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La Vecia di metà Quaresima

Anche quest'anno farè una brutta fine

La Vecia di metà Quaresima

La tradizione di bruciare o di annegare nell’acqua un fantoccio di forma umana al finire dell’inverno ha radici profonde e molto remote. Riportano alla preistoria.
Secondo gli studiosi questa cerimonia era un rituale magico per cacciare la cattiva stagione e invocare l’arrivo della primavera. Si tratta di un rito di fertilità e di fecondità praticato dalle nostre popolazioni che offrivano alle divinità della natura dei veri sacrifici, anche umani, sostituiti in seguito da fantocci. Successivamente questo rito ha trovato una sistemazione temporale all’inizio dell’anno quando, nelle regioni a clima mediterraneo, l’anno cominciava con marzo e anche la Repubblica di San Marco l’anno civile iniziava il primo di questo mese.
L’usanza è conosciuta in tutta l’Europa come calendario more veneto ed è imitato da altri Stati.
I Romani avevano anche un idolo a forma di donna, "Anna Perennia", una statua che veniva portata in processione per essere alla fine gettata nel Tevere, come rito beneaugurante e propiziatorio per finir bene l’anno vecchio e iniziare con buoni auspici quello nuovo. Per "annuare", dicevano in quei tempi.
La statua di Anna Perennia aveva la stessa funzione del capro espiatorio per gli ebrei che nella celebrazione dello Yon Kippur compivano un rito di espiazione. Un povero capro messo al centro della piazza veniva imputato di tutti i peccati e delle sventure. Per espiarle la povera bestia veniva abbandonata nel deserto pagando per tutti.
"La Vecia" rappresenta la miseria della stagione passata, la fame, le disgrazie, le malattie, le ingiustizie subite. Mettere la Vecchia sotto processo e condannarla al rogo è come rifiutare un passato negativo e augurarsi un futuro migliore per la campagna e per la vita.
Un fantoccio coperto di foglie viene bruciato dai bambini balcanici per invocare le piogge di primavera che fanno crescere il foraggio per il bestiame.

E’ stato probabilmente nel Medioevo che la gente ha pensato di risuscitare il carnevale nel bel mezzo della Quaresima e l’antichissimo fantoccio che, perso il significato pagano, è diventato simbolo del digiuno. A metà Quaresima con la domenica "Laetare" i cristiani sospendevano per un giorno il clima austero e penitenziale sia in chiesa che a tavola e la gente ha pensato di risuscita l’antico fantoccio che, perso il valore propiziatorio pagano, veniva portato in piazza dove diventava l’oggetto dello sfogo popolare contro il digiuno quaresimale, per la primavera che non arrivava, per il granaio vuoto, per l’orto e il pollaio dove non si raccoglieva nulla, contro i padroni e i ricchi, contro le tasse e il governo.
Il fuoco e l’acqua non erano gli unici modi per punire la vecchia. In Romagna, per esempio, in varie città ha luogo il rito del "segare la vecchia" che consiste nel portare in piazza una finta vecchia imbottita di foglie secche e piena di dolciumi e caramelle che alla fine del proceesso sono distribuite ai bambini.
Paese che vai, vecchia che trovi. Nel Pordenonese la tradizione riprese ad opera del comico Cecchelin nella sala da ballo "El pedocio". Quarantacinque anni fa la Propordenone la ripropose in Piazza della Motta.
Per varie edizioni i testi erano di Maurizio Luchetta e fu interpretata da noti personaggi della città tra i quali non mancava mai l’esilarante Aldo Casotto e a allora tanta gente aspetta questo appuntamento in cui si dà voce ai malcontenti per le cose che non funzionano. Il processo ha tanto di giudice, pubblici ministeri che accolgono testimonianze contro la megera e avvocati che la difendono con arringhe e contraddittori in un italiano burocratese. La vecchia interviene in uno sboccato dialetto locale che è il folpo a Cordenons, il bagnot a Bannia, il meneghel, un friul veneto, a Pordenone e Porcia, località dove questo rito si svolge da decenni.
Ogni anno, con la vecchia si danno alle fiamme ingiustizie, povertà e sventure.
Dice il saggio: "Non basta bruciare un fantoccio o cambiare governo, perché le cose vadano meglio". Voi che ne dite?

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