Lettera del Vescovo Giuseppe Pellegrini alla diocesi
"Invito voi, carissimi sacerdoti e consacrati, insieme ai vostri collaboratori più stretti, a far sentire alle persone delle vostre comunità che la Chiesa è viva ed è presente.
Pur non potendo ancora operare liberamente, siate vicini agli anziani, ai ragazzi e alle famiglie. Fate sentire che il Signore è vicino; fatevi prossimo con chi soffre nel corpo e nell’anima"
arissimi confratelli, fratelli e sorelle in Cristo
la gioia del Signore Gesù risorto, vivo e presente in mezzo a noi, ci accompagni nel faticoso cammino che stiamo vivendo in questo tempo di ripartenza.
Come ci ha ricordato il governo, l’avvio della "fase 2" non significa ancora la fine del contagio e della pandemia. È la fase di convivenza con il virus Covid-19, che si è riusciti a contenere ma che colpirà ancora, in particolare le persone più fragili e deboli.
Siamo entrati e stiamo vivendo il tempo Pasquale. Francamente sembra che la quaresima non sia ancora finita. Anche se all’esterno la natura è esplosa e tutto è in fiore, noi ci troviamo chiusi in casa, impossibilitati a spostarci, a incontrare gli amici e, speriamo ancora per poco, a non partecipare all’Eucaristia e alla vita della comunità. Mi sono soffermato a contemplare, in questi giorni, l’incontro del Risorto con la Maddalena; incontro che spero possiate sperimentare anche voi. La prima parola di Gesù è: "Donna, perché piangi?" (Giovanni 20,15). Anche per noi, non sono parole di morte ma di speranza. Non solo perché la curva dei contagi sembra rallentare - sappiamo che l’uscita dal tunnel richiederà ancora tanto tempo e tante fatiche - ma perché la speranza che Gesù offre non è un semplice desiderio o un sogno che tutto finisca presto, che le cose tornino come prima.
La nostra speranza è Gesù Risorto, meglio, il crocifisso risorto che ai suoi discepoli ha mostrato il segno della lancia e dei chiodi. Lui è risorto passando attraverso la Via Crucis, bevendo il calice amaro della sofferenza e della morte. Ecco perché la sua Risurrezione è garanzia che il bene si fa strada nella nostra vita, e che le nostre fatiche non sono vane.
Niente va perso, neanche la sofferenza e la morte di questi giorni. Con questa sicurezza attraverseremo tutte le forme di morte e di violenza che si nascondono lungo il cammino. La tragedia che stiamo vivendo rischia di rubarci la speranza e di renderci preda dello scoraggiamento e del pessimismo. Rivolgiamoci al Signore Gesù risorto, perché egli non smentisce mai le sue promesse.
Risorgendo dai morti Gesù ha spalancato all’umanità la porta della speranza, di una speranza che non delude. Anche noi siamo invitati a non aver paura e a guardare in avanti, perché Gesù è vivo e cammina con noi.
Ecco perché, carissimi, come Chiesa e come vescovi, abbiamo chiesto con determinazione che ai credenti venga concessa la possibilità di partecipare attivamente alla vita della comunità cristiana e alla celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti.
Non si vuole rivendicare un privilegio, ma che si riconosca l’importanza della dimensione religiosa nella società, come pure la necessità di alimentare la propria fede con l’incontro vivo con Gesù presente nella parola, nei poveri e, realmente, nell’Eucaristia. Papa Francesco, qualche tempo fa, ha parlato del pericolo di una di una fede disincarnata e di una comunità cristiana virtuale. Non è questa la fede cristiana. I Padri della Chiesa hanno combattuto contro l’eresia gnostica, che riteneva la salvezza non frutto della passione morte e risurrezione di Gesù, ma di una conoscenza puramente intellettuale, disincarnata e svincolata dalla storia di ogni persona.
La fede cristiana si fonda sulla presenza viva di Gesù, nato, morto e risorto e sulla mediazione della Chiesa attraverso i segni sacramentali. Pertanto è necessario, nel rispetto delle indicazioni di distanziamento e di contenimento del virus, riprendere quanto prima la possibilità di celebrare l’Eucaristia e i sacramenti. Se un credente è sostenuto dalla grazia di Dio e dalla potenza dei sacramenti, troverà la forza per resistere umanamente, psicologicamente e spiritualmente alle difficoltà del tempo presente, trovando pure l’energia e il coraggio di mettersi al servizio degli altri senza paura.
Invito voi, carissimi sacerdoti e consacrati, insieme ai vostri collaboratori più stretti, a far sentire alle persone delle vostre comunità che la Chiesa è viva ed è presente.
Pur non potendo ancora operare liberamente, siate vicini agli anziani, ai ragazzi e in particolare alle famiglie. Fate sentire che il Signore è vicino; fatevi prossimo con chi soffre nel corpo e nell’anima. La forzata chiusura in casa spesso fa emergere incomprensioni e sopiti contrasti. Alcuni hanno bisogno di essere ascoltati e di una parola di conforto. Altri hanno bisogno di aiuti materiali, perché non riescono a sostenere la famiglia. Con ogni mezzo facciamoci prossimo.
Al governo e al comitato scientifico diciamo che siamo loro vicini per l’impegno e le fatiche nella lotta intrapresa contro il virus e li ringraziamo di cuore.
Un grazie lo vogliamo dire pure al personale sanitario e a numerosi volontari presenti quotidianamente sul campo.
Noi cristiani siamo convinti che, la fede viva nel Signore Gesù, la speranza che non delude e la carità operosa, attraverso la forza dello Spirito Santo, sono più che necessarie per debellare il Covid-19. Siatene certi anche voi: Gesù ha vinto il male e la morte.
Pordenone, 2 maggio 2020
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