Commento al Vangelo
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Domenica 24 ottobre, comento di don Renato De Zan

La cecità era simbolo della mancanza di fede perché il cieco non poteva leggere la Torah. Riacquistare la vista significava “essere guarito”, ma anche “essere perdonato” ed “essere in gradi di credere”

Domenica 24 ottobre, comento di don Renato De Zan

24.10.2021  -   30 domenica TO-B

 

Mc 10,46-52

In quel tempo 46, mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47 Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48 Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49 Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». 50 Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52 E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

 

Vide di nuovo e lo seguiva

 

Tematica liturgico-biblica

 

1. La frase “E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” è la chiave interpretativa dell’episodio di Bartimeo. Per comprendere questa frase dobbiamo ricordare il significato profondo di due vocaboli: “seguire” ( in greco, “akolouthèo”) e “strada” (in greco, “odòs”).

 

2. “Seguire” è il verbo che nella Chiesa nascente, di cui Marco faceva parte, indicava la sequela del discepolo nei confronti del Maestro. Indicava l’impegno costante e progressivo del fedele nell’accogliere nel proprio mondo interiore la persona di Gesù, il suo insegnamento e i suoi gesti per poterlo progressivamente imitare. La “strada” era il percorso di imitazione che il credente compiva non solo imitando il Maestro, ma anche condividendone la sorte (gioie e sofferenze).

 

3. La cecità era simbolo della mancanza di fede perché il cieco non poteva leggere la Torah e senza la conoscenza della Torah non ci poteva essere una fede come richiesta a un discepolo di Mosé. Riacquistare la vista significava “essere guarito”, ma anche “essere perdonato” ed “essere in gradi di credere”. Bartimeo, dunque, non è solo un cieco che viene guarito. La sua guarigione gli permette di “vedere” (spesso nel Nuovo Testamento il verbo è anche sinonimo di “credere”) e, quindi di “seguire” Gesù lungo la “strada”, di essere, cioè, suo discepolo. La sequela di Bartimeo non esclude una forma di ringraziamento per la guarigione ricevuta.

 

4. In questa vicenda di Bartimeo c’è il condizionamento degli altri, della folla. Questa, inizialmente, lo ostacola (“Molti lo rimproveravano perché tacesse). Non sempre i credenti sono di aiuto per chi vuole reincontrare Dio. Successivamente, però, la folla lo aiuta (“Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!»”). Altre volte i credenti sono la facilitazione migliore per che vuole reincontrare Dio. Una cosa è sicura: la perseveranza di Bartimeo ha portato il cieco a incontrarsi con Gesù.

 

Dimensione letteraria

 

1. Il brano evangelico di Mc 10,46-52costituisce l’ultimo episodio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme e si chiude con una frase apparentemente innocua. Di fatto è il riassunto di ciò che fa il vero discepolo: “vide di nuovo e lo seguiva”.

 

2. Il testo evangelico originale dice: “E giunsero a Gerico.Mentre partiva da Gerico…”. Il testo biblico-liturgico ha cambiato dicitura: “In quel tempo mentre partiva da Gerico…”. La Liturgia non evidenzia il “cammino” di Gesù verso Gerusalemme, dove si sarebbe compiuto il Mistero Pasquale in obbedienza al Padre.

 

3. In Mc 10,46-52 si trovano due aramaismi (il nome Bartimeo, l’appellativo Rabbunì), assenti negli altri due sinottici. Marco ha preso il racconto dalla tradizione (orale?) e lo ha redatto senza troppi ritocchi. Il racconto di Bartimeo rappresenta uno stadio molto arcaico della trasmissione del testo.

 

4. Sotto il profilo narrativo, il testo è suddivisibile da tre momenti, dove i personaggi scandiscono il racconto: la figura del cieco (Mc 10,46-47), l’intervento dei molti (Mc 10,48-50), la guarigione operata da Gesù (Mc 10,51-52).

 

Riflessione biblico-liturgica

 

1. Il Maestro chiama colui che non può vederlo, per mezzo di chi vede, la folla. Il simbolismo è chiaro: Gesù chiama coloro che non credono per mezzo dei credenti, che alle volte sono ostacolo e non ponte verso Dio. I verbi adoperati dalla folla per chiamare Bartimeo sono gli stessi adoperati da Gesù per dare coraggio ai discepoli in pericolo (“Coraggio”: cfr Mc 6,50), per indicare il comando di guarigione sui malati (“alzati”: cfr Mc 2,9.11; 3,3; 9,27) o quello di resurrezione per i morti (“alzati”: cfr Mc 5,41). Nelle parole della folla (dei credenti) è già adombrata la salvezza che Gesù donerà a Bartimeo.

 

2. L’incontro tra Gesù e Bartimeo è narrato in modo delicatissimo in opposizione alla descrizione della rozzezza della folla. Gesù non si propone come il taumaturgo invadente e onnipotente, ma come l’amico onnipotente che si pone a servizio del cieco: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. L’incontro con Dio non è sudditanza del credente nei confronti di Dio, ma è l’incontro di due libertà, dove uno si affida all’altro. Lì nasce il dono della vita e della fede. Dalla libertà di scelta nasce il discepolato.

 

3. Rabbunì è il titolo con cui Bartimeo risponde a Gesù. Con lo stesso titolo Maria Maddalena si rivolge a Gesù risorto, una volta riconosciuto come tale e non più scambiato come giardiniere. E’ il titolo che il credente dà a Gesù, quando dietro all’uomo Gesù scopre che egli è più che uomo. È Dio.

 

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