Una rivoluzione politica, sociale e culturale
Viviamo un periodo che segna la necessità di cambiare. Vale per tutti. In ogni campo
Si cambia! Nel piccolo come nel grande, nell’infinitesimale come nel mastodontico, nel possente.
Si cambia il modo di stare con gli altri, il modo di pensare la vita, di tenere unite tutte le parti dell’universo.
Una rivoluzione politica, sociale, culturale.
E’ esagerato? E’ capitato un terremoto, ma abbiamo certamente la forza per affrontarlo, per andare avanti, abbiamo la capacità e le risorse per non lasciarci vincere.
Eppure, questo terremoto che attraversa il mondo, prodotto dal coronavirus, particella microscopica, sta paralizzando la vita degli uomini.
E’ davvero paradossale che a muovere tutto questo che sta succedendo nel mondo sia una "bestiolina" infinitesimale, che non si riesce a conoscere, nè a vedere.
Cambia il modo di vestire, di usare il cibo, di consumarlo, di lavorare, di andare a scuola, di fare politica.
Una politica senza spirito piuttosto che anima, dobbiamo dire.
Una politica che non riesce a uscire dall’emergenza, che sembra proiettarci nello scenario del Grande Fratello, non quello televisivo ma quello del capolavoro di George Orwell, "1984".
Il coronavirus non fa altro che mettere in luce dove la ricchezza del mondo era arrivata, ma ci mostra anche i momenti più duri, le debolezze del sistema liberale.
Il punto più importante non è quello esteriore, ma il nodo fondamentale è il cambiamento dello spirito, il modo di pensare l’uomo, l’universo, la scuola, la famiglia, lo stesso rapporto genitori-figli, il controllo statale in nome della salute e della sicurezza.
C’è però una domanda, perché questa rivoluzione è etica: ha senso per l’uomo tutto questo o gli aggiunge altri pesi, altre norme, altre catene?
Lo ha accennato il Papa, il giorno della festa del lavoro.
C’è il grande problema della eticità di quanto sta facendo la politica.
Si tolgono all’individuo la responsabilità, le libertà fondamentali, la scelta dei luoghi, dei tempi, dei modi di estrinsecazione della sua personalità.
E’ giusto prevedere che tutto avvenga in sicurezza, ma vanno solo delineati i contorni, non inseriti i contenuti.
La libertà è un valore fondamentale, che può essere eccezionalmente compresso ma non può mai essere annullato.
Anche la libertà religiosa e di culto deve essere garantita, delineando solo il perimetro entro il quale il tutto deve avvenire in sicurezza.
Purtroppo, già si sono rotti i confini del potere dello Stato verso la Chiesa.
Esemplificando, lo Stato ha deciso lui quali momenti di preghiera siano possibili (funerali) e quali no (messa domenicale, altre funzioni religiose), mentre più corretto sarebbe dare solo le condizioni di sicurezza (mascherine, guanti, distanze, numero di persone) lasciando all’autorità religiosa la scelta di come riempire gli spazi di preghiera comunitaria consentiti.
I confini di intervento dello Stato dovrebbero essere il più ristretti possibile, per lasciare spazio alla libertà dei singoli e delle Chiese.
Se nell’emergenza è accettabile che la persona faccia un passo indietro a favore della salute pubblica, non è accettabile che nella nuova normalità si debba ancora giustificare (a chi? perché?) ogni spostamento, si debba ancora togliere qualunque spazio privato o di privacy, che dir si voglia.
Ogni persona, in ogni circostanza, ha il diritto e il dovere di veder rispettata la propria libertà e di rispettare quella altrui, anzi di far crescere addirittura quella altrui.
Un altro tema è quello della giustizia, dell’equità, della tutela dei diritti dei più deboli, in maniera che il progresso raggiunga tutti e non sia solo di pochi, come Papa Francesco ha spiegato, ancora una volta senza lasciare nessuno indietro.
Infine, dobbiamo guardare al cambiamento dal punto di vista dell’uomo.
Ci sarà più o meno umanità nell’uomo dopo questo tornado, chiamato coronavirus, che ha seminato una scia di morte e sofferenza?
Papa Francesco sembra far notare che si sta acuendo il divario tra i ricchi sempre più ricchi e gli ultimi sempre più ultimi.
Tutti devono poter correre, e a tutti deve essere data la possibilità di raggiungere la meta dei loro desideri.
Tutto questo è utopia, è fantasia, si dirà.
Il compito che ci aspetta è trasformare l’utopia, letteralmente il non luogo, l’irrealizzabile in speranza, prospettiva concreta e fiduciosa di un bene futuro possibile.
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