Commento al Vangelo
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Domenica 15 settembre, commento di don Renato De Zan

“Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”

Domenica 15 settembre, commento di don Renato De Zan

Mc 8,27-35

In quel tempo, 27 Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29 Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». 34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.

 

Il Testo

 

1. La formula evangelica è un testo composto dalla Liturgia. Troviamo il brano della confessione messianica di Pietro (Mc 8,27-30), quello riguardante il primo annuncio della passione-resurrezione (Mc 8,31-32a), il passo che presenta le rimostranze di Pietro con la correzione di Gesù (Mc 7,32b-33) e i primi due versetti (vv. 34-35) del testo con le condizioni per la sequela di Gesù (Mc 8,34-38). La Liturgia ha posto all’inizio il classico incipit “in quel tempo” che sostituisce l’originale “poi”, elemento che lega la confessione di Pietro a Mc 8,22-26 (guarigione del cieco).

 

2. Gesù, con la sua prima profezia della passione-risurrezione, mostra chiaramente che il Messia confessato da Pietro è il Messia sofferente di Isaia. Fin qui ci troviamo di fronte a un messaggio che tocca la conoscenza. Ciò che viene dopo tocca il mondo interiore del credente. Il cristiano deve sapere che il discepolato si può sempre “ricominciare”, come Pietro che viene invitato da Gesù a rimettersi in cammino dietro al Maestro. Inoltre il cristiano deve sapere che essere discepolo di Gesù implica il pensare se stessi, la realtà, la storia, secondo Dio e non secondo gli uomini.

 

L’Esegesi

 

1. La gente non considerava Gesù un semplice rabbino. Percepiva in Gesù qualche cosa di molto più grande. Per questo motivo i discepoli di Gesù dicono che la gente pensa al Maestro come Giovanni Battista (redivivo) o come un profeta, o come Elia o Geremia. Gesù si interessa di ciò che la gente pensa di Lui, ma soprattutto è interessato a ciò che pensano i discepoli. Pietro, a nome di tutti, lo dice senza tentennamenti: “Tu sei il Messia”. Questa confessione - secondo il vangelo di Marco - scatena in Gesù una reazione inaspettata: il comando del silenzio e la (prima) profezia della passione-risurrezione. Gesù chiarisce che essere Messia non significa, gloria e trionfo umano. Significa adempiere alle profezie del Servo sofferente, di isaiana memoria.

 

2. Questa identità del Messia sconcerta Pietro che si ribella. La risposta di Gesù all’atteggiamento di Pietro è dura e si articola in due momenti. Nel primo momento Gesù entra in dialogo con Pietro e spiega il motivo per cui il discepolo ha reagito così. Pietro ragiona secondo gli uomini e non secondo Dio. Tutto lì. Ma in questa semplice spiegazione c’è tutta la visione e il senso della vita. Ragionare secondo gli uomini significa operare a tutti i costi per ottenere la vittoria, la supremazia, la forza, la riuscita, il denaro, il potere e quant’altro si accorda con queste realtà. Ragionare secondo Dio, invece, significa pensare, giudicare, decidere e agire come Gesù. Gesù, infatti, pensa i pensieri di Dio perché “Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1,24) e non pensa i pensieri degli uomini perché “la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio” (1 Cor 3,19). Ne consegue che Pietro deve rimettersi in cammino (ricominciare il discepolato) dietro a Gesù.

 

3. Nel secondo momento, Gesù si rivolge alla folla (e ai suoi discepoli). La proposta è semplice: il discepolo è chiamato a pensare secondo il Maestro e a rinnegare se stesso (secondo i pensieri degli uomini) a costo di rimanere solo e incompreso dalle persone che lo circondano (prenda la sua croce). Poi, imiti il Maestro (mi segua). Queste sono le disposizioni previe per poter accogliere Gesù come Messia e Salvatore, Maestro di vita e porta del Regno, via verso il Padre che - con il Figlio e lo Spirito - dona la vita eterna.

 

Il Contesto liturgico

 

Nel testo del Deutero-Isaia (Is 40-55) si possono leggere quattro canti particolarissimi che l’esegesi ha chiamato i quattro carmi del Servo di Yhwh (Is 42,1-4.5-9;49,1-6;50,4-9.10-11;52,13-53,12). Nel terzo carme si legge il testo che la Liturgia odierna propone come prima lettura (Is 50,5-9a). Il Servo di Yhwh è una figura misteriosa. Quest’uomo, scelto da Dio, ha la missione di espiare davanti a Dio i peccati passati, presenti e futuri di tutti gli esseri umani. Tale espiazione viene compiuta - secondo la profezia - attraverso la sofferenza e la morte, cui segue il ritorno alla vita (accennato nel quarto carme, Is 53,11). Questo è il Messia e Gesù ne è pienamente consapevole.

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