I cento alberi e le cento piazze

Dal sogno di uno una conquista per tutti: cos'è se non questa la forza antica della speranza operosa che si fa conquista? Succedeva ieri, è successo ancora oggi con Greta che ha infiammato i giovani di entusiasmo in difesa della loro casa comune: la Terra

 C’è una storia che si narra da tempo: quella dell’uomo che piantava gli alberi. Scritta da Jean Giono, racconta di un vedovo che viveva solitario con le pecore e il cane nei pressi del villaggio di Vergons, in una landa poco ospitale della Provenza. Ogni giorno piantava cento ghiande. Anno dopo anno, albero dopo albero, quell’uomo con le sue sole forze, ricco della sua fatica e della sua stramba missione, riuscì a trasformare una zona desolata in una foresta di 11 chilometri, verde di querce, faggi e betulle. Elzéard Bouffier ha piantato alberi dal 1910 ai primi anni ’40, scrivendo con la sua vita un’incredibile favola per adulti. La sua impresa richiamò gente, il paese rinacque e servirono tre guardie forestali per curare il bosco che aveva cresciuto.C’è una storia di oggi non troppo diversa, raccontata da Edoardo Vigna, giornalista del Corriere della Sera. Il protagonista è un uomo indiano del Rajasthan. Nel 2006 l’allora capovillaggio Shyam Sunder Paliwal perse in un incidente la figlia di 16 anni. Viveva a Piplantri, un paese che l’industria del marmo stava trasformando in una cava polverosa percorsa dai camion. Shyam, come cent’anni prima Elzéard, non stette fermo: unì alla sua ferita quella dell’ambiente e decise di ricordare la figlia Kiran piantando un centinaio di alberi. Non solo, da capovillaggio, decise di piantare 111 alberi per ogni bambina nata. Un messaggio due volte coraggioso: contro la deforestazione portata dall’industria e contro un’India di bambine senza scuola, di spose bambine e di aborti selettivi. Fece anche in modo che il villaggio costituisse un piccolo fondo per ogni neonata. Doppio il risultato: la nascita di una bambina non è più stata una sciagura per le famiglie e Piplantri ha visto crescere una foresta di 350 mila piante di manghi, palissandri e neem.C’è un’altra storia che abbiamo imparato da una settimana: quella di Greta Thunberg, sedicenne svedese paladina di un mondo green. Greta, pur affetta dal morbo di Asperger, non si è tirata indietro e in sette mesi ha smosso il mondo. Ha cominciato in agosto con uno sciopero di un mese dalla sua scuola di Stoccolma. Non è rimasta sul divano: ogni mattina è uscita regolarmente da casa ma, anziché entrare in classe, si è andata a sedere davanti al Parlamento, affinché questo si impegnasse a ridurre le emissioni di anidride carbonica secondo l’accordo di Parigi. Portava con sé un cartello: “Sciopero della scuola per il clima”. Lo stesso slogan che, venerdì 15 marzo, è comparso in 112 nazioni, portato nelle piazze da giovani studenti: un milione nella sola Italia, duemila a Pordenone. Un innesto di linfa e vitalità in un mondo di adulti poco attenti alle parole di Papa Francesco (fin dalla Laudato Sì, la sua prima enciclica), ai moniti del presidente Mattarella (anche di recente dai luoghi colpiti dalla bufera d’ottobre), come agli allarmi dei climatologi.Greta ha parlato alle Nazioni Unite: con parole informali ma dirette ha accusato gli adulti di pensare solo alla crescita economica e di scaricarne le conseguenze sui bambini del pianeta. A questo futuro intossicato lei ha detto no, contagiando con la spontaneità delle sue trecce e la schiettezza del suo impegno altri giovani, che hanno riempito le piazze – come i cuori dei grandi – di nuove speranze.