Domenica 9 febbraio: commento di don Renato De Zan
Sale e luce: immagini di una fede operosa che Gesù trova per insegnare a chi lo segue come si deve essere e quale sia il senso della fede
Mt 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli".
Tematica liturgica
Gesù aveva iniziato il suo apostolato pubblico predicando la conversione. "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4,17). Poiché convertirsi significa cambiare mentalità, il discepolo di Gesù può chiedersi come poter fare, come poter modificare il proprio modo di pensare. La risposta viene data da Gesù immediatamente con il discorso della Montagna. Certamente il discorso non va letto come un trattato, dove c’è tutto il dicibile sul tema. Va letto come un’ampia esemplificazione più idonea a trasmettere la nuova mentalità che a tratteggiarne i confini precisi. Ciò è dovuto a due fattori. Il primo è che la mentalità orientale, quando diventa insegnamento, assume lo stile sapienziale che preferisce alludere e rifugge dal definire. Il secondo fattore è che il destinatario viene reso dal Maestro un cooperatore e non un suddito, un protagonista e non un esecutore passivo. Il discepolo, udito il discorso della montagna, è chiamato a diventare creativo (le situazioni della vita sono innumerevoli e non prevedibili). Dopo le Beatitudini, Gesù propone due immagini (tecnicamente sono metafore) perché il discepolo si autocomprenda: "Voi siete il sale della terra……. Voi siete la luce del mondo….". Sale e luce: si tratta di piccole realtà che hanno una capacità di interagire con realtà più grandi di loro. Un po’ di sale rende ricca di sapore una realtà più grande. Un candelabro rischiara il buio di una stanza intera. Si tratta di immagini che intendono illustrare la dinamicità della vera fede operosa. Il cristiano, infatti, se vive in modo autentico la sua fede operosa, non resta un "isolato", ma diventa - in senso positivo - un "contagioso" di bene nei confronti di coloro che lo circondano. Essere sale e luce, tuttavia, non dipende dalla fantasia del cristiano, ma dipende dalla sua capacità di camminare dietro a Gesù. Il Maestro, infatti, disse: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). Solo imitando il Maestro, il discepolo può diventare progressivamente luce perché, in questo modo, la luce del Maestro diventa patrimonio del credente. Il discepolo, dunque, cammina non nelle tenebre, ma in quella luce che progressivamente entra in lui, per grazia e per imitazione.
Un profeta del postesilio, chiamato dai biblisti "Trito-Isaia" o "Terzo Isaia", aveva in qualche modo annunciato ciò che sarebbe avvenuto nella predicazione di Gesù e nella vita dei cristiani. Verranno attuate le opere di misericordia verso i bisognosi: "Allora la tua luce sorgerà come l’aurora" (prima lettura, Is 58,7-10).
Dimensione letteraria
Il discorso della Montagna, di cui fa parte Mt 5,13-16, è rivolto di per sé ai discepoli e alla folla (cfr. Mt 5,1-2: "Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli". Si mise a parlare e insegnava loro dicendo…"). La Liturgia aggiunge al testo evangelico originale una frase ("In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli") con la quale intende esplicitare con chiarezza come le parole del Maestro siano rivolte precisamente ai suoi discepoli, cioè ai cristiano di ogni tempo, e non ad altri. Il brano che ne risulta è di facile suddivisione. Per due volte, infatti, si ripete l’espressione "Voi siete.." (vv. 13.14). Ciò permette di suddividere il testo in due momenti: Mt 5,13 (l’identificazione dei discepoli con il sale) e Mt 5,14-15 (identificazione dei discepoli con la luce). Ogni momento ha un aspetto positivo ("Voi siete…) in cui i discepoli, per mezzo dell’immagine, imparano la loro identità in rapporto al mondo. Le due immagini sono seguite da una considerazione negativa che illustra l’inutilità della cosa - lievito o luce che sia - se tale cosa non mantiene la propria identità e la propria funzionalità. L’immagine della luce si chiude con una conclusione (Mt 5,16)
Riflessione biblico-liturgica
a. Sembra che il mondo rabbinico abbia deriso Gesù. Un discepolo chiese al rabbino Jehosua Ben Chanaia: "Se il sale diventa insipido, con che lo si salerà ?". Rispose: "Con la placenta di una mula". Il discepolo obiettò: "La mula non è sterile?". Il rabbino concluse: "E il sale può diventare insipido?". Questo dialogo è una prova indiretta della storicità del detto di Gesù, ma anche la prova che il rabbino era lontano dalla cultura ebraica del tempo di Gesù.
b. Le placche di salgemma (sale non purificato, pieno di scorie come cloruri e fosfati) servivano sia per insaporire e conservare i cibi sia per ravvivare il fuoco. Quando, per vari fattori, il sale si scioglieva, rimanevano solo le impurità e le scorie, che venivano gettate via insieme ad altre immondizie.
c. La vera fede non è una "nozione", non è un "sentimento" e neppure una "morale". È un modo operoso di vivere l’imitazione di Gesù in ogni ambito della vita e in ogni momento. Per questo motivo la fede operosa del cristiano non può essere né qualche cosa di scialbo né qualche cosa che opera a intermittenza (ora si manifesta, ora non si manifesta).
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