Commento al Vangelo
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Domenica 9 giugno, commento di don Renato De Zan

Lo Spirito rinnova il prodigio della prima Pentecoste: "Il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre"

Parole chiave: Vangelo (131), Diocesi (193), De Zan (48), Pentecoste (8)
Domenica 9 giugno, commento di don Renato De Zan

Gv 14,15-16.23-26

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole: e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Tematica liturgica

Cinquanta giorni dopo la Pasqua-Azzimi, gli ebrei festeggiavano “Shabuòt”, ovvero la festa delle Settimane. Combaciava con la festa della mietitura del grano. Ricorreva sette settimane – da qui il nome ebraico – dopo la festa di Pasqua. Gli ebrei di Alessandria la chiamarono “Pentecostès”. Il nome greco della festa ebraica è passato alla Chiesa perché l’effusione dello Spirito, dopo l’Ascensione di Gesù avvenne “mentre il giorno di Pentecoste stava per finire” (At 2,1). Gesù aveva già donato lo Spirito Santo sia nel momento della sua morte (Gv 19,30: “E, chinato il capo trasmise lo Spirito”) sia nel giorno della sua Risurrezione (Gv 20,21-23: “Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo…»”). L’effusione dello Spirito si ripeterà anche nella casa di Cornelio (At 10,44-45: “E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo”). Di questi momenti così importanti nei quali lo Spirito viene donato agli uomini, la Chiesa scelse l’effusione dello Spirito avvenuta in concomitanza con la festa ebraica. La festa ebraica era la festa dell’accoglienza della legge e del rinnovamento dell’alleanza. Poiché la nuova legge data da Gesù è lo Spirito Santo stesso, si comprende la scelta della comunità cristiana. Si tratta di una scelta che secondo un frammento attribuito ad Ireneo e la testimonianza di Tertulliano, è avvenuta in epoca apostolica. La festa fu subito importante. Dopo il secondo secolo, infatti, se c’erano dei catecumeni che nella Veglia Pasquale del Sabato Santo non avevano potuto ricevere il battesimo, venivano battezzati nella sera della vigilia della solennità della Pentecoste.

La celebrazione della Pentecoste chiude, completando, la solennità della Pasqua (cfr Colletta della messa vigiliare: “Dio Onnipotente ed eterno, che hai racchiuso la celebrazione della Pasqua nel tempo sacro dei cinquanta giorni, rinnova il prodigio della Pentecoste...”). Rende la Chiesa stessa una Pentecoste vivente per tutti i popoli (terza Colletta vigiliare: “effondi lo Spirito Santo sulla Chiesa, perché sia una Pentecoste vivente fino agli estremi confini della terra, e tutte le genti giungano a credere, ad amare e a sperare”). La Pentecoste, inoltre, è la celebrazione dei doni dello Spirito e opera i prodigi della prima predicazione (Colletta del giorno: “Diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo”), chiamando tutti i popoli alla proclamazione della gloria di Dio (Colletta vigiliare: “fa’ che i popoli dispersi si raccolgano insieme e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome”). La Pentecoste, poi, dà inizio alla progressiva e completa comprensione del mistero di Cristo (cfr Gv 14,26: “Egli vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto”). Questa ricchezza di esperienza di fede è scandita dalla chiesa nella messa della vigilia e nella messa del giorno di Pentecoste.

 

Messa della vigilia

“Nella messa vespertina della vigilia di pentecoste sono proposti quattro testi dell’Antico Testamento, in modo che se ne possa scegliere uno allo scopo di illustrare il significato molteplice di questa solennità” (Introduzione al Lezionario). Quando l’uomo volle farsi come Dio, iniziò a non capire più il suo prossimo (Gen 11,1-9: torre di Babele). Dio, nel suo progetto di salvezza, scelse un popolo e lo liberò dalla schiavitù, facendolo diventare suo partner in un legame di alleanza (Es 19,3-8.16-20). Promise il suo Spirito come capace di ridare la vita all’umanità che l’aveva perduta (Ez 37,1-14: visione delle ossa aride rivivificate dallo spirito di Dio). Lo Spirito è capace di operare in ogni uomo (Gl 3,1-5) senza distinzione di età (anziani e giovani), di sesso (figli e figlie) e di stato sociale (schiavi). Nella Chiesa tutti hanno il dono dello Spirito che ci sostiene nell’attesa della risurrezione, mentre intercede per noi (seconda lettura: Rm 8,22-27).

 

Messa del giorno

Il vangelo della solennità è un brano tratto dal discorso dell’ultima cena (Gv 14,15-16.23b-26). Si tratta di un brano eclogadico (versetti scelti), che intende mettere in luce il destinatario del dono dello Spirito: il Consolatore viene dato a “chi ama Cristo” (ama Cristo chi osserva i suoi comandamenti). La prima lettura presenta il racconto di Pentecoste (At 2,1-11), momento culmine e paradigmatico (=modello) di ogni dono dello Spirito. Il dono dello Spirito è l’avvenimento salvifico divino che adempie alle promesse dell’Antico Testamento già esplicitate nella Messa della vigilia. Il Consolatore guida i credenti alla comprensione della Parola, li inabita, li rende una cosa sola con Cristo e li costituisce figli di Dio. In modo particolare lo Spirito stesso diventa per i credenti garanzia di resurrezione: come lo Spirito ha risorto il Signore, così ora la sua inabitazione garantisce i discepoli di essere fin da adesso partecipi della risurrezione di Cristo (seconda lettura: Rm 8,8-17).

 

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