Lunedì santo, 13 aprile: il vescovo celebra alla Pellegrina, per il mondo dei rifugiati
Fuggiti dalla guerra hanno trovato il Coronavirus: una peripezia in più per i rifugiati per i quali il Vescov ha celebrato, lunedì 13, alla Pellegrina. Gli sono stati donati una coperta segno del calore umano, un telefono simbolo del bisogno di vicinanza soprattutto in questo tempo.
Fuggiti da guerre per ritrovarsi a lottare con il Covid-19. I rifugiati e i richiedenti asilo politico, ospiti della “Casa della prossimità” nella Diocesi di Concordia-Pordenone sono anch’essi chiusi per le restrizioni della pandemia. La maggioranza sono di fede islamica, pochi i cristiani. Eppure hanno voluto lasciare dei cartelli di benvenuto al Vescovo Giuseppe Pellegrini che ha celebrato la S. Messa senza la presenza di nessuno di loro, per il rispetto delle norme anti-coronavirus. La sede della Caritas è l’ultimo luogo-simbolo scelto dal Vescovo Giuseppe Pellegrini per vivere le feste della Pasqua durante la pandemia da coronavirus.
Ad accogliere il Vescovo, e dargli il benvenuto, Don Davide Corba, Vicario episcopale per la prossimità che ha concelebrato assieme anche al Vicario Generale Mons. Orioldo Marson.
Nell’omelia il Vescovo ha pronunciato questa riflessione:
«S. Pietro ci ha appena ricordato nel libro degli Atti degli Apostoli: “Questo Gesù Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni”. Con la Risurrezione inizia il tempo della Chiesa, della testimonianza dei discepoli, dei credenti, del fatto che ha sconvolto la storia dell'umanità e ha dato significato pieno alla vita di ogni persona. Gesù è risorto è vivo ed è presente.
Gesù, l'amore di Dio verso tutti, si fa ascolto attenzione e solidarietà verso tutta l'umanità in particolare verso l'umanità sofferente. S. Pietro ci invita ad allargare il nostro cuore proprio per crescere nella comprensione ancora più piena del dono di Dio: la Pasqua, la Pasqua del suo Figlio Gesù, la Risurrezione del suo figlio vivente. Ma come ci ricorda il Vangelo di oggi fin dall'inizio si fa strada un tentativo di negare e di seppellire la Pasqua.
La Pasqua fa paura perché non è come un messaggio pubblicitario che attrae e promette felicità a basso costo, la Pasqua è un messaggio che ci coinvolge e ci chiede di essere accolto nel profondo di noi stessi, cambiando la nostra vita, convertendoci al vangelo e a Gesù stesso per poi testimoniarlo in prima persona. La Pasqua ci chiede di essere testimoni e non solamente dei testimonial, ci chiede un pieno coinvolgimento e non solo l'apparente capacità di vendere un prodotto, ma ci chiede di entrare nella morte e resurrezione di Gesù. Il testimone non è uno che non soffre, che non ha dubbi, che non sbaglia mai, sempre bello e attraente, ma è una persona che vive dentro la vita quotidiana le proprie inquietudini e sofferenze senza mai nascondere quello che prova, ma nello stesso tempo cercando di dare valore e significato alla vita, accogliendo la testimonianza è la vita nuova che Gesù ci ha donato. I capi hanno il comperato il silenzio chiedendo di mentire, neutralizzando così il messaggio dirompente della Pasqua. Può capitare anche oggi per noi: persone che cercano di comperare il nostro silenzio, persone che ci chiedono di abbassare i toni e di non essere testimoni gioiosi anche oggi anche in questo tempo di pandemia. La Pasqua ci chiede di non essere come quelle guardie disposte a vendere la propria dignità e la propria umanità per quattro soldi per una vita apparentemente felice.
Carissimi, desiderosi di ripartire di rimettere al centro della nostra vita il mistero Pasquale nella sua pienezza di morte e Risurrezione. Che la nostra vita sia una Risurrezione accolta è vissuta in pienezza. Questo è l'autentico messaggio della Pasqua; ora cominciando questi 50 giorni del tempo Pasquale, giorno dopo giorno, siamo chiamati ad accogliere dentro di noi, a consolidare e a trasmettere la vita nuova.
Ho desiderato celebrare qui nella “Casa della prossimità” sede della Caritas diocesana e della Fondazione “Buon samaritano” luogo dove tanti volontari cercano di essere presente a tantissime persone che anche oggi soffrono. In questi tempi di crisi, di pandemia e di dolore che sta provocando in tutti noi, a livello personale, familiare, sociale, comunitario ed ecclesiale, proprio qui voglio ricordare e pregare per i tantissimi volontari, uomini e donne, adulti e giovani, anziani che attraverso il servizio della Caritas, della San Vincenzo, delle nostre comunità parrocchiali, delle unità pastorali, foranie e della Diocesi stanno mettendo in campo per essere vicini alle persone che soffrono. Qualche giorno fa ho celebrato anche alla sede della Protezione Civile proprio per ricordare i tantissimi volontari della società civile presenti in questo tempo di sofferenza da coronavirus, un servizio verso i più poveri e sofferenti. Con l'aumentare del contagio e l'impossibilità di uscire di casa, le categorie che erano già fragili – ammalati, poveri, rifugiati, richiedenti asilo politico, diversamente abili - tutte queste categorie oggi stanno soffrendo ancora di più e rischiano di avere meno attenzione.
Proprio perché siamo tutti sofferenti e preoccupati per la pandemia, il ruolo delle parrocchie, dei centri parrocchiali, della San Vincenzo e della Caritas diocesana hanno voluto continuare ad essere presenti sul territorio vicino a queste persone con l'Emporio solidale, i luoghi di accoglienza di ospitalità anche qui nella “Casa della prossimità” sono essenziali e saranno sempre più necessari. Apriamo e spalanchiamo i nostri cuori e - quando sarà possibile - anche le case nostre e ambienti delle nostre parrocchie, famiglie per accogliere chi soffre. Uscire e andare là nei luoghi dove sono le persone che hanno necessità, non dimenticandoci mai di loro perché sono questi, oggi, il volto di Gesù crocifisso e risorto. Quando ci chiniamo su di loro, e ai loro bisogni, ci chiniamo su Gesù stesso e accogliamo il Signore Gesù nella nostra vita. Vi auguro di cuore Buona Pasqua a tutti e un grazie personale per tutti voi legati a questa “Casa della prossimità” della diocesi, parrocchie, associazioni che anche in questi tempi state donando la vostra vita per il bene delle persone soffrono che maggiormente vivono nel disagio e nella fragilità. Grazie
I segni dei luoghi-simbolo
Al termine della S. Messa, assieme alla coperta e al telefono, don Davide Corba ha donato al Vescovo anche una cesta con beni di prima necessità, «simbolo della spesa portata a domicilio da tanti volontari sparsi nel territorio della Diocesi ad opera della S. Vincenzo, delle caritas parrocchiali, della Forania, delle associazioni di volontariato».
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