Commento al Vangelo
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Domenica 7 giugno, Ssma Trinità, commento di don Renato De Zan

"La Trinità è in azione. Il suo obiettivo è salvare il mondo (mondo = umanità contro Dio), non condannarlo, perché la Trinità ama l’umanità. Per questo motivo Il Figlio è donato"

Parole chiave: Vangelo (131), Diocesi (193), De Zan (48)
Domenica 7 giugno, Ssma Trinità, commento di don Renato De Zan

07.06.2020 - Solennità della Santissima Trinità

 

Gv 3,16-18

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

 

Il monoteismo cristiano: il mistero di Dio unico in tre Persone

 

Tematica Liturgica

Nel primo millennio, la Chiesa aveva progressivamente arricchito l’anno liturgico di celebrazioni che facevano memoria di avvenimenti salvifici (Pasqua, Pentecoste, Natale, Epifania, Annunciazione, Dormitio Mariae, ecc.) o del martirio dei credenti e della loro santità (memoria dei martiri e dei confessori). Nel secondo millennio la Chiesa inizia ad arricchire l’anno liturgico di feste teologiche, cioè di feste che celebrano una verità di fede (Trinità, Corpus Domini, Cuore di Gesù, ecc.). La solennità odierna, solennità della Ss. Trinità, nasce agli inizi del secondo millennio, forse in Francia. Nel 1030 è testimoniata nel monastero di Cluny. Il papato fece sentire la sua voce non entusiasta per questa festa devozionale locale, per mezzo di Alessandro III (+ 1181) che diceva: “In ogni domenica, anzi quotidianamente, viene celebrata la memoria (dell’Unità e della Trinità divina)”. Non era, pertanto necessaria una festa particolare. La devozione popolare, invece, la pensò diversamente perché accolse la festa e la mantenne viva, senza l’approvazione del papato. Fu necessario arrivare al 1334 perché papa Giovanni XXII approvasse tale festa e la estendesse a tutta la Chiesa. L’eucologia venne composta attingendo, probabilmente, dagli scritti di S. Leone Magno (+461). Altri pensano, invece, che l’eucologia sia stata redatta traendola dagli scritti di Ferrando di Cartagine (sec. VI).

Nel cristianesimo nascente non c’è la parola “Trinità”, ma c’è la verità di fede, chiarissima. Solo due esempi sono sufficienti per capire come la fede in Dio “Padre-Figlio-Spirito Santo” fosse limpida nel cristianesimo nascente. Gesù risorto dice ai suoi discepoli: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,….” (Mt 28,19). La Chiesa nascente ha chiara questa verità e Paolo la sintetizza così: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. (2 Cor 13,13). Nella storia della Chiesa, la parola “Trinità” compare per la prima volta nella riflessione teologica di Teofilo di Antiochia. Siamo alla fine del sec. II d.C. Pochi anni dopo, tra il 213 e il 217, Tertulliano riprenderà la parola “Trinità” nell’opera teologica “Adversus Praxean”. Prassea era patripassiano perché riteneva che anche il Padre avesse patito il dolore di Gesù in croce. La dottrina trinitaria di Tertulliano è ritenuta la più chiara esposizione della dottrina cattolicamente corretta intorno alla Trinità, prima del Concilio di Nicea del 325 d.C. Il concetto teologico che Teofilo e Tertulliano volevano esprimere era “unità di Tre”. Sono, dunque, assolutamente in errore coloro che ritengono di essere testimoni di Dio e affermano (sicuri di essere in buona fede?) che “i primi cristiani, che furono ammaestrati da Gesù, non credettero….che Dio sia (sic!) una Trinità” perché la dottrina della Trinità “deve risalire a circa 350 anni dopo la morte di Gesù Cristo”. Studiando meglio la storia e la Tradizione, certe stupidaggini non si scriverebbero.

È possibile entrare dentro al mistero della Trinità? S. Agostino - si narra - era in riva al mare. Vide un bambino che tentava di travasare l’acqua del mare in una piccola buca. Il santo vescovo gli disse che non era possibile mettere tutta l’acqua del mare nella buca perché la buca era troppo piccola. E il bambino, sorridendo, gli rispose che nemmeno il mistero della Trinità poteva stare nella piccola mente di Agostino. Senz’altro una leggenda, ma estremamente chiara. L’uomo d’oggi si illude ci conoscere tutto (Covid insegna!). Se a stento la mente umana riesce a conoscere le cose della nostra realtà, come può pretendere di conoscere le cose di Dio? Questa solennità ci pone davanti il mistero. La mente umana è fatta per accogliere il mistero e contemplarlo, non per spiegarlo.

 

Dimensione letteraria

Il testo biblico-liturgico è tratto dal “dialogo” tra Gesù e Nicodemo (Gv 3,1-21). Dall’ultima parte di questo dialogo, la Liturgia ha ritagliato tre frasi soltanto (Gv 3,16-18) e ha premesso un incipit liturgico (“In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo”). Nel testo è presente, in modo velato, il mistero trinitario: il Padre, il Figlio e l’amore (=lo Spirito Santo). La Trinità è in azione. Il suo obiettivo è salvare il mondo (mondo = umanità contro Dio), non condannarlo, perché la Trinità ama l’umanità. Per questo motivo Il Figlio è donato (v. 16), mandato (v. 17) e creduto (v. 18).

 

Riflessione biblico-liturgica

a. Tutta l’eucologia tenta di dire qualche cosa sul mistero della Trinità: Il Padre manda il Figlio e lo Spirito per rivelare agli uomini il mistero della vita divina (Colletta). I cristiani adorano l’unico Dio in tre persone (Colletta e Orazione dopo la comunione) o, più esplicitamente, adorano la Trinità delle Persone, l’unità della natura e l’uguaglianza della maestà divina (prefazio).

b. La Liturgia della Parola manifesta l’identità della Trinità in azione (vangelo), profeticamente preannunziata dalla visione divina di Mosè (prima lettura) e esperienzialmente testimoniata da Paolo (seconda lettura).

 

 

 

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