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25 febbraio 2011-2021: 10 anni con il Vescovo Giuseppe Pellegrini

"Grazie, caro don Giuseppe, per aver accettato di farsi nostro compagno di strada, ora davanti a guidare e orientare, ora in mezzo a condividere e cercare, ora dietro a sostenere e incoraggiare"

25 febbraio 2011-2021: 10 anni con il Vescovo Giuseppe Pellegrini

Giuseppe Pellegrini è stato eletto vescovo della diocesi di Concordia-Pordenone il 25 febbraio 2011; ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella Cattedrale di Verona il 26 marzo; è entrato nella nostra diocesi e ha iniziato il suo ministero in mezzo a noi il 10 aprile.
Dieci anni: un passaggio simbolico importante, per ringraziare il Signore, per fermarsi a riflettere insieme, per cercare le vie di un rinnovato impegno ecclesiale.
Papa Francesco, più volte, ci ha proposto l’immagine del pastore come colui che cammina davanti al gregge, insieme al gregge, dietro al gregge. Il pomeriggio di giovedì 23 maggio 2013, a poche settimane dall’inizio del suo pontificato, incontrando nella Basilica di San Pietro i vescovi italiani riuniti a Roma per l’Assemblea della Cei, ha proposto una meditazione che rimane un riferimento prezioso, ripreso e approfondito negli anni.
In primo luogo ha ripreso la domanda rivolta da Gesù a Pietro: "Mi ami tu?"; "Mi sei amico?" (cfr Gv 21,15ss). Ha commentato: "Colui che scruta i cuori (cfr Rm 8,27) si fa mendicante d’amore e ci interroga sull’unica questione veramente essenziale, premessa e condizione per pascere le sue pecore, i suoi agnelli, la sua Chiesa. Ogni ministero si fonda su questa intimità con il Signore; vivere di Lui è la misura del nostro servizio ecclesiale, che si esprime nella disponibilità all’obbedienza, all’abbassamento e alla donazione totale (cfr Fil 2,6-11)".
Sono parole vere e toccanti. Diventano sulle nostre labbra e nei nostri cuori invocazione e augurio per il Vescovo Giuseppe anche da queste pagine, mentre ricordiamo questi dieci, vissuti interamente e intensamente a servizio della Chiesa di Concordia-Pordenone: il Signore accompagni il nostro Vescovo nel suo cammino di pastore davanti, in mezzo e al seguito di quel gregge, fatto da ciascuno di noi.
Nella sua prima omelia, per l’ingresso in Diocesi il 10 aprile 2011, Giuseppe Pellegrini ha richiamato e assunto l’invito a lui rivolto da mons. Pierluigi Mascherin: "Venga a camminare con noi". Grazie, caro don Giuseppe, per aver accettato di farsi nostro compagno di strada, ora davanti a guidare e orientare, ora in mezzo a condividere e cercare, ora dietro a sostenere e incoraggiare.
Giuseppe Pellegrini non ha avuto paura in questi anni di andare avanti. Lo abbiamo visto spendersi con entusiasmo e dinamicità sul versante della pastorale giovanile. Ci ha coinvolti nell’apertura alle missioni, alla mondialità e alla dimensione universale della Chiesa, a lui così cara da farne un segno anche nel suo stemma episcopale, dando vita a una nuova presenza di missionari diocesani in Mozambico. Ha intrapreso con convinzione il cammino di rinnovamento delle strutture pastorali, riorganizzando le foranie e le unità pastorali, puntando fortemente sulla corresponsabilità dei laici; e per loro ha avviato uno specifico cammino di formazione. Ha spinto per la razionalizzazione e il coordinamento, nel Centro diocesano, degli organismi e dei servizi di carattere pastorale e amministrativo. Ha avuto a cuore la vita e la formazione del clero, intravvedendo la bontà di varie forme di vita comune.
"Essere Pastori vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela; attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza". Disse sempre il Vescovo nella prima omelia: "Ho tanto da imparare da questa Chiesa, … una Chiesa viva, ricca non solo di storia ma di presenze vivaci, istituzioni operose e molteplici iniziative".
In questi dieci anni Giuseppe Pellegrini - arrivato con la sua personale storia ministeriale e le sue variegate esperienze diocesane e romane - ha cercato di mettersi sempre più in ascolto della nostra gente e dei nostri preti.
In particolare, nei lunghi mesi della pandemia, dentro ai quali ancora ci troviamo, si è speso con coraggio e con prudenza per farsi vicino alle famiglie, agli ammalati e anziani, al personale sanitario e ai volontari, ai bambini e giovani, ai lavoratori e imprenditori, ai responsabili delle istituzioni civili e politiche. Ha accettato le limitazioni imposte, senza subirle con frustrazione paralizzante. Le ha assunte come sfida e come stimolo per rigenerare l’azione pastorale e i gesti di umanità con cui farsi prossimo. Così lo abbiamo visto entrare nelle nostre case attraverso le celebrazioni teletrasmesse. Lo abbiamo seguito mentre varcava la porta di scuole rimaste vuote, o quando entrava in aziende che lottavano per il lavoro e i lavoratori. Ha guidato la nostra preghiera dal Seminario, dai Santuari e dalle cappelle dei principali ospedali. È stato fra gli operatori della Protezione civile e della Caritas, fra i medici e gli infermieri. Ha usato telefono, mail, video, piattaforme interattive e quant’altro per tenersi in contatto coni collaboratori e la gente. Ha riunito appena possibile gruppi di preti in presenza per rileggere insieme con loro il vissuto dei giorni di lockdown.
Ogni incontro è arricchimento e occasione di crescita per chi lo vive, anche se spesso consegna ad un vescovo dei pesi da condividere. In quei passaggi, a volte strettamente intimi e confidenziali, abbiamo visto rafforzarsi in lui quella naturale sensibilità - molto schietta e diretta - per il vissuto personale dei presbiteri che già portava con sé, facendone per molti il compagno di strada al quale confidare fatiche, dubbi, progetti e speranze.
Papa Francesco aveva raccomandato: "Un posto particolare riserviamolo ai nostri sacerdoti: soprattutto per loro, il nostro cuore, la nostra mano e la nostra porta restino aperte in ogni circostanza".
Come vicario generale posso affermare che don Giuseppe ha sentito sempre più profondamente questa attenzione, con affetto e insieme con rispetto, anche se non sempre è riuscito a farla capire.
"Camminando s’apre cammino": così recita un proverbio brasiliano. Cercheremo di andare avanti insieme, per cogliere i doni e affrontare le sfide di questo tempo che siamo chiamati ad amare e ad abitare, con la luce del Vangelo.
Orioldo Marson, vicario generale

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