Annone veneto, suor Andreana ci ha lasciati
Era entrata in convento nel 1952
Suor Andreana Verona ci ha lasciato il 22 dicembre scorso. Nata nel 1938 in una numerosa famiglia di Annone Veneto, era entrata in convento nel 1952, nella congregazione delle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore. Data la giovane età i genitori cercarono di dissuaderla ma lei, determinata, perseguì il suo cammino. In quel periodo l’asilo parrocchiale di Annone era gestito dalla congregazione che aveva sede a Gemona, dove era sorta nel 1861, e diverse giovani annonesi furono attratte dal loro carisma ed entrarono in convento.
Con lei quel giorno di aprile del ’52 c’era Luigina Panzarin (suor Teotima), qualche anno dopo sarà seguita dalla sorella, suor Rita Panzarin, che tanto bene ha fatto e sta facendo in terra d’Africa. Mentre la missione di Suor Andreana e suor Teotima è stata in Italia, nelle varie case della congregazione. Per portare sempre i genitori con sè aveva scelto di chiamarsi con i loro nomi (Andrea e Anna), e questi presto appoggiarono la scelta della figlia e la sostennero. Dopo la professione studiò come maestra d’asilo e lavorò in varie sedi tra Veneto e Friuli. Si trovava a Gemona quando con il terremoto crollò il convento ottocentesco e si salvò miracolosamente, per qualche tempo rientrò a casa, in viale Vittoria a Loncon, anche per riprendersi dallo spavento provato.
Da circa vent’anni era di nuovo alla casa madre di Gemona, volentieri quando rientrava a Loncon non mancava di frequentare la chiesetta di Belvedere e partecipare alla messa celebrata da don Primo Paties, nè di visitare il santuario della Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza a cui era tanto devota.
L’ultima sua comparsa a Loncon è stata per la prima messa di don Jonathan Marcuzzo (di cui era parente), da qualche tempo aveva problemi di salute, ma il virus che dilaga e che ha colpito duramente nella comunità delle suore Missionarie Francescane di Gemona ha toccato anche lei.
Di nove fratelli che erano restano in vita tre sorelle, che assieme ai numerosi nipoti hanno il rammarico di non aver potuto salutare un’ultima volta la zia suora, ma ne conservano il suo sorriso dolce, la testimonianza di una fede solida e vissuta con gioia, l’esempio di una vita dedicata agli altri e al Signore.
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