo che, nonostante i suoi soldi, non può essere curato dal “Chiodo chirurgo” perché il “fedele” Griso ha capito e chiama i monatti, gli addetti che avevano il compito di raccogliere i cadaveri dalle strade o dalle case e portarli alle fosse comuni. Avevano già avuto la peste e portavano al piede un campanello per segnalare la propria presenza.Il “fedele” Griso si impossessa dei soldi di don Rodrigo toccando i panni del padrone…”andò in mano de’ monatti, lo spogliarono di ogni bene, lo buttarono su un carro dove spirò prima di giungere al lazzaretto”.La morte uguaglia tutti vuol dirci il Manzoni, ricchi e poveri, gente e scaltri. Come non ricordare in tutto quell’andirivieni di carri trascinati dai monatti per una Milano silente, dove la poca gente cammina al centro delle strade e i signori escono da soli a far la spesa senza servitù, la celebre scena che apparve agli occhi di Renzo Tramaglino, giunto in città da Bergamo, guarito dalla peste?Milano, Bergamo nomi di città che sentiamo continuamente pronunciare in questi giorni dai media.

CECILIA”Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci e veniva verso il convoglio(dei monatti) una donna…portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta, ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio…”No, devo metterla io sul carro, prendete. E diede un sacchetto con soldi al monatto. Addio Cecilia! Riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri…Voi passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola… Rientrò in casa e s’affacciò alla finestra, tenendo in collo un’altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Si stese a letto con la piccina accanto per morire insieme, come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte le erbe del prato”.

PADRE CRISTOFOROE I MEDICI OGGIE come non ricordare padre Cristoforo che con tutti gli altri frati ci ricordano le migliaia di operatori sanitari e volontari attivi oggi in Italia al tempo del Coronavirus, e nel lazzaretto chiede al Signore di finire i suoi giorni in servizio del prossimo, di quel prossimo che aspetta che il frate parli del perdono di Dio.