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Il presepe del Seminario testimonia la pandemia

Le case dei pastori e l’ospedale civile di Pordenone. Al centro la capanna di Gesù

Il presepe del Seminario testimonia la pandemia

Le case dei pastori e l’ospedale civile di Pordenone. Al centro la capanna di Gesù. Il presepe di quest’anno in Seminario ha il sapore della vita vissuta e, in questo 2020, testimonia la pandemia. Anche il Seminario, infatti, è stato colpito dal Covid in alcuni suoi componenti (in via di guarigione). Così a caratterizzare la nascita di Gesù è una grande foto dell’ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone che ricorda i malati che lottano contro il virus, in reparto, in terapia intensiva o domiciliati a casa.

L’intento è rendere non solo attuale ma ancora più incarnata la nascita di Cristo in questo tempo inedito e inaudito. Per questo oltre alla capanna e ai pastori ci sono l’ospedale e le foto di persone che eseguono il tampone, della terapia intensiva, della sala degli abbracci nelle Rsa, della fila di camion dell’esercito con le casse dei morti di Covid di marzo, delle mascherine diventate la nostra seconda pelle.

Come i pastori andavano a dare l’annuncio della nascita di Gesù così gli operatori sanitari, medici e infermieri sono i nuovi annunciatori della vita sulla morte per ogni persona, sempre nel limite del possibile. Gesù nasce per tutti, senza distinzione di razza, fede, cultura.

Ogni giorno che celebriamo la S. Messa noi seminaristi preghiamo per tutte le persone malate e per chi le assiste. Nella notte del Covid risplende la luce di Gesù, luce per ogni cuore e siamo certi che la Messa di Natale (al di là dell’orario) quest’anno la vivremo come un lungo ponte: dalle chiese alle corsie di ospedale e da queste alla mangiatoia dei presepi nelle parrocchie.

Infine aver messo la grande foto dell’ospedale di Pordenone accanto alla capanna di Betlemme ha un doppio significato: Betlemme vuol dire casa del pane. Per noi, che ci prepariamo a servire il Signore come futuri sacerdoti, Gesù è il nostro cibo che da senso e spessore alla nostra giovane esistenza e per le persone che incontriamo nelle parrocchie e nella vita quotidiana.

Però, anche l’ospedale civile è la nuova Betlemme d’oggi, dove il cibo si fa speranza, il cibo si fa coraggio, il cibo si fa fatica senza contare le ore del turno in corsia; il cibo si fa occhi lucidi nel vedere uscire una persona guarita e il cibo si fa preghiera per chi muore, ma sopravvivrà per sempre nella memoria di chi li ama.

Fonte: Redazione Online
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