Ucraina: conflitto inasprito, sfuma la prospettiva della pace
“Nonostante siano passati 11 mesi, e nessuno prevedeva potesse durare così a lungo, il conflitto non si è smorzato. Mi aspetto che, purtroppo, la guerra prosegua diventando sempre peggio”. Lo afferma il giornalista per anni corrispondente da Mosca. Della riunione di 50 Paesi a Ramstein, osserva, “colpisce il senso di urgenza” e anche l’installazione di sistemi anti-missile sui tetti dei palazzi di Mosca “non è un bel segno”
“C’è stato un progressivo inasprimento del conflitto. Nonostante siano passati 11 mesi, e nessuno prevedeva potesse durare così a lungo, il conflitto non si è smorzato per stanchezza dei contendenti. Mi aspetto che, purtroppo, la guerra prosegua diventando sempre peggio”. Così il giornalista Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, commenta al Sir l’attuale fase della guerra tra Russia e Ucraina, ormai prossima a traguardare gli undici mesi dall’inizio delle ostilità che si sperava potessero cessare il prima possibile. E la prospettiva è che durino ancora a lungo, travalicando l’anno. Lo fa pensare ciò che è successo nelle ultime ore sia sul fronte favorevole all’Ucraina sia in Russia.
Ieri a Ramstein, in Germania, si è svolto l’ottavo incontro del gruppo di contatto per l’Ucraina con il segretario della Difesa americano, Lloyd Austin, che ha affermato che “È un momento decisivo per l’Ucraina e per tutto il mondo”. Il segnale che è arrivato è che le armi ancora per un po’ non taceranno…
Innanzitutto noterei una cosa: si sono radunati i ministri della Difesa di 50 Paesi. Questo ci dà la dimensione del fatto che la Russia combatte praticamente in solitudine con l’Ucraina e contro gli arsenali e le economie di 50 Paesi.
Tutte le previsioni che avevamo fatto riguardo alle capacità russe di opporsi ad una così vasta coalizione si sono rivelate sbagliate:
le sanzioni non hanno fatto crollare l’economia del Paese; il sistema militare russo si è dimostrato in grado – seppur con alcune integrazioni estere – di reggere lo sforzo bellico; le ipotizzate divisioni al vertice del Cremlino non si sono verificate. E, sul terreno, dopo una fase favorevole agli ucraini adesso abbiamo i segnali di una nuova offensiva russa. Di Ramstein mi ha colpito una cosa.
Quale?
Il senso di urgenza che è uscito dalla riunione. Prima di Ramstein, a Tallinn 9 Paesi – Estonia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi e Slovacchia – tra quelli più pugnaci e decisi nel sostenere l’idea di una guerra che deve infliggere alla Russia una sconfitta strategica, hanno dichiarato che riforniranno l’Ucraina di armamenti come mai prima. Gli Stati Uniti hanno appena approvato un pacchetto di ulteriori aiuti militari da 2,5 miliardi di dollari e gli Stati europei, Italia, compresa, faranno tutti – chi in un modo chi in un altro – la loro parte. Anche lo stesso appello di Zelensky ai ministri della Difesa è stato abbastanza drammatico, evidentemente perché la situazione sul campo a quasi un anno dall’inizio dell’invasione russa e dopo la controffensiva ucraina non è quella che si aspettava.
A “dividere” il fronte occidentale c’è la questione dei tank Leopard…
I carri armati di produzione tedesca, i migliori sul mercato europeo, non possono essere ri-esportati dai Paesi che li hanno in dotazione senza l’autorizzazione della Germania, cosa che al momento non sembra essere possibile. La polemica su questa questione ha rivelato che, sotto sotto, almeno in Europa ci sono Paesi come Germania e Francia, quest’ultima stranamente assente dal dibattito, che piuttosto che perseguire una sconfitta strategica della Russia – che dopo 11 mesi di conflitto non sembra imminente –, preferirebbero si imboccasse la strada del negoziato per cercare di mettere fine alla guerra.
Nel frattempo a Mosca sono installati sistemi anti-missile Pantsir sui tetti di alcuni edifici pubblici, tra i quali il ministero della Difesa. Cosa significa questo?
La prima ipotesi è che i russi abbiano paura di avere qualche incursione sulla Capitale o abbiano notizia che la cosa possa avvenire o lo sospettino. E poi c’è una seconda ipotesi: che questo sia un tassello della guerra psicologica interna, per tenere la gente compatta sull’idea che la guerra va combattuta fino alla vittoria. In ogni caso, anche questo non è un buon segno. Fanno intendere che le cose andranno avanti.
Cosa c’è da aspettarsi?
Purtroppo,
temo che non dobbiamo aspettarci nulla di nuovo e si andrà avanti come abbiamo visto fino ad oggi, aspetto che i bellicisti dovrebbero tenere più in conto: dopo 11 mesi abbiamo combattimenti sempre più aspri, un numero crescente di stragi di civili, sempre più morti in combattimento, sempre più uomini mobilitati su entrambi i fronti, maggiori distruzioni in Ucraina in un crescendo continuo.
All’inizio, il conflitto sembrava destinato ad essere molto più locale di quanto lo sia adesso: Putin aveva parlato di operazione militare speciale e oggi sappiamo che è una guerra aperta, totale non nel senso del territorio ma della distruzione dell’avversario.
Ormai si è anche persa ogni traccia di negoziati. È così?
Non ce n’è più segnale. Ad esempio, nel momento in cui gli Stati Uniti dicono che la Crimea deve tornare all’Ucraina e li si aiuta a bombardarla, di fatto apri un altro capitolo. E, sappiamo bene, la Russia non ha alcuna intenzione a mollare la Crimea. Anzi, se vi vuole fare un regalo alla popolarità di Putin in patria bisogna esattamente fare quello.
In questo momento, purtroppo, non esiste neanche la prospettiva di una trattativa diplomatica,
su questa strada dovrebbero impegnarsi i Paesi non contendenti che però hanno poco peso diplomatico e non sono in grado di incidere sulle sorti del conflitto.
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