Settimanale della Diocesi di Concordia-Pordenone
stampa

Djara e Espérance, le storie di due italiane afro discendenti

Le parole che scuotono le coscienze. Sono quelle di Djara Kan e Espérance Hakuzwimana che presenteranno il loro libri a Pordenonelegge questo pomeriggio alle 19 nello Spazio Gabelli

Djara Kan e Espérance Hakuzwimana

"Italiana, con quella pelle lì? Nera". Troppe persone si sentono ripetere questa frase che nega alcune parti della loro identità. Le chiamano seconde generazioni di immigrati: perché non semplicemente esseri umani come tutti gli altri? Italiani o italiane in ogni momento della loro vita, non solo quando fanno comodo per dare patenti di appartenenza a imprese sportive o musicali.

Attorno a questi temi, due giovani scrittrici nere, Espérance Hakuzwimana e Djarah Kan, hanno dato vita a un nuovo percorso narrativo. Si sono prese gli spazi per dare voce al loro mondo sommerso. Sono apripista di storie che escono dagli stereotipi per conquistare l’autonomia espressiva, dopo confronti anche aspri.

L’obiettivo è di portare i loro problemi fuori dai ghetti. Perché dovrebbero essere solo i bianchi a parlare dei neri, quando va bene con racconti paternalistici e caritatevoli e in altre occasioni con trame che alimentano il virus del razzismo? Le due narratrici cambiano rotta. Lo fanno proponendo storie che si intrecciano, nonostante affrontino gli stessi argomenti con scritture diverse: Hakuzwimana con un impianto di romanzo, Kan con una serie di racconti brevi; la prima con un linguaggio più levigato, la seconda più ruvido. Entrambe mettono il lettore di fronte a una realtà cruda.
Tutta intera (edizioni Einaudi) è il libro che Espérance Hakuzwimana presenterà a Pordenonelegge. L’autrice, sopravvissuta al genocidio in Ruanda e adottata fin da piccola da una famiglia italiana, vuole riprendersi la vita: "Mi sento spezzata in mille frammenti". Lo fa attraverso le storie difficili dei ragazzi affidati a Sara, un’insegnante precaria, afrodiscendente, a cui viene dato un incarico di potenziamento linguistico. Per capire i mondi diversi, mette in discussione sé stessa, cresciuta in un contesto di maggioranza bianca. Prima è una adolescente arrendevole, al punto di pensare di usare la candeggina per schiarire il colore della pelle nel tentativo di avvicinarsi agli altri; poi è una donna risoluta nella conquista dell’autonomia. L’ambiente di lavoro di Sara è quello giusto per ritrovarsi: multiculturale, dove anche la lingua costituisce un campo di battaglia. Coglie il fascino delle parole per avere pensieri più lunghi. La scrittura è interpretata come la via per acquisire consapevolezza. Il romanzo di Hakuzwimana si interroga a fondo sul "chi sono", a partire dalla copertina, in cui una ragazza nera è raffigurata con un volto senza lineamenti. Anonimo. Alla fine della lettura si colgono i segni caratteristici di un’identità plurima: "tutta intera". Il libro non nasconde le difficoltà che nascono in ambienti di esclusione sociale, dove crescono rabbia, frustrazione, violenza. Fa capire che la chiave di lettura dei fenomeni non può restare quella funzionale all’ordine pubblico, altrimenti resterebbero i ghetti, fonti dei problemi, per giunta aggravati da disuguaglianze ancora più pesanti. Accanto al romanzo, fresco di stampa, meriterebbe la lettura il libro precedente "E poi basta" (edito da People), che è il racconto "di una storia dalla parte giusta: di una donna nera italiana", come si definisce la giovane autrice.

Ladri di denti (edito da People) è il libro con cui Djarah Kan dialogherà a Pordenonelegge con Hakuzwimana. È un insieme di racconti che non risparmiano nulla delle condizioni difficili a cui sono costretti gli "invisibili" in una società che mortifica le diversità. Djarah Kan racconta il Meridione d’Italia, con tinte forti, dove lo sfruttamento è un fenomeno in campo largo. Lei è una giovane attivista italo-ghanese impegnata contro il razzismo, il quale determina effetti devastanti sulla società, soprattutto su chi resta ai margini. Entra a piede teso nelle vite di tutti i giorni. La sua è una lotta contro i prepotenti, che sono "i ladri di denti", coloro che rubano le identità: "Ci impediscono di parlare, invece dobbiamo essere noi neri i protagonisti della nostra narrazione. Non abbiamo bisogno di mediatori bianchi". Ecco che la scrittura è individuata come lo strumento di espressione, anche attraverso un linguaggio forte, che non fa sconti. La sfida è di raccontare l’Africa, con le sue capacità creative, fuori dall’alveo di un pietismo disperato.
E sullo sfondo di questo mondo, che è ricostruito attraverso identità plurime e fluide, si staglia una politica incapace di rappresentare le complessità. Anzi, tende a ridurle dentro miseri schemi utili alla propaganda: o di qua o di là. Basta pensare alla cittadinanza negata a un pezzo d’Italia di nuova generazione: prima lo ius soli, affondato; poi lo ius scholae, rimasto impantanato nelle chiacchiere. Da anni non cambia mai nulla, eppure la cittadinanza, che resta legata a un insopportabile percorso a ostacoli, sarebbe una leva importante per il riconoscimento dei diritti a tanti giovani che sono italiani a tutti gli effetti, un’opportunità di eguaglianza, in grado di esprimere un’identità finalmente "tutta intera". Invece, negli spazi vuoti si incancreniscono le frustrazioni, si creano condizioni di spaesamento. Si ruba la dignità.

Fonte: Redazione Online
Djara e Espérance, le storie di due italiane afro discendenti
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento