Cultura e Spettacoli
De Marco: mostra a Pordenone
Udinese, trapiantato a Parigi, solidi legami con Pordenone: fotografo dei poeti e degli ultimi
Il fotografo con lo zaino in spalla! L’eterno viaggiatore che in ogni parte del mondo incontra uomini e donne, entra in sintonia con loro e riesce a restituircene sentimenti e umanità con le sue foto rigorosamente in bianco e nero. È Danilo De Marco, il fotografo udinese trapiantato a Parigi ma con solidi legami con Pordenone, che fino al 27 maggio ci regala quelle fotografie (circa 150) riunite nei due piani della Galleria Harry Bertoia nella mostra Defigurazioni a cura di Arturo Carlo Quintavalle.Una mostra che nella sua composizione “grafica” (l’allestimento si deve – oltre che De Marco – a Patrizio De Mattio) potrebbe essere contraddittoria: al primo piano si ammirano i ritratti degli intellettuali coi quali e con le cui opere De Marco è entrato in contatto nel tempo (Magris, Zanzotto, Cappello, Tavan, Bartolini, Novella Cantarutti, Ida Vallerugo tanto per citarne alcuni); accanto però ci sono i volti spesso tormentati dei “resistenti”, compresi gli anarchici (Lucio Urtubia, Armand Gatti…).Salendo al secondo piano della galleria eccoci entrare in un altro mondo: quello degli “ultimi”. Tanti bambini, tante donne, i Sem Terra, gli U’WA della Colombia, le porteras (levatrici) dell’Ecuador… Ma allora – ecco la contraddizione – Danilo De Marco con chi sta? Con gli intellettuali, i resistenti o con gli ultimi? Una contraddizione solo apparente. Perché il fotografo con lo zaino (si porta dietro una o più macchine fotografiche e una quantità di rullini in bianco e nero… sì, Danilo è “rimasto” all’analogico!) ha la stessa disposizione d’animo chiunque incontri: conoscere chi ha di fronte, entrare in sintonia con lui/lei è, nel caso degli intellettuali, “giocare” con loro nel fotografarli; nel caso dei resistenti o degli ultimi si tratta di dare testimonianza di un impegno o di denunciare le condizioni sociali e politiche a causa delle quali quegli ultimi sono destinati a rimanere tali. Ciò che le foto di De Marco dimostrano è il rispetto con il quale il fotografo avvicina le persone e le fotografa e la partecipazione – etica prima ancora che umana e politica – ai loro problemi.Nel suo lavoro De Marco vuole essere considerato un artigiano. Ma come bene mette in evidenza il critico Fulvio Dall’Agnese, nelle sue foto è evidente il lavoro di costruzione estetica: inquadrature magistrali, uso della luce, il b/n stampato con metodo tradizionale per i piccoli formati, in digitale per quelli grandi. E allora da contenuto, etica, estetica e tecnica nasce la dimensione dell’artista, che va ben oltre quella dell’artigiano.Un’ultima notazione: finita la mostra, le fotografie esposte e altre del corpus di De Marco saranno acquisite dalla Fondazione Zanolin-Dametto che le esporrà a rotazione, le metterà a disposizione di studiosi o le presterà per altre mostre. Quando la Fondazione cesserà di esistere, tutti i beni passeranno al Comune di Pordenone, arricchendo il patrimonio artistico della città.Promossa dalla Fondazione Zanolin-Dametto in collaborazione con il Comune di Pordenone e il sostegno di Regione e Fondazione Friuli, la mostra gode anche della partecipazione di diverse aziende del territorio (che si concretizza nella promozione e valorizzazione reciproca) ed è arricchita dal catalogo edito da Forum.Info: www.mostradanilodemarcopordenone.itNico Nanni