I giovani così come sono
Le sfide aperte del prossimo Sinodo
Dal 3 al 28 ottobre si svolge a Roma il Sinodo dei vescovi sul tema"I giovani, la fede". Non siamo in presenza di un evento puntuale, ma di un lungo e articolato percorso che è cominciato il 6 ottobre 2016 con l’annuncio del tema e che si concluderà nella primavera 2019 con un Documento ufficiale. Il processo sinodale prevede che tutte le Conferenze episcopali e le Chiese locali partecipino alla consultazione. Gli stessi giovani con il questionario on line proposto dalla segreteria stanno dando il loro contributo (www.sinodo2018.it).
Ma qual è la vera domanda del sinodo? Di che cosa effettivamente si occupa? E’ opportuno dire subito che, al di là del tema specifico, un Sinodo è sempre un momento in cui la Chiesa è interpellata in quanto comunità di credenti, chiamati a vivere nella storia la propria vocazione di discepoli di Gesù. Va quindi rilanciato l’impegno di essere "luce del mondo" e "sale della terra", in particolare verso i giovani.
Di certo la Chiesa è sempre interpellata dai giovani, dal contesto in cui vivono, dalle loro scelte, dalle loro fragilità, dalle loro fatiche, così come dalle loro speranze. Noi, come Chiesa, ci siamo per tutti gli uomini, anche per tutti i giovani.
La Chiesa è poi chiamata ad assumere un rinnovato dinamismo: la fortezza e il coraggio di rischiare, la capacità di risollevarsi dai fallimenti, la fiducia nel futuro, l’entusiasmo di affrontare le novità che caratterizzano il nostro tempo, il suo essere "in uscita".
Viviamo in una stagione particolarmente felice nel rapporto tra giovani e Chiesa. Molti fatti indicano che qualcosa sta cambiando. Dai giorni del disinteresse e della contestazione sembra di essere tornati ai giorni felici in cui il rapporto era partecipato, amichevole. Che cosa sta capitando?
Ci sono due aspetti legati al prossimo Sinodo che paiono sottaciuti in molte analisi. Anzitutto il fatto che si tratta di un sinodo della Chiesa cattolica, presente nei cinque continenti, non di un’assise riservata alla sola Italia o all’Europa, cioè a Paesi di antica cristianità. Questo significa che non si può ignorare il fatto che le Chiese più giovani per epoca di fondazione sono anche quelle in cui i giovani per età anagrafica sono più numerosi. Questo comporta, tra le altre cose, che la trasmissione della sapienza, legata all’anzianità, avviene con maggior difficoltà.
Abbiamo da un lato Chiese esperte che parlano ad anziani e faticano a trovare linguaggi per le giovani generazioni e, d’altro lato, Chiese con radici ancora fragili cui mancano riferimenti e interlocutori che abbiano fatto tesoro di secoli di confronto con società, via via, meno "cristiane".
Questa differenza di composizione anagrafica delle diverse chiese si aggiunge a quelle legate alle caratteristiche etniche, culturali, economiche e sociali che contraddistinguono le società all’interno delle quali la Chiesa si pone come istanza significativa di una "differenza cristiana radicata nel Vangelo".
Il secondo dato che è "oggetto" delle riflessioni riguarda i giovani e le giovani che in Occidente riteniamo cristiani per il solo fatto che da queste parti continuiamo a battezzare tutti, o quasi, i pargoli che poi crescono in una società scristianizzata.
Chi ha un minimo di esperienza diretta del mondo giovanile è cosciente che ci sono significative differenze tra i cristiani "anagrafici", quelli registrati nelle parrocchie, e quelli credenti e praticanti.
Focalizzando la riflessione sul mondo italiano ci si rende conto che negli ultimi decenni si è fatto un gran parlare della pastorale giovanile con convegni, pubblicazioni, commissioni, ma, purtroppo, questa fatica non è stata sufficiente perché si è continuato a pensare alla Chiesa da un lato e ai giovani dall’altro. Non basta sentire i giovani di Chiesa, quelli che ancora bazzicano in parrocchia né tanto meno i gruppi ingabbiati in stereotipi giovanilisti che hanno fatto il loro tempo. Occorre invece considerare i giovani concreti non come una teoria teologica o una realtà esterna da riportare in strutture che ieri funzionavano e ora non più, bensì come una componente della Chiesa, attori e protagonisti già oggi. Occorre pensarli nel "noi" della Chiesa.
Il documento preparatorio chiama i giovani e le giovani a essere "protagonisti (…) capaci di creare nuove opportunità (…) indicando così a tutta la Chiesa vie di evangelizzazione, stili di vita nuovi. Solo un ascolto reciproco, un dialogo tra tutte le componenti del popolo di Dio di qualunque età può innescare il processo di inclusività delle giovani generazioni nella Chiesa. Questa è la sfida del prossimo Sinodo. E la volontà di Papa Francesco che propone incontri in cui i giovani possano prendere la parola e impegnarsi in una Chiesa che non elabora solo teorie e progetti pastorali per i giovani ma pensa e fa la pastorale con i giovani.
Si tratta, per usare un’espressione cara a papa Francesco, di avviare dei processi, non di celebrare conquiste né di far tornare i giovani alla Chiesa. Si può giudicare il risultato dal numero delle risposte ottenute. Occorre "una Chiesa in uscita", capace di incontrare i giovani così come sono oggi.
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